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Delitto impunito di Georges Simenon

Georges Simenon è una certezza. Non ci sono dubbi su questo. Qualsiasi storia possa mettere in scena, una volta cominciata, preme nel lettore con la sua essenza carismatica, con la sua natura magnetica e, in un soffio, tutto termina e tu, che sei dall'altro lato della pagina, non sai né quando né come sia accaduto. 

Delitto impunito non fa di certo eccezione. Ha gli ingredienti del più tipico dei gialli simenoniani, ma stupisce – ancora e ancora – nel suo controllo della trama, nella sua pulizia stilistica, in quella perfezione, oserei dire quasi fastidiosa, usata per ritrarre i personaggi. Un'azione che definirei artistica.

Delitto impunito
Delitto impunito Di Georges Simenon;

«Lo ucciderò». Non pensa ad altro Élie, da quando, nella pensione della signora Lange che è ormai diventata il suo rifugio e la sua tana, è arrivato Michel. Ventidue anni, capelli scuri e lisci, gli occhi di un nero profondo, la carnagione olivastra, rampollo di un’agiata famiglia romena. Sembra volersi prendere tutto, ma quando inizia una relazione con Louise, figlia della signora Lange, Élie capisce che ora di agire.

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Élie vive nella pensione della signora Lange da anni. È un ragazzo schivo, non di particolare fascino, sempre intento a studiare, a cercare – senza darlo a vedere, ma facendolo percepire – attenzione e riprova costante di questa cura, talvolta innata nella proprietaria, talvolta addomesticata dall'abitudine. L'uomo ha un particolare affetto per Louise, figlia della signora Lange, che con grande fatica di lui, ogni tanto, lo degna di uno sguardo: quella tanto agognata dimostrazione di centralità di cui ha bisogno. 

Un carattere ispido, tronfio nelle conferme, nel disegno di una quotidianità che fila, nella sua circolarità ben assestata. Eppure, un giorno, tutto si rompe quando arriva Michel. Un ragazzo romeno, affascinante, di buone maniere e facoltoso. Agli occhi di Élie è quello che lui non è. Così, ogni reverenza si sposta su di lui, sulla sua attitudine charmant, sulle sue necessità gentili e mai fuori luogo da accontentare. 

Louise se ne accorge subito e resta folgorata da Michel. Un destino che Élie non ha mai conosciuto, lui si è dovuto guadagnare anche la minima delle cure. Ma non contento, spia le loro ore in compagnia, spia e si ingolfa di rabbia, si annienta di pena. Quello che resta è livore, poco controllo, gelosia e rabbia pura.

Chissà se lei intuiva il suo stato d'animo. Chissà se, come la madre, aveva il dono di indovinare i pensieri indecenti che teniamo nascosti persino a noi stessi

Ciò che accade è una rivalsa a metà, perché la vita arriva a sorprendere

Con un colpo da maestro, il conto dovrà pure essere servito. Passano quasi trent'anni, la quotidianità è altrove, le trame delle esistenze non sono le stesse, si sono separate le strade ed Élie pensa che quell'uomo che gli ha rovinato il castello di carte che si era costruito non tornerà più. Ma è davvero così?

La prosa è una garanzia di Simenon, è un treno che non decelera fino alla meta. Un'architettura sapiente in cui, ogni dettaglio, è posizionato in modo esatto, ha la sua ineccepibile forma. E sopra ogni cosa, tutto ritorna. Già, perché questa storia è una storia di rese di conti, in prima battuta con sé stessi. 

Quante volte si crede di aver chiuso un capitolo? Quante volte un atto estremo sembra la soluzione? Ma nascondiamo quel pensiero, lo teniamo fra le pieghe della vergogna, tra le piccolezze che si pensano e non trovano voce.

Il personaggio di Élie è caratterizzato dalla sua nenia cerebrale, da quel mugugnare invidioso e congetturale che gli rovina la vita. Solo che poi agisce. Lui che è figlio dell'arrovellamento compie un'azione. Fra le mille che avrebbe potuto mettere in atto, proprio l'unica che fuoriesce dal suo schema. Eppure, anche quella, un po' come lui, lo farà sentire inerme e insignificante al cospetto di una vita altra, la vita che aveva sognato, la vita che non ha avuto, immeritatamente rubata, decostruita. La vita che, in fondo, si è distrutto da solo

Un giallo da non perdere, da rimanerci incollati e capire chi e cosa spingono noi umani a mandare all'aria quello che saremmo potuti essere, che – forse – siamo.

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Conosci l'autore

Georges Simenon è stato un romanziere francese di origine belga. La sua vastissima produzione (circa 500 romanzi) occupa un posto di primo piano nella narrativa europea, confermando il ruolo di Simenon, uno scrittore destinato a incidere sul suo tempo, a suggestionare molti altri autori, ad appassionare milioni di lettori.Grande importanza ha poi all'interno del genere poliziesco, grazie soprattutto al celebre personaggio del commissario Maigret. La tiratura complessiva delle sue opere, tradotte in oltre cinquanta lingue e pubblicate in più di quaranta paesi, supera i settecento milioni di copie. Secondo l'Index Translationum, un database curato dall'UNESCO, Georges Simenon è il quindicesimo autore più tradotto di sempre. Grande lettore fin da ragazzo in particolare di Dumas, Dickens, Balzac, Stendhal, Conrad e Stevenson, e dei classici. Nel 1919 entra come cronista alla «Gazette de Liège», dove rimane per oltre tre anni firmando con lo pseudonimo di Georges Sim. Contemporaneamente collabora con altre riviste e all'età di diciotto anni pubblica il suo primo romanzo. Dopo la morte del padre, nel 1922, si trasferisce a Parigi dove inizia a scrivere utilizzando vari pseudonimi; già nel 1923 collabora con una serie di riviste pubblicando racconti settimanali: la sua produzione è notevole e nell'arco di 3 anni scrive oltre 750 racconti. Intraprende poi la strada del romanzo popolare e tra il 1925 e il 1930 pubblica oltre 170 romanzi sotto vari pseudonimi e con vari editori: anni di apprendistato prima di dedicarsi a una letteratura di maggior impegno. Nel 1929, in una serie di novelle scritte per la rivista «Détective», appare per la prima volta il personaggio del Commissario Maigret. Nel 1931, si avvicina al mondo del cinema: Jean Renoir e Jean Tarride producono i primi due film tratti da sue opere. Con la prima moglie Régine Renchon, intraprende lunghi viaggi per tutti gli anni trenta. Nel 1939 nasce il primo figlio, Marc. Nel 1940 si trasferisce a Fontenay-le-Comte in Vandea: durante la guerra si occupa dell'assistenza dei rifugiati belgi e intrattiene una lunga corrispondenza con André Gide. A causa di un'errata diagnosi medica, Simenon si convince di essere gravemente malato e scrive, come testamento, le sue memorie, dedicate al figlio Marc e raccolte nel romanzo autobiografico Pedigree. Accuse di collaborazionismo, poi rivelatesi infondate, lo inducono a trasferirsi negli Stati Uniti, dove conosce Denyse Ouimet che diventerà sua seconda moglie e madre di suoi tre figli. Torna in Europa negli anni Cinquanta, prima in Costa azzurra e poi in Svizzera, a Epalinges nei dintorni di Losanna. Nel 1960 presiede la giuria della tredicesima edizione del festival di Cannes: viene assegnata la Palma d'oro a La dolce vita di Federico Fellini con cui avrà una lunga e duratura amicizia. Dopo pochi anni Simenon si separa da Denyse Ouimet. Nel 1972 lo scrittore annuncia che non avrebbe mai più scritto, e infatti inizia l'epoca dei dettati: Simenon registra su nastri magnetici le parole che aveva deciso di non scrivere più. Nel 1978 la figlia Marie-Jo muore suicida. Nel 1980 Simenon rompe la promessa fatta otto anni prima e scrive di suo pugno il romanzo autobiografico Memorie intime, dedicato alla figlia. Georges Simenon muore a Losanna per un tumore al cervello nel 1989.Le opere:"Spesso i romanzi di Simenon si discostano dagli schemi dell’inchiesta per tracciare suggestivi ritratti psicologici e per evocare con efficacia l’atmosfera grigia e stagnante della provincia francese. Fra i temi ricorrenti, che danno una singolare unità a una produzione sterminata, il maggiore è quello della solitudine, che si accompagna a quello della suprema stanchezza di fronte al male e alla sconfitta" (Garzantina della Letteratura, 2007). Ricordiamo Il caso Saint-Fiacre (Adelphi, 1996), Il testamento Donadieu (Adelphi 1988), Una confidenza di Maigret (Mondadori, 1982), Maigret e il signor Charles (Mondadori, 1994),  La balera da due soldi (Adelphi, 1995), Le signorine di Concarneau (Adelphi, 2013), Faubourg (Adelphi, 2013), L'angioletto (Adelphi, 2013), I fratelli Rico (Adelphi, 2014), I clienti di Avrenos (Adelphi, 2014), Il grande male (Adelphi, 2015), Cargo (Adelphi, 2017).«Il più grande romanziere di tutti, il più vero romanziere che abbiamo in letteratura.» - André Gide

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