Scelti per voi

25 di Bernardo Zannoni

Gero non sapeva dire se gli ignavi fossero esistiti anche in altre generazioni; forse non in quel modo, non perduti fino a questo punto

Avete presente le figure dantesche degli ignavi? I condannati per l’eternità a non essere in alcuna divisione celeste ma a vagare, a correre sempre sulla spiaggia dell’Antinferno seguendo un’insegna e venendo punti da vari insetti, il cui sangue viene succhiato da animali simili a sanguisughe, comunque vermi. Un contrappasso per chi, in vita, la vita non l’ha scelta, non ha mai preso posizione tra bene e male, sarebbe bastato abbracciare un frammento qualsiasi delle cose che si incontrano nel corso del tempo dell’esistenza, scegliere.

Ecco, 25 di Bernardo Zannoni (qui puoi trovare l'intervista di Maremosso all'autore, in occasione dell'uscita del precedente romanzo, I miei stupidi intenti), edito Sellerio, mi ha condotta in un mondo allegorico che mi ha ricordato tanto quello, ma senza assoluzioni e condanne. Cosa fa un ignavo per davvero? In fondo poi, chi è?

25
25 Di Bernardo Zannoni;

Gerolamo è una strana creatura, un ragazzo di venticinque anni che vive in una città di mare, abita da solo, mangia spesso dalla zia. Ha qualche amico e nessun lavoro, esce di sera e di notte, dorme la mattina. Aspetta, ma non si sa bene cosa. Lo agita un desiderio quasi violento di diventare adulto e al tempo stesso porta dentro di sé un Gerolamo precedente, bambino e adolescente, che non lo vuole abbandonare. Eppure nell'immobilità, Gerolamo è travolto dall'intensità e dalla meraviglia di quanto gli accade.

Chiudi

Gerolamo è un ragazzo che vive in una città di mare non ben definita e sorbisce le preoccupazioni dell’unica parente che gli è rimasta accanto e non l’ha abbandonato, la zia Clotilde, una donna che cerca di capirlo, o quantomeno di provare a intuire cosa il nipote potrebbe volere. Il risultato è spesso un nulla di fatto. Non perché l’interpretazione sia fallace, quanto perché non si può comprendere il desiderio di un altro se quel desiderio non viene anelato, neanche sospirato.

Gero ha manifestazioni di vita ovunque attorno a sé – un amico, Tommy, che ha scelto la morte ma lotta ancora con la vita, una ragazza incinta, il proprietario di un bar, amici di sempre e amici ombre, fugaci presenze – eppure quella vita sfugge di continuo. È sottile Zannoni a creare questo mondo che è fatto di impatti, di emotività da cui è difficile scappare, situazioni con cui ci si interfaccia costantemente ma che non si sentono, perché lo scorrere della vita per come dovrebbe essere, in Gero, risale la corrente delle cose, si scontra a suo modo: non si infrange.

Che senso aveva vivere per non essere niente? Che senso ha contare i giorni, attraversare le stagioni, se non si ha nulla da ricordare, nulla da perdere? Erano tutti perduti. Andavano a vuoto. Occupavano solo spazio

Non amo mai pensare ai libri come grido generazionale, almeno mentre vivi e sei in quella generazione, attendere le storie come fautrici di un tempo raccontato mentre non è ancora vissuto, non si è fatto passato. Eppure, i miei di 25 anni mi ricordano che troppe volte si parla per quelli della mia età, che sembrano sopiti e in attesa, disillusi, poco fiduciosi e, invece, poche volte succede di sentire che qualcuno azzecchi la dismisura dell’instabilità, il senso perfetto del vuoto, la vita che passa anche attraverso l’incapacità.

Magari tutte le generazioni si assomigliano e, letto adesso, sembra giusto, calato nell’aspirazione massima di voler essere capiti, di trovarsi nelle parole di qualcuno e pensare che forse è tutto lì – la strada non presa, la scelta troppo grande, il dolore che si rifugge, tutto che passa e lo lasci passare.

Ma Zannoni raccoglie ogni sfumatura possibile e semina una qualche forma di speranza, è un’attonita tenerezza. Perché più leggi, più ti senti libero, sgravato dal peso di dover per forza trovare un senso a tutto, alla salvezza che sembra sempre dover arrivare, alle decisioni da prendere per poter stare al mondo, a quelle emozioni che si dovrebbero provare solo in un modo – ma chi lo sceglie il modo? – alla fede bellissima e disarmante nel passo quotidiano, anche in quello che non capisco e non voglio capire, all’evitamento di quello che sento, all’astrazione che salva.

Non c’è una sola interpretazione, una via, c’è questa spiaggia di ignavi che però non giudicano e non vengono giudicati, si perdono e prendono la vita in un altro modo, senza pretendere che si comprenda ogni anfratto, che tutto sia ben incanalato. Forse non corrono, ma sono lì e, potendo scegliere, guardano il mare.

Le recensioni della settimana

La posta della redazione

La posta della redazione

Hai domande, dubbi, proposte? Vuoi uno spiegone?
Scrivi alla redazione!

Conosci l'autore

Bernardo Zannoni è nato e vive a Sarzana. Con I miei stupidi intenti (Sellerio 2021), il suo primo romanzo, ha vinto il premio Campiello 2022. «Non me l’aspettavo, questa è la mia opera prima e ho già fatto un casino» - ha dichiarato lo scrittore - «Ho cominciato a ventuno anni, poi ho interrotto e quindi ripreso questa storia ambientata in un bosco dove gli animali si comportano come uomini. Volevo fare un romanzo su una volpe, le faine sono un po' come le volpi, ma meno conosciute e così ho pensato: "perché non una faina?" È più originale, meno scontata.»Del 2023 la sua seconda opera, un romanzo di formazione: 25 (Sellerio).

Leggi di più Leggi di meno
Chiudi

Per poter aggiungere un prodotto al carrello devi essere loggato con un profilo Feltrinelli.

Chiudi

Per poter aggiungere un prodotto alla lista dei desideri devi essere loggato con un profilo Feltrinelli.

Chiudi

Il Prodotto è stato aggiunto al carrello correttamente

Chiudi

Il Prodotto è stato aggiunto alla WishList correttamente