Lo scorso 25 giugno Mathieu Kassovitz (1967) ha annunciato che, da circa due anni, sta lavorando a un nuovo progetto lanciato sui social media con l'hashtag #lahaine2024. Non si tratta di un sequel cinematografico del suo primo film uscito nel 1995, L'odio (in originale La Haine, appunto), ma di uno spettacolo che, come ha detto il regista e attore parigino, avrà protagonisti abili nella recitazione, nella danza, nel canto e nel rap. Ha aggiunto nello stesso video pubblicato su Instagram:
Sono passati 30 anni, siamo invecchiati ma abbiamo ancora delle cose da dire
Il film con Vincent Cassel, premiato per la miglior regia a Cannes, ha segnato un'epoca e il fatto che, da regista, Kassovitz non abbia mai più raggiunto livelli simili, in qualche maniera ha contribuito ad accrescerne il culto che, però, dipende anche da tante altre ragioni.
A rendere di nuovo il film di stretta attualità ha contribuito, purtroppo, un tragico fatto di cronaca che ha sconvolto la Francia: appena due giorni dopo quel post, a Nanterre, nei dintorni di Parigi, un poliziotto ha ammazzato con un colpo d'arma da fuoco un minorenne disarmato di origine algerina alla guida di un veicolo.
Lo sfondo è più o meno lo stesso dell’Odio, una banlieue parigina, e il film inizia proprio dopo una notte di scontri tra i giovani banlieusards di una citè e le forze dell’ordine, colpevoli di aver ferito a morte un ragazzo. Così, sui social media, molti utenti in questi giorni stanno postando, oltre alle immagini reali dell’omicidio del giovane Nahel M. e delle rivolte scoppiate poche ore dopo in molte periferie, spezzoni emblematici dell'Odio per dimostrare come nulla sia davvero cambiato dopo così tanti anni.
Nell'Odio la cultura hip hop è molto presente ma rispetto ai primi anni 90 la sua disciplina musicale, il rap, oggi è ancora più diffusa tra i giovani delle banlieue. A dirla tutta il rap e i suoi sottogeneri ormai fanno da colonna sonora alle giornate di quasi ogni adolescente, a prescindere dalla nazione e dal quartiere di provenienza, ma in Francia c’è un fattore specifico importante: la grandissima maggioranza dei rapper viene proprio dalle piccole città satellite delle periferie metropolitane e spesso racconta nei testi i trascorsi difficili in queste zone.
Non a caso, dopo l’omicidio di Nahel, molti artisti rap, di varie generazioni, si sono esposti pubblicamente, come già accaduto in passato per casi simili. Tra i più attivi figura Médine, nato a Le Havre nel 1983, e autore di otto album, l'ultimo nel 2022, Médine France, in cui affronta i concetti di identità e appartenenza anche provocando nazionalisti ed estremisti di destra.
Su Twitter il rapper ha prima chiesto giustizia postando una foto del ragazzo ucciso, poi ha invitato a partecipare alla manifestazione, la marche blanche svoltasi a Nanterre il 29 giugno, e infine ha citato un verso di una sua canzone che rende in parte l'idea del suo stile, sia consapevole e ricercato sia provocatorio e diretto:
Quando accendi un fuoco, non dare la colpa ai fiammiferi
Kery James, rapper engagé classe 1977 nato in Guadalupa e cresciuto nella banlieue parigina, ha fatto qualcosa di simile, rispolverando delle rime scritte nel 2005 per il suo brano Je Revendique in cui, tra l'altro, parlava della mancanza di giustizia in casi simili: postandole, ha sottolineato come da allora «le cose non sono cambiate in meglio, anzi sono addirittura peggiorate».
Poi c’è Booba, nato nel 1976 a Sèvres (sempre nella banlieue parigina), probabilmente il rapper francese più famoso al mondo: pur non essendo affatto autore di testi “impegnati”, sempre sui social media ha scritto:
L'uso dell'arma da fuoco è stato del tutto eccessivo. Il poliziotto non era in pericolo. Ma a forza di omicidi da parte della polizia senza che venga condannata, questo diventa uno sport nazionale
Anche il suo rivale storico, Rohff, si è esposto, partecipando alla marche blanche e incontrando la madre del ragazzo per esprimerle vicinanza.
Poi c’è Jul, marsigliese classe 1990 e rapper campione di incassi tra i francesi, che ha invitato a partecipare alla raccolta fondi a sostegno della famiglia: un gesto significativo a maggior ragione perché Nahel - si è scoperto in questi giorni - aveva fatto la comparsa in un suo video.
Lo stesso Kassovitz ha commentato il fatto con un altro video su Instagram: come capitato altre volte in casi simili, ha detto di aver ricevuto molte richieste di intervista ma le ha rifiutate preferendo gestire direttamente le sue dichiarazioni.
È apparso molto commosso, anche perché la sua generazione ora non piange più i coetanei ma i propri figli, e si è unito al coro di chi chiede giustizia: una «condanna netta e veloce» ai poliziotti coinvolti nel tragico fatto, ha detto, è «l’unica soluzione».
Dal 1995, anno di uscita dell’Odio, a oggi, tantissimi rapper, compresi molti italiani (tra cui Marracash, Lazza e Tedua), hanno continuato a citare questo film e i suoi personaggi nei testi dei loro brani, perché quel racconto drammatico della periferia e dei sentimenti di chi la abita è universale e resta credibile.
Alcuni rapper, come noto, spesso usano un linguaggio quanto mai esplicito, sboccato, sfacciato e provocatorio.
Molti di quelli cresciuti in banlieue, inoltre, anche dopo aver raggiunto una svolta economica ed essersi trasferiti altrove, continuano a parlare a nome dei loro amici e familiari che subiscono quotidianamente vessazioni e violenze da parte dei rappresentanti dello stato più presenti nei loro quartieri, i poliziotti.
Le controversie, dunque, sono all’ordine del giorno, in Francia spesso sollevate dagli esponenti politici.
Il punto è che il problema di certe banlieue (perché ne esistono di vari tipi, anche ricche chiaramente) ha radici profonde, storiche, sociali e politiche, appunto. Chi le vive, le ha vissute o comunque le conosce bene, continua a denunciare la mancanza di servizi e opportunità condita ripetutamente da soprusi e violenze, spesso a danno dei più indifesi, i giovani.
I rapper e gli autori cine-televisivi (tra cui anche Ladj Ly, regista dei Miserabili, uscito nel 2019) continuano a raccontare queste realtà in modi quanto mai efficaci, soffermandosi anche sulla quotidianità perché, come ha detto Kery James commentando il suo unico film, Vita nella banlieue (2019):
La maggioranza dei giovani della banlieue è costituita da studenti che vogliono venirne fuori o da lavoratori
Sembra molto difficile che il progetto dello spettacolo ispirato all'Odio e che vedrà la luce nel 2024 possa avere la stessa eco che ha avuto il film. Riprendere in mano quel soggetto dopo così tanti anni, senza dubbio è un rischio, però oltre al fatto che il cambio di forma e dei tre protagonisti un po' rassicura, c’è l’attualità a dire che, purtroppo, ha molto senso.
E poi c’è un altro aspetto: i rapper sempre più spesso si danno alla recitazione, quindi, con ogni probabilità, il casting che sta facendo Kassovitz potrà far scoprire nuovi talenti per dare voce ai sentimenti attuali imperanti nelle periferie metropolitane, francesi ma non solo.
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