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Dilaga ovunque di Vanni Santoni

Quanto bisogna risalire nel tempo per raccontare la nascita dei graffiti?

È per rispondere a questa domanda primordiale che risaliamo le pagine di Dilaga ovunque, libro di Vanni Santoni uscito nella collana “Solaris” e edito da Laterza, per scoprire l’origine e le plurime manifestazioni di un fenomeno singolare come quello della street art, dilagato ovunque. Bomboletta spray alla mano e cappuccio della felpa tirato su, entriamo fin da subito nel vivo, con l’adrenalina che ci scorre nelle vene, mentre scavalchiamo una rete con su il cartello PROHIBIT EL PAS (VIETATO L’INGRESSO). Perché, come veniamo informati alla svelta e senza fronzoli, siamo a Barcellona, è notte fonda e stiamo per entrare in un deposito di treni extraurbani.

La voce narrante sembra darci del tu mentre dipinge con veloci pennellate la scena in cui ci ritroviamo catapultati, ma in realtà, come scopriamo di lì a poco, è il narratore - qui narratrice e protagonista - a essere l’interlocutrice di sé stessa, in un avvincente monologo dai tratti dialogici. Il fiato è sospeso, il ritmo serrato, comincia così dall’interno il nostro viaggio nel mondo dei graffiti e dei graffitari, che si muoverà su due binari paralleli.

Dilaga ovunque
Dilaga ovunque Di Vanni Santoni;

Quanto bisogna risalire nel tempo per raccontare la nascita dei graffiti? Di certo è a partire dai primi anni ’70 del secolo scorso, tra i ragazzini dei quartieri poveri che iniziano a taggare le strade di Philadelphia e New York, che il fenomeno prende piede, esplode e dilaga in tutto il mondo.

Il primo è quello su cui (in)seguiamo le vicende della protagonista che rievoca tra sé e noi la nascita della sua personale passione per questo mondo, il suo ingresso nella scena della street art bolognese e la sua exit fino all’invito che riceve a raccogliere in un libro le sue riflessioni sulla storia dell’arte di strada, dal suo particolare punto di vista di outsider, in quanto artista “che aveva incrociato più scene e conservato uno sguardo obliquo”. Mentre ripercorre dunque la propria storia e le particolari vicende che l’hanno condotta fino a quella notte barcellonese a inizio capitolo, Cristiana preme contemporaneamente il tasto rewind della storia della street art fino a oggi.

I due piani, quello più personale e narrativo e quello più universale e metanarrativo intrecciano inevitabilmente le proprie fila, che si dipanano, dilagano, in molteplici direzioni, non perdendo mai di vista però l’interrogativo da cui prendono avvio: qual è l’esigenza in cui affonda le radici il mondo affascinante e a tratti pericoloso della street art, quali le forme che assume e infine di quale messaggio si fa portavoce.

Un messaggio sicuramente legato a doppio filo al concetto di libertà, in particolar modo della libertà di espressione, come ribellione proprio alle logiche di un potere che è espressione di pochi e che spesso impone il silenzio. È il tabù che crea il totem.

(…) il gusto di infrangere limiti e tabù, certo, e quello di rispondere all’attacco segnico, alle squadre di esperti di marketing che ogni giorno attaccano i cervelli dai cartelloni e dalle vetrine, ma anche e soprattutto quello di sabotare l’ordine dei segni della città, diventare col tuo segno la città stessa

Quello che emerge dalle riflessioni, gli aneddoti e i dialoghi riportati e collezionati dalla narratrice nelle pagine destinate al libro che dovrà scrivere (e di cui noi lettori ci troviamo a sbirciare in anteprima gli appunti sparsi e provvisori) è che una volta sbocciati, i graffiti si impongono dunque nello spazio della città normalmente soggetta a quelle espressioni del potere che per definizione e natura mirano a essere comprensibili da tutti, rivendicando invece lo spazio di espressione del singolo, quasi come un segno di resistenza individuale contro l’egemonia della pubblicità.

E se i graffiti apparivano anche sui muri, quei treni rappresentavano qualcosa in più: la rottura, anzi lo squassamento, delle barriere e delle distanze sociali coagulatesi in barriere urbanistiche – quartieri alti e quartieri bassi, ghetti e “downtown”. Quei treni portavano i loro nomi ovunque, rimarcavano con forza delle esistenze e la loro indiscutibile espressione

Facendo dunque uno zoom out sulla storia dell’arte di strada, è interessante osservare come da questa precisa urgenza del singolo sia scaturito un big bang di stili e tecniche – lo stencil, ad esempio, è diventato oggi simbolo della street art nella cultura di massa, “grazie a quel Banksy che piace anche alla nonna” – e che questo fenomeno abbia iniziato molto, molto tempo fa una propria evoluzione, viaggiando in parallelo a quella dell’uomo e rispecchiandone lo zeitgeist. Più esattamente, dalle grotte di Lascaux, dove i graffiti avevano la funzione di rituale proto-religioso di propiziare la caccia, fino ai giorni nostri…

Prima evocavi l’animale, oggi evochi… Cosa evochi? Tante cose. Forse, prima di tutto una identità individuale

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Dal 2004 porta avanti una intensa attività come scrittore e giornalista fino a che, nel 2006, vince il concorso "Scrittomisto" della editrice RGB ed esordisce con la prima versione del libro Personaggi precari.Nel 2007 fonda il progetto SIC, Scrittura Industriale Collettiva che lo porterà a pubblicare, nel 2013, il romanzo storico In territorio nemico (Minimum Fax). Nel 2008 pubblica Gli interessi in comune (Feltrinelli) e nel 2011 Se fossi fuoco arderei Firenze (Laterza). Sempre nel 2011 esce L'ascensione di Roberto Baggio (Mattioli 1885), scritto a quattro mani col drammaturgo Matteo Salimbeni e nel 2012 pubblica il romanzo breve Tutti i ragni (:duepunti).Nel 2013, dopo aver pubblicato la versione definitiva di Personaggi precari (Voland), si cimenta nella scrittura di Terra ignota, suo primo romanzo fantasy.Nel 2015 è la volta di Le figlie del rito, secondo volume della trilogia, che esce per Mondadori. Tra gli altri suoi libri si ricordano: La stanza profonda (Laterza  2017), L'impero del sogno (Mondadori 2017) e I fratelli Michelangelo (Mondadori 2019). Firma i testi fantastici aggiungendo al suo nome la sigla HG - Humanis generis, come da titolo di un romanzo di Guido Morselli - per sottolineare che si tratta di un percorso parallelo e diverso da quello degli altri suoi romanzi.Santoni scrive sulle pagine culturali del «Corriere della Sera» e sul dorso toscano dello stesso giornale. Ha pubblicato racconti, saggi e reportage su «Internazionale», «Linus», «il manifesto», «Mucchio Selvaggio», «Vice», «Orwell», «Le parole e le cose», «Nazione Indiana», «Carmilla», «Nuovi Argomenti», «Alfabeta2», «minima&moralia», «Rolling Stone», «pagina99» e in varie raccolte.

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