Scrivere non è più un atto di libera scelta per me, è una questione di sopravvivenza
Libri che sembrano essersi scritti da soli, i suoi.
Come geyser, con getti improvvisi le sue parole si riversano sulla pagina a comporre d'impeto storie necessarie, destinate a incidersi per sempre nella memoria di chi le attraversa.
«La scrittura è qualcosa che comincia molto presto, come se ti sentissi con le spalle al muro e devi farlo. C’è un elemento di necessità». Scrivere secondo Auster è una vocazione; gli artisti sono dei malati che assecondano la propria malattia – spinti da una profonda necessità e un continuo bisogno, entrano nei corpi intangibili di figure che scaturiscono dalla propria mente, attingono dal proprio silenzio per dar loro la voce e rielaborano attraverso il loro destino, il proprio.
Nato a Newark nel New Jersey, Stati Uniti, il 3 febbraio del 1947 da una famiglia benestante di origini ebree-polacche, Paul Auster si laurea alla Columbia University per poi trasferirsi un periodo a Parigi, dove vive dei lavori più disparati, lezioni private, saltuarie collaborazioni con giornali, traduzioni di opere dal francese.
Di questa precarietà continuata, che lo accompagnerà anche anche dopo il matrimonio con Lydia Davis e la nascita del primo figlio, Daniel, egli racconterà più tardi, nel 1997, in Sbarcare il lunario: «A cavallo dei trent’anni vissi un periodo in cui tutto quello che toccavo si trasformava in un fallimento. Il mio matrimonio si concluse con un divorzio, il mio lavoro di scrittore andò a picco, e mi ritrovai assillato da problemi finanziari».
E proprio il figlio Daniel è protagonista di una vicenda che ha segnato tragicamente la vita dello scrittore: morto, infatti, a 44 anni nell'aprile 2022 per overdose, sei mesi prima egli era diventato il principale sospettato, con tanto di arresto e rinvio a processo, per la morte della figlia di dieci mesi, Ruby, trovata in casa, a Brooklyn, in stato di incoscienza per un'overdose di fentanyl e eroina, e morta poco dopo.
L'opera con cui Paul Auster esordisce come scrittore, nel 1979, è un romanzo autobiografico scritto, naturalmente, a getto: L'invenzione della solitudine. Il libro si compone di due scritti speculari, nel primo troviamo il ritratto di un uomo invisibile e le meditazioni dell’autore sulla morte del padre avvenuta da poche settimane. «Niente è più terribile che trovarsi faccia a faccia con gli oggetti di un morto. Le cose di per sé sono inerti: assumono significato solo in funzione della vita che ne fa uso». Nel secondo “Il libro della memoria”, l’autore riflette sulla condizione solitaria dello scrittore dal punto di vista del padre e prova ad e immaginare come sarà la separazione del figlio dal padre.
Qualche settimana dopo l'inattesa morte del padre, Paul Auster si ritrova nella grande casa ormai deserta di un uomo che per tutta la vita aveva vissuto caparbiamente distaccato dal mondo e dagli affetti.
Divisa tra saggistica, poesia e narrativa la sua produzione letteraria rimane tuttavia nell’ombra fino al 1985 quando esce “Città di vetro”, primo libro che assieme ai successivi “Fantasmi” e “La stanza chiusa” andrà a comporre la sua opera forse più celebre, Trilogia di New York. Dopo essere stato rifiutato da diciassette editori, il romanzo viene accolto entusiasticamente dalla critica e dal pubblico e consacra Auster a cantore della grande mela, facendone uno dei più apprezzati scrittori internazionali contemporanei.
Tre detective-stories eccentriche e avvincenti in cui Paul Auster inventa una sua New York fantastica, un «nessun luogo» in cui ciascuno può ritrovarsi e perdersi all'infinito. Pubblicati per la prima volta tra il 1985 e il 1987, i tre romanzi Città di vetro, Fantasmi, La stanza chiusa, che compongono Trilogia di New York, sono diventati classici della letteratura americana contemporanea.
La pubblicazione dell’iconica Trilogia di New York lo rivela al mondo come il profeta della contingenza, il demiurgo del caso. Segreto di culto nei circoli letterari degli anni Ottanta, egli si affianca anche al cinema indipendente newyorkese degli anni Novanta, al quale si presta come sceneggiatore e regista. Cinema e letteratura s'intrecciano nel suo sguardo, ma è la sua penna che ci restituisce la stragrande maggioranza della sua produzione artistica, con una carriera lunga trent'anni e 34 libri, pubblicati in Italia da Einaudi.
