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Vite mie di Yari Selvetella

Scrivere la recensione di Vite mie di Yari Selvetella (Mondadori) non è stato facile ed il motivo è presto detto: durante e appena terminata la lettura, nella mia testa si sono sviluppati talmente tanti spunti di riflessione, nati dalle emozioni provate leggendo pagina dopo pagina la storia del  protagonista, Claudio Prizio, che sapevo già sarebbe stato complicato raccontarli tutti. 

Inizierò dal più evidente, ovvero il titolo che è declinato al plurale, quando invece la trama si sviluppa intorno alla vita (singolare) di Claudio Prizio, appunto. Quindi perché "Vite mie"? Quante vite ci sono in una sola?

Vite mie
Vite mie Di Yari Selvetella;

Amare non è sufficiente, bisogna sapere come si fa. Talvolta una vita non basta a impararlo per bene, oppure l'abilità coltivata negli anni si dissolve misteriosamente e non rimane altro che un senso di inadeguatezza e di nostalgia.

Bramo il silenzio che piombera' sulla casa, fingo di credere che allora saranno svanite l'ansia e la confusione, ma devo ammettