Barbie, il film

«Non è buono che l’uomo sia solo; gli procurerò un aiuto simile a sé stesso». Sono queste le parole della Genesi che precedono la creazione della prima donna. Poche righe che per secoli hanno giustificato la sottomissione femminile. Eva è la secondogenita, la colpevole e l’eterna “spalla” – o sarebbe meglio dire “costola” – di Adamo.

L’ultimo film di Greta Gerwig ribalta questa narrazione grazie alla bambola più amata di sempre e a un Eden di divertimento e abiti rosa. Lì vivono le Barbie, accompagnate dai rispettivi Ken: la loro missione è rendere felici le bambine di tutti i tempi, dimostrando loro di poter essere tutto ciò che vogliono. Ci sono infatti Barbie presidenti, Barbie scienziate e giornaliste, ma soprattutto c’è Barbie stereotipo (Margot Robbie). A lei è affiancato Ryan Gosling, un Ken belloccio e sensibile che soffre la mancanza d’attenzione della sua compagna. Per questo quando lei comincerà a manifestare degli strani sintomi (disclaimer: la paura di morire e i piedi piatti) la seguirà nel mondo reale per capire l’origine del malessere.

Il loro arrivo è giocato sull’inversione dei ruoli: la protagonista, innocente e ignara, viene messa a confronto con tutte le brutture dell’essere donna. Ma oltre al cat calling e all’essere presa poco sul serio, scopre di non avere più uno scopo: le nuove generazioni la considerano un giocattolo sessista. Il patriarcato invece rappresenta una ventata d’aria fresca per Ken, che trova nel maschilismo un modo per essere apprezzato e avere a che fare con i cavalli. Così torna indietro e organizza un colpo di stato a Barbieland, senza diventare però mai un vero antagonista. Nessuna violenza e nessun regime del terrore, solo lo sfogo dell’eterno bambino che non ha ancora conosciuto il peccato originale.

Fra i vari temi del film, il rapporto fra i sessi è uno di quelli dominanti e di sicuro quello che ha fatto più scalpore. Infatti molti spettatori si sono dimostrati contrariati dal trattamento riservato agli uomini, senza però tener conto di un tratto essenziale della trama: a nessuno piace essere la funzione di qualcun altro. Per questo entrambi i personaggi hanno un arco di crescita basato sull’identità. Ken dovrà capire chi è al di là di Barbie, mentre lei – al pari di Pinocchio – sceglierà di diventare una donna “vera”. Con i suoi modi e i suoi tempi, iniziando da una visita ginecologica.  

Un film ironico che trova la propria forza nella sua ostentata superficialità e in qualunque modo centra il proprio obiettivo: lasciare un messaggio a chi lo vuole recepire e infastidire chi non vuole vedere in profondità. Non un prodotto femminista, ma di sicuro femminile e unico nel suo genere.