Immagine tratta da "Il male ero io" di Pietro Maso, Mondadori 2013
La trilogia della Patria del giornalista e scrittore Enrico Deaglio è una raccolta in presa diretta dei fatti più importanti che hanno segnato la storia del nostro paese dal 1967 al 2020. I volumi:
Ma davvero è successo tutto questo? In un libro di novecento pagine, una cavalcata in quel vero romanzo che è stata l'Italia degli ultimi trent'anni. È come guardare un film sulla nostra vita, in cui gli avvenimenti sono raccontati mentre succedono.
Montecchia di Crosara, 17 aprile 1991
Pietro Maso ha 20 anni, è molto rispettato in paese, ama ancora di più le macchine perché ora può anche guidarle, gli piace ballare in discoteca, spendere, farsi notare. Ma si accorge che per sostenere questa vita ha bisogno di altri soldi, ora che si è anche licenziato dal supermercato dove lavorava come commesso.
Ha iniziato come dipendente a percentuale dell'autosalone Superauto di Bussolengo e gli piace perché può conoscere persone importanti. Una sera ha persino visto Jerry Calà. Ma Pietro Maso è pieno di iniziativa e vede questa solo come una piccola tappa.
Ha un grande progetto e lo espone una sera ai suoi amici, al bar John, il bar della piazza, tra videogame, biliardi e jukebox:
Dobbiamo eliminare cinque persone per avere subito tutta l'eredità. Siamo su un miliardo, miliardo e mezzo
Pietro ha in mente anche come spartire le somme: 200 milioni a Paolo, 100 a Damiano che è minorenne, e il resto da dividere con Giorgio, che ha più carisma. I cinque da ammazzare sono i suoi familiari: mamma, papà, sorelle e cognato.
La prima ipotesi è comprare delle mazze da baseball per spappolare le loro teste, ma Paolo si tiene i soldi senza fare l'acquisto.
Il primo vero tentativo è tutto frutto della creatività di Pietro.
Colloca due bombole da gas gialle nella taverna, posiziona la sveglia sulle 9.30 e la copre con un mucchio di vestiti per occludere lo sfiato.
Torna a casa a mezzanotte, per vedere cosa è successo.
Il padre gli va incontro raccontandogli che Nadia, intorno alle 9.20, ha sentito uno strano rumore, e ha spento la sveglia.
Pietro spiega:
Le bombole sono per una festa, per le stufette a gas per riscaldarci. I vestiti li ho messi lì perché bloccassero le bombole, la sveglia l'ho trovata in macchina, non sapevo cosa farmene e l'ho messa lì
Dopo qualche giorno, Pietro elabora un piano più semplice.
Lui guida, la madre è accanto, e dietro c'è Giorgio con un grosso schiacciabistecche.
Un colpo e via. La uccide, rinchiudono il cadavere nel bagagliaio, tornano a casa, chiamano il padre in garage e lo ammazzano nello stesso modo, poi incendiano l'auto con i due cadaveri a bordo e la buttano da una rupe.
Ma Giorgio non ci riesce. Pietro allora dà a Giorgio un'altra opportunità:
Vieni in garage, io chiamo mamma e papà e tu li colpisci con questo tubo di ferro. Poi chiamo anche le mie sorelle e mio cognato, colpisci anche loro, buttiamo tutti in un burrone e il gioco è fatto
Ma anche stavolta Giorgio non se la sente.
Il 17 aprile ci riprovano. Antonio e Rosa sono a San Daniele a Lonigo, dove da sei mesi seguono un seminario di studi e letture dell'Antico testamento, quindi Pietro e i suoi amici hanno tutto il tempo per preparare in casa la sorpresa.
Anche il cielo contribuisce a creare il giusto scenario, con tuoni e fulmini, e un sacco di pioggia.
Sembra il giorno giusto. Intorno alle 22 entrano in casa, si vestono con tute da lavoro e asciugamani.
Paolo e Giorgio indossano anche una maschera, l'uno da zio Tibia, l'altro da diavolo, mentre Damiano e Pietro rimangono a volto scoperto.
Tolgono le luci al neon della cucina e delle scale, e al buio, nell'attesa, sorseggiano un po' di Martini.
Dieci minuti dopo sono appostati.
Giorgio e Paolo aspettano dietro la caldaia sul pianerottolo delle scale che porta in garage, con un bloccasterzo e una pentola in mano. Pietro e Damiano sono in cucina dietro al frigorifero, con un tubo di ferro e una pentola.
Passano altri dieci minuti e Antonio e Rosa rientrano, provano ad accendere la luce delle scale ma non funziona. Antonio sale in cucina, Pietro lo colpisce col tubo, Damiano con la pentola.
Sferra il colpo talmente forte che la maniglia si rompe e gli resta in mano. Rosa sente i rumori e urla «Antonio, che cos'hai?», sale dalle scale, Paolo la colpisce alla testa con il bloccasterzo, la atterra.
Giorgio le mette in bocca un sacchetto di nylon per non farla respirare ma non muore, allora Pietro, suo figlio, arriva e le sferra un ultimo decisivo colpo con la spranga.
Antonio non è ancora morto ma rantola. L'operazione è conclusa da Giorgio e Damiano, che a turno, gli premono un piede alla gola.
È fatta. Vuotano qualche cassetto per dare l'impressione della rapina, si lavano del sangue, si vestono e se ne vanno al Berfi's club, a Verona.
Di
| Feltrinelli, 2007Di
| Chiarelettere, 2021Di
| Feltrinelli, 2018Di
| Il Saggiatore, 2010Di
| Feltrinelli, 2020Potrebbero interessarti anche
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