La trilogia della Patria del giornalista e scrittore Enrico Deaglio è una raccolta in presa diretta dei fatti più importanti che hanno segnato la storia del nostro paese dal 1967 al 2020. I volumi:
Nel 1967 Gianni Morandi canta "C'era un ragazzo che come me", De André "Via del Campo2 e Luigi Tenco si spara un colpo di pistola al Festival di Sanremo: si sente nell'aria che qualcosa sta per succedere, e infatti comincia un decennio di rivoluzioni, conquiste, speranze, disamori e misteri. Ma che cosa è successo davvero in quel decennio?
30 aprile 1968, Roma
Il Parlamento approva definitivamente il disegno di legge per la “revisione degli ordinamenti pensionistici e norme in materia sicurezza sociale", presentato a febbraio alla Camera dal ministro del Lavoro e della Previdenza sociale del governo Rumor, Giacomo Brodolini.
Socialista, una militanza alle spalle nel Partito d'azione, ex vicesegretario della Cgil, si definisce "ministro Lavoratori, non del Lavoro".
Uno dopo l'altro, i governi di centro-sinistra si erano impegnati dal 1963 per una riforma delle pensioni ma è solo sotto la pressione degli scioperi generali e delle contestazioni che, nell'autunno del 1968, governo e sindacati si sono messi al tavolo. Per i lavoratori è un primo momento di riscossa.
La riforma introduce il sistema retributivo: il calcolo della pensione non si basa più sui contributi versati nel corso della vita lavorativa ma sulla retribuzione dell'ultimo periodo lavorativo (l'ultimo anno per i dipendenti pubblici, gli ultimi cinque anni per i lavoratori del settore privato).
Il rapporto tra pensione e ultimi stipendi passa dal 65 per cento al 75 per cento, e sarà elevato fino all'80 per cento a partire dal 1975.
È un ribaltamento del concetto stesso di pensione, che smette di essere la restituzione di ciò che è stato effettivamente versato e diventa un "salario differito" o "di sostituzione", basato sul concetto della solidarietà intergenerazionale.
Gli altri importanti cardini della riforma Brodolini sono l’istituzione della pensione sociale per gli ultrasessantacinquenni senza assicurazione e senza reddito e della pensione di anzianità con 35 anni di contribuzione, anche se non si è raggiunta l'età pensionabile.
L’articolo 7 prevede un "miglioramento dei trattamenti di pensione": le pensioni minime dei lavoratori dipendenti vengono innalzate da 18.000 a 23.000 lire mensili per chi ha meno di 65 anni e da 21.900 a 25.000 lire per gli ultrasessantacinquenni.
Per le minime dei lavoratori autonomi l'aumento sarà da 13.000 a 18.000 lire al mese.
Le pensioni saranno soggette alla perequazione automatica, il meccanismo che permette una rivalutazione in base all'indice dei prezzi Istat, per salvaguardare il potere d'acquisto.
La legga prevede anche che i rappresentanti dei sindacati entrino in maggioranza nel consiglio di amministrazione dell'Inps.
Dai banchi dell'opposizione i comunisti contestano l'introduzione del divieto assoluto di cumulo con la pensione di anzianità ma, nel complesso, non osteggiano l'impianto della legge.
Lo dice nel suo intervento in aula l'onorevole Mauro Tognoni, ex sindacalista eletto nelle liste del Pci in Toscana:
«Arriviamo a questa discussione dopo che vi sono stati nel paese tre scioperi generali dei lavoratori, i quali hanno così dimostrato di avere raggiunto un'alta consapevolezza dell'importanza che per essi riveste la possibilità di contrattare non soltanto il salario immediato, il salario contrattuale, ma anche quello differito, quello previdenziale.
Perciò, se oggi discutiamo su posizioni più avanzate, ciò si deve alla lotta delle masse, all'iniziativa delle forze di sinistra, all'iniziativa e alla presenza delle grandi organizzazioni sindacali, le quali senza dubbio hanno assolto a un ruolo importantissimo in tutta questa battaglia, in tutta questa vicenda.»
Il principale bersaglio del Partito comunista è piuttosto il ministro del Tesoro democristiano Emilio Colombo che, sempre nelle parole di Tognoni:
«Il marzo 1968 non aveva una lira, nell'autunno diceva di aver trovato 400 miliardi, alla fine pare ne abbia trovati un po' di più, tanto che siamo arrivati a 500 miliardi e oltre del provvedimento al nostro esame.
Il che apre un problema di credibilità nei confronti del ministro del Tesoro che si comporta in questo modo; che cioè a un anno di distanza, dopo aver detto che non c'era una lira, trova, come un prestigiatore nel cappello, 537 miliardi di lire.»
Il ministro, esattamente come Confindustria, aveva espresso preoccupazione per la sostenibilità economica della riforma.
Per finanziarla, il governo ha optato tra l'altro per l'aumento del prezzo della benzina.
Secondo Giacomo Brodolini, la riforma porta il suo nome è soprattutto "una grande opera di giustizia”.
Gravemente malato, morirà pochi mesi dopo.
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| Feltrinelli, 2018Di
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