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Babel. Una storia arcana di R.F. Kuang

Doveva fare il possibile, sforzarsi con tutto se stesso, per non smettere di sognare nella sua lingua madre

Tra le guglie di Oxford ne sorge una più alta delle altre, una torre da cui sgorga un potere infinito e indispensabile, feroce e affascinante allo stesso tempo: la torre del Royal Institute of Translation, più nota agli accademici come Babel. Siamo nel 1836, e in questa torre alta e brulicante di lingue e personaggi finisce Robin Swift, un ragazzino cantonese rimasto orfano dopo che un’epidemia ha spazzato via la sua famiglia. Salvato da quello stesso flagello da un burbero e misterioso professor Lovell, Robin si accorgerà presto di essere la chiave – una delle tante – di un potere che alimenta sé stesso e i suoi soprusi attraverso la conoscenza.

Babel. Una storia arcana
Babel. Una storia arcana Di R. F. Kuang;

Oxford, 1836. Il centro di tutta la conoscenza e l'innovazione del mondo. Al suo cuore c'è Babel, il prestigioso Royal Institute of Translation. La torre da cui sgorga tutto il potere dell'impero. Rimasto orfano a Canton e portato in Inghilterra da un tutore, Robin Swift credeva che Babel fosse un paradiso. Fino a che non è diventata una prigione…

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«Ma è proprio questo il bello di imparare una nuova lingua. È normale che ti sembri un’impresa gigantesca. Che ti intimorisca. Serve a farti apprezzare la complessità di quelle che conosci già»

Babel di R.F. Kuang, edito da Mondadori, è un romanzo di genere, e questo o allontana irrimediabilmente o avvicina senza riserve: è un fantasy dalle atmosfere dark academia e pensato per un pubblico di young adult. Eppure in Babel c’è qualcos’altro che riesce a debordare dalle definizioni canoniche di genere, qualcosa che riesce a leggere in maniera precisa e profonda un tempo – il nostro, ma anche quello che ci ha preceduto – e una varietà di temi impossibile da affrontare in poche righe – il colonialismo, il razzismo, la difficoltà della traduzione, la sua impossibilità, il legame tra tradurre e tradire, tra linguaggio e potere. E tutte queste questioni sono calate all’interno di una narrazione fluida, avvincente, mai scontata. Un romanzo coi fiocchi, in piena regola, di quelli che leggi perché cerchi una storia.

C’è tanta letteratura, in Babel, di quella ottocentesca, e non solo nello stile (niente paura: non è ottocentesco nel senso di barboso e demodée, ma nel senso di uno stile che si prende il suo tempo per descrivere, far dialogare, indagare la psiche), ma anche nei riferimenti. Robin somiglia a un personaggio di Dickens, si capisce da subito, ma anche i suoi nomi – i nomi, qui, sono importantissimi: Robin non è quello vero, ma gliel’ha affibbiato la governante della sua infanzia, miss Betty, prendendolo da un libro di filastrocche, e Swift se l’è scelto da solo, leggendolo sulla costa dei Viaggi di Gulliver. La sua solitudine ai margini di un mondo che l’ha strappato a tutto ciò che gli era familiare, del resto, non poteva che trovare sollievo là dove tutti lo cercano: nei libri.

Nell’Inghilterra del 1836 c’è poi un grande fermento, perché l’impero è vasto oltre ogni immaginabile confine, gli intrallazzi politici e diplomatici tentano vie più o meno pacifiche ovunque per aumentare il potere della corona e degli inglesi – solo di quelli bianchi che vivono a sud dell’isola, però. Per farlo, per mantenere il dominio, le relazioni, il primato serve la magia, che in questo mondo deriva dall’argento, di cui l’Inghilterra è ricchissima, e dalle lingue. Dalla torre di Babel il potere fuoriesce perché i traduttori riescono ad affiancare parole lontanissime, per radice, origine, collocazione spaziale, ma vicine per il loro significato, anche se non perfettamente sovrapponibili. È questo il lavoro di Robin a Oxford, e a lui sembra il più bello del mondo: avvicinare culture, linguaggi, interi universi di senso attraverso la traduzione.

«Ma qual è il contrario della fedeltà?» chiese ancora il professor Playfair. Stava giungendo al termine del suo ragionamento, doveva solo sferrare il colpo finale. «Il tradimento»

Solo quando Robin verrà in contatto con la Società segreta di giovani rivoluzionari capirà l’ingenuità del suo sbaglio, capirà che quel potere non serve ad avvicinare, ma solo a sottomettere, ad alimentare e ingrassare un solo popolo, quello inglese, che punta a diventare il metro di confronto, la lingua originale – il metro con cui tutto il mondo deve confrontarsi per trovare significato e tradursi.

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Conosci l'autrice

R.F. Kuang è una scrittrice cinese-americana. Emigrata negli Stati Uniti all’età di 4 anni, dopo aver studiato storia e cultura cinese a Cambridge e a Oxford, ha conseguito un dottorato in Lingue e Letterature dell’Estremo Oriente a Yale. Dal 2018 Mondadori ha pubblicato in Italia la sua saga fantasy di grande successo, La guerra dei papaveri. Seguono nel 2023 sempre per Mondadori, Babel e nel 2024 Yellowface.

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