Non sempre abbiamo lo stato d’animo giusto per un libro. A volte, come capita con le canzoni, i film o le persone, ci si “incontra” e le cose vanno alla grande. Altre, che si tratti di incongruenze assolute o di una predisposizione momentanea, la scintilla non scatta affatto.
Sembra scontato, ma è il motivo per cui se chiedete consiglio a un libraio, questi non vi proporrà la prima novità in vista o il best seller del momento, ma cercherà di scoprire (insieme a voi) cosa avete davvero voglia di leggere.
E se non sempre sappiamo di cosa abbiamo bisogno, quando non abbiamo le idee chiare, possiamo solo buttarci e vedere che succede.
Attraverso spazi aperti di Barry Lopez è uno di quei libri che ho adocchiato da subito. Ma quando mi sono deciso a leggerlo, beh, forse non ero ben sintonizzato. Sulle prime, a partire dalla commovente prefazione del poeta Robert L. Hass (in cui attraverso i ricordi rivela molto dell’autore e amico recentemente scomparso) e dalle iniziali battute del saggio d’apertura, mi stavo domandavo perché mai dovessi leggere di incisioni rupestri della California meridionale, di come rotte migratorie, aree militarizzate, interessi economici e altro, avessero cambiato le sorti delle catene montuose, del fiume Colorado e della mancata integrità dei siti archeologici di un luogo a me tanto lontano. Cosa me ne importava?
In questi quattordici saggi Barry Lopez indaga il rapporto tra l’individuo e il paesaggio, riflettendo non solo sull’impatto ambientale della presenza umana ma anche sugli effetti intimi della comunione con gli spazi aperti.
Poi, a un passo dal dire che forse non era la lettura per me, almeno per il momento, qualcosa mi ha spinto ad andare avanti. Per fortuna. Lopez mi stava trattenendo sulle pagine mio malgrado, senza che ne avessi il controllo. Una sensazione bellissima.
"Attraversai l’altopiano roccioso… e sebbene l’ambiente non celasse nulla allo sguardo, non ero preparato quando quel cavallo [un’incisione rupestre] all’improvviso mi comparve davanti… Mentre ne assimilavo le fattezze avvertii una sorta di concentrazione dei sensi, un acuirsi della percezione, come se il rosa pallido di cui erano tinti il cielo e altre immagini periferiche avesse di colpo perso attrattiva. Sentivo le orecchie tendersi per cogliere l’accenno di un rumore nell’aria immobile, e la terra premere contro la pianta dei piedi. Il cavallo, solo una sagoma sulla terra scura, mi appariva vivido come un giardino di tulipani"
Barry Lopez mi stava dando la possibilità di conoscere una natura che difficilmente potrò incontrare, rapendomi, ad esempio, con la vorticosa sincronia delle oche delle nevi:
“Ogni volta mi stupisce il modo in cui un animale si rivela, lentamente, nei piccoli dettagli… Osservando le oche decollare in stormi di centinaia, se non migliaia di esemplari, ci si domanda se lo spettacolo sarebbe altrettanto impressionante senza il caratteristico candore del loro piumaggio. Quando volano col sole dietro, il bianco opaco dei loro corpi, così simile a quello delle conchiglie levigate dall’acqua, contrasta con quello sporco delle piume della coda e quello traslucido delle ali dalla punta nera… Nel livore di un cielo carico di nubi temporalesche, il bianco della loro livrea acquista una luminosità surreale, una brillantezza che non lascia spazio a ombre.”
Lopez ci racconta lo spettacolo del Gran Canyon attraverso le rapide, le sue esperienze sul litorale artico dell’Alaska, ma anche di tori e cowboy, di balene nella costa dell’Oregon, delle tracce di antiche civiltà indiane tra i canyon del Colorado, e con un’equipe di biologi in Antartide, della difficoltà etica di sacrificare delle foche ai fini della conoscenza.
Ogni viaggio è l’opportunità per prendere coscienza dell’impatto dell’uomo sugli ecosistemi e l’ambiente:
“…perdo cognizione di me stesso come individuo… e inizio a pensarmi come membro di una specie, come essere umano impegnato, al pari dei miei simili, nell’interminabile lotta per comprendere il tempo e valutare le conseguenze delle mie azioni”.
Con la sua prosa incantevole, Lopez ci spinge a osservare ciò che ci circonda con un occhio più intimo, spiegandoci come certi dettagli, a volte non codificabili, del paesaggio esterno, influenzino a tutti gli effetti il nostro paesaggio interiore.
A volte capita di doversi sforzare un po’ nella lettura affinché un libro possa rivelarsi. Altre quest’opportunità se la prendono nonostante la nostra iniziale estraneità.
L’opportunità, in questi casi non siamo noi ad accordarla al libro, ma è il libro a concederla a noi.
Da Dune di Herbert: “…qualsiasi domanda avesse fatto, avrebbe ricevuto una risposta tale da elevarlo dal suo mondo di carne a un universo più grande”.
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