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Che fine ha fatto Città della Scienza di Diletta Capissi

Il nostro Paese è ricco di eccellenze, iniziative individuali visionarie e all’avanguardia, frutto spesso di menti brillanti. Purtroppo, però, è ricco anche di storie che raccontano progetti d’eccellenza che si spengono e finiscono nel dimenticatoio, tra l’indifferenza generale.

Questo è ciò contro cui intende combattere Diletta Capissi, giornalista pubblicista, scrivendo Che fine ha fatto Città della Scienza. Un giallo napoletano o una metafora del Mezzogiorno?

Che fine ha fatto Città della Scienza. Un giallo napoletano o una metafora del Mezzogiorno?

Che fine ha fatto Città della Scienza non è un interrogativo ma è un incitamento a capire, a parlare di Città della Scienza, luogo e borgo dell'innovazione, centro di divulgazione scientifica e museale ma anche "fabbrica" di tante start up di successo, collocato nell'area tanto "disgraziata" di Bagnoli-Coroglio ma comunque entusiasmante per la sua posizione strategica e bellezza paesaggistica.

Città della Scienza sorge in un’industria abbandonata sul litorale napoletano, ai piedi di Posillipo: l’accordo per la sua nascita viene stipulato nel 1996 e vede la luce nel 2001. Città della scienza è molte cose: è un centro scientifico, un museo, un polo di divulgazione, un luogo di formazione e conoscenza. L’idea per la sua realizzazione scaturisce dall’incontro di un gruppo di giovani talenti della comunità scientifica napoletana e in particolare dalla sinergia tra il fisico Vittorio Silvestrini, ordinario all’Università di Napoli Federico II, e Vincenzo Lipardi, vicepresidente e direttore editoriale della CUEN-Cooperativa Universitaria Editrice Napoletana.

Non pensate, però, che Città della Scienza si limiti ad essere un piccolo punto di luce della realtà napoletana o italiana. In poco tempo viene formandosi uno stretto intreccio di relazioni con altri Paesi Europei e con gli Stati Uniti e Città della Scienza diventa un centro davvero rilevante dell’innovazione scientifica.

E poi? Che succede? Prima qualcuno prova a distruggerla: il 4 marzo 2013 un incendio doloso riduce in cenere quattro dei sei capannoni che compongono la struttura. Ad oggi, questo crimine rimane privo di colpevoli, nonostante le pluriennali indagini della magistratura. Ma non è questa la causa della crisi di Città della Scienza, anzi: dopo l’incendio è forte la presa di coscienza dell’importanza del luogo, le persone si attivano socialmente ed economicamente in favore di Città della Scienza, che risorge: paradossalmente l’incendio doloso del 4 marzo 2013 che la ridusse in cenere, l’avvenimento più dirompente dal punto di vista concreto e mediatico, non appare mai come la causa principale della crisi di Città della Scienza ma piuttosto come un momento corale di presa di coscienza del valore stesso della struttura e del prestigio che aveva ottenuto in ambito internazionale.

Il tramonto di Città della Scienza comincerà nel 2017: per quali ragioni? Perché è stato permesso che perdesse prestigio, tra l’indifferenza generale?

“A questo punto – scrive Capissi – inizia un processo inarrestabile di regressione e imbarbarimento, che lascia tutti esterrefatti e con in testa una sola domanda: sarà questo un ennesimo giallo napoletano senza risposta, la metafora del Mezzogiorno che distrugge sempre tutto quello che di bello ha realizzato?”

Questo è ciò che Diletta Capissi indaga in questo libro, articolando in modo dettagliato gli avvenimenti, fornendo dati, ricostruzioni scrupolose e testimonianze, tra le quali quelle di Vincenzo Lipardi, Adriano Giannola, Enrica Amaturo, Paolo Strolin, solo per citarne alcuni.

Leggendo, partecipiamo alla nascita di Città della Scienza, al successo e al declino. Scendiamo a fondo nelle ragioni che hanno portato alla perdita di questa eccellenza, dando inizio a una lenta e inarrestabile discesa.

Cosa abbiamo perso? Cosa ha perso il Mezzogiorno e cosa ha perso l’Italia? La risposta è al tempo semplice e disarmante. Ha perso l’eccellenza, condannando sé stessa non all’estinzione, ma piuttosto e forse più tristemente, alla mediocrità, perché – riprendendo ancora Zollo – “anche il mediocre può sopravvivere”. Ed è nella mediocrità che sta sopravvivendo, al momento in cui ho deciso di analizzare i fatti, Città della Scienza. Una mediocrità che ferisce proprio perché si è conosciuta l’eccellenza […]

Diletta Capissi, con questo grande lavoro di ricostruzione e analisi dei fatti, ha messo in luce una controversa vicenda ancora in corso, puntando l'attenzione su aspetti del Mezzogiorno e del nostro Paese in cui c'è ancora molta strada da fare.

Un saggio interessante e dettagliato per far conoscere ai più ciò che l'Italia possiede e dovrebbe valorizzare, per evitare che l’eccellenza venga dimenticata, sovrastata da un’abitudinaria mediocrità.

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