Sarei stata completamente vuota e immobile se era quello che voleva, o rumorosa quanto bastava per riempire i suoi silenzi. Sarei stata vigorosa e vitale se si annoiava, e quando si fosse stancato, sarei diventata prosaica e noiosamente utile come le posate
È con questa voce dura e spigolosa che l’io narrante di Megan Nolan decide di raccontare i numerosi Atti di sottomissione che si dipanano lungo la storia con il venerato Ciaran. A metà tra finizione e memoir, questo romanzo è una diga che si spezza dall’interno, riversando sulla protagonista tutto il disgusto e il disprezzo di sé.
Non un'autobiografia, quindi, ma un romanzo in cui l'autrice prende molto dalla propria esperienza personale, come ci ha raccontato qui in un'intervista insieme alla nostra redazione.
La storia che l’autrice costruisce non è un racconto di salvezza, piuttosto la narrazione nuda e cruda della realtà dei fatti, una sfacciata disamina sulle scelte sbagliate che si compiono e si continuano a compiere ogni giorno della vita. Eppure non lasciatevi ingannare: non è una storia di vittimismo.
Un memoir ai confini con la finzione, una distorsione dell'amore e delle relazioni: Megan Nolan racconta, in questo monologo fin troppo sincero, di quanto i sentimenti, anche i più nobili, possano diventare un veleno.
Una vittima c’è, certo, ma nella misura in cui essa è intrappolata in una visione distorta della realtà per la quale le scelte prese sono – sembrano – sempre consapevolmente malsane, umilianti, distruttive in nome di un amore tossico che riempie ogni anfratto della propria esistenza, elevandola.
Pensavo che l’amore di un uomo mi avrebbe riempito così tanto che non avrei avuto più bisogno di bere, mangiare, tagliarmi o fare di nuovo qualsiasi altra cosa al mio corpo. Pensavo che se ne sarebbe fatto carico al posto mio
Dice la protagonista e il suo tono non è mai autoindulgente o vittimistico. Riaffiorano allora antichi tabù legati alla condizione femminile, che oggi sono sì messi in discussione ma ancora non del tutto abbattuti. Il desiderio di compiacere Ciaran è un desiderio assolutizzante e fa da contrappeso al disgusto che la protagonista prova per sé stessa, un sentimento che distorce la percezione di qualsiasi sentimento.
E quello che lei vuole disperatamente percepire come amore in realtà non lo è. Questa dissonanza cognitiva ed emozionale si trasforma in un vuoto che si allarga sulla pagina e che la protagonista riempie di «atti di disperazione» (il titolo originale del romanzo) come alcol, droga, dipendenze di vario genere.
Come in un lungo percorso di autoanalisi, Atti di sottomissione è un monologo interiore nel quale la protagonista si svela e svela sé stessa al lettore, senza concedere alcuna ancora di salvezza: impossibile distogliere lo sguardo, impossibile far finta di nulla. Ma dopotutto, non è quello che vuole.
Il primo passo è sempre quello di prendere coscienza di avere un problema e la protagonista lo fa con sofferenza e coraggio. A distanza di tempo riesce ad analizzare la relazione con Ciaran senza il filtro della propria distorsione mentale, ma questo l’ha resa effettivamente libera?
In ultima analisi non c’è una vera risposta. Solo il percorso di una donna che prende consapevolezza di sé, senza fuggire.
E per il romanzo che inaugura la nuova collana «Le fuggitive» di NN, per racchiudere storie di donne in fuga alla ricerca della libertà a ogni costo contro i canoni tradizionali, non si poteva iniziare in modo migliore.
Non avrei potuto scegliere altri grandi amori invece degli uomini che ho scelto di amare? Certo che avrei potuto, ma non l’ho fatto, e questa, la mia storia, è la storia di questo atto mancato
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