Il suo quindicesimo romanzo 4 3 2 1 ha superato le 100 mila copie vendute in vari Paesi. Nello spazio di questa pagine, Auster dà vita a quattro alter ego: quattro diversi Archie Ferguson con i quali dividersi quantisticamente tutte le possibili vite di un ragazzo del New Jersey, dalla nascita fino ai vent’anni di età. Un gioco letterario con degli echi cortázariani da poter approcciare da diverse prospettive e attraversale in diverse direzioni, con risultati molti differenti. Tutti gli Archie sono essenzialmente la stessa persona, ma lievi variazioni ambientali li separavano dal sentiero principale raccontando alcuni dei fatti essenziali nella vita dello scrittore (come il fulmine che, quando aveva solo 14 anni, colpì e uccise un amico a pochi centimetri da lui, nel bel mezzo di una tempesta che li sorprese in campeggio), così come molti dei principali eventi politici e sociali che hanno scosso l’America dagli anni Sessanta in poi. Quella matrioska fu definita dal New York Times come «un assemblaggio monumentale di narrazioni competitive e complementari».
«Sento di aver passato tutta la vita a prepararmi per scrivere questo libro», ha confessato Auster in un’intervista con il regista tedesco Wim Wenders, suo caro amico. La gestazione del suo grande romanzo americano gli è costata tre anni e mezzo di isolamento volontario.
Un romanzo ponderoso, con una combinatoria non immediata, se non fosse per la cristallina scrittura di Auster che dà il suo meglio nel tratteggiare come i diversi personaggi reagiscono alle ordinarie catastrofi – incendi di negozi in cui si è investito tutto, fratelli che truffano fratelli, l’adorata fidanzata che bacia un altro: la vita, in poche parole – che si para loro davanti.
Ogni vita nasconde, e protegge, dentro di sé tutte le altre che non si sono realizzate, che sono rimaste solo potenziali. E cosi ogni individuo conserva al suo interno, come clandestini su una nave di notte, le ombre di tutte le altre persone che sarebbe potuto diventare
Alla parola lo scrittore affida il compito di tradurre le immagini, le sensazioni, i paradossi della realtà, una parola pronta a schierarsi contro i fanatismi e che denuncia le ombre della società americane. Alla solitudine, invece, e nella solitudine lo scrittore affida il suo mestiere di scrivere.
Nonostante la malattia, nel 2023 Paul Auster è riuscito a pubblicare un nuovo e ultimo romanzo, Baumgartner. Dopo un romanzo-mondo come 4 3 2 1, pubblicato sei anni prima, lo scrittore si è presentato ai suoi lettori con un libro all'apparenza semplice e lineare, proponendo il suo personaggio forse più simpatico ed empatico: un uomo che al termine della vita si interroga sulle cose essenziali, inciampando e andando a sbattere come in una vecchia comica malinconica. La vita di Seymour Baumgartner è stata definita dall'amore per la moglie Anna. Ma ora Anna non c'è più e Baumgartner si inoltra nei settant'anni cercando di convivere con la sua assenza e riversandola, ancora una volta, in pagina. Nero su bianco.
Baumgartner [uno scrittore] chiama questo periodo successivo alla stesura il collasso (…). È il passo fondamentale verso il completamento di un libro, perché dopo aver vissuto giorno e notte con il libro in lavorazione (…), una volta terminato si è così vicini al libro da non saper più giudicare quanto si è fatto. ma soprattutto, le parole sulla pagina sono così familiari ormai da essere come morte, e a rileggerle subito si sarebbe travolti da tali ondate di disgusto da sentirsi tentati di distruggere il manoscritto in un momento di rabbia o disperazione. Per non impazzire, per salvare il salvabile dal disastro combinato, bisogna costringersi a fare un passo indietro e lasciar stare quel maledetto, distaccandosene al punto tale che, quando si oserà riprenderlo in mano, sembrerà di vederlo per la prima volta
Pieno di tenerezza, lo sguardo di Paul Auster riesce a trovare la bellezza negli episodi fugaci di un’esistenza ordinaria e unica allo stesso tempo. Baumgartner è un capolavoro sul dolore della memoria, l’opera più luminosa dell’autore di 4321.
Pensi che a te non succederà mai, che sei l'unica persona al mondo a cui queste cose non succederanno mai e poi, a una a una, cominciano a succederti tutte, esattamente come succedono a tutti gli altri
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