L’origine della parola clandestina significa letteralmente “nascosta di giorno”. Qualcosa che si cela nell’oscuro, nell’occulto, qualcosa che non si mostra e che non dovrebbe conoscere la luce.
Clandestine sono le donne, lo sono sempre state, convinte che la marginalità fosse una parte emblematica del loro stare nella storia, del vivere comune: le donne, un problema del buio.
Invece, il libro di Marta Stella sviscera quello stare in ombra che ha permesso la libertà a ciascuna di noi di scegliere – una macina di dolori e di lotte, una costante sfida contro un tempo che mal accettava (e forse tuttora non accetta) diritti che riteniamo basilari e inoppugnabili.
“Siamo le figlie di chi ha combattuto la guerra lontano dal fronte. Di chi ha sperato in un riconoscimento mai arrivato e poi, quando tutto è finito, ha dovuto contare i morti. Figlie di chi ha pagato care le proprie scelte in un'Italia liberata ma sempre più bigotta che costringe a essere vergini o madri. Ora tocca a noi.”
La metafora del “dare alla luce” mi sembra la più adatta, proprio perché queste pagine si aprono su storie di aborti, scelta che porta a pensare a una negazione stessa dell’essere femminile, una prerogativa dell’essere donna che viene annullata. Perché c’è un avanti maternità e un dopo maternità che ha sempre segnato la vita di ogni donna – anche solo nel pensiero, nella concezione stessa del suo appartenere al genere – una linea cronologica scandita dal dovere della procreazione che appare come un campo di battaglia su cui ciascuno può mettere bocca, eccetto la legittima proprietaria del corpo.
Così, l’aborto è una delle grandi battaglie delle donne, è una coralità di grida e lancinanti scelte, che fa sentire le donne unite, quanto scoperte.
La colpevolizzazione è una ferita aperta, lo è ancora oggi. Si mischia con la vergogna, con i ripensamenti e col giudizio, mettendo sul piatto una poltiglia di bile che gorgoglia nei corpi delle donne, quasi come se facesse parte della genetica. Ma a questo è servito lottare per i diritti che dovrebbero essere garantiti e che, alle spalle, portano con sé storie e dolori, nomi e cognomi – come scritto in principio – che sono stati passi, tasselli di fondamenta irrinunciabili per il presente e per il futuro. Ma quanto riusciremo a cogliere in un presente che sembra sordo e che talvolta si presenta nostalgico e inconsapevole di quei logoramenti? Di quelle lotte?
Il corpo infetto non dovrà parlare. La ragazza deve ancora pedalare fino a casa. Dovrà curare l’infezione che alberga dentro di lei in silenzio. Nessuno dovrà sapere
Stella ha compiuto un gesto letterario non da poco, una raccolta di voci che diventano talvolta una prima persona diretta e tagliente, alternando il tutto con capitoli che forniscono dettagli, informazioni e storia. I movimenti, le figure di spicco, le proteste, le sentenze, le donne che hanno combattuto e quelle che continuano a farlo.
Il romanzo delle donne è il sottotitolo di Clandestine (Bompiani) ed è quasi una chiamata alla consapevolezza, all’essere un insieme: un risveglio a cui penso mentre leggo. È un testo in cui tutto si concatena e ogni gesto è una grande danza greca, passi che vanno indietro e avanti, ma pur sempre mantenendo un cerchio in cui tutte siamo incluse. Un movimento da preghiera festosa, mai chiuso nella contemplazione, quasi un’ode al continuare ad agire, a trovare – adesso – i modi, la consapevolezza, il prossimo passo necessario per camminare.
L’adolescenza si trasforma in un limbo dove le bambine che siamo state, distanti e sconosciute, si ritrovano in un tempo ora possibile. E le adolescenti che siamo si riconoscono per la prima volta nelle loro differenze. Le donne che saremo si specchiano proiettando il futuro su visi ancora acerbi, universi infiniti
Questo libro non è un memoir né un saggio, è un tentativo di forza, di sussulto, un’evoluzione che dovrebbe partire dal passato per potersi ancorare all’oggi, alla cognizione dello sforzo e alla conoscenza dell’umiliazione, di quello che ha comportato subire le scelte di altri sui corpi e sulle menti delle donne per poter proibire loro di scegliere, di essere libere.
Così si viene alla luce.
Non nascendo, ma continuando a far parte di un movimento incessante per i diritti di ciascuna.
Così, l’ombra si sgretola.
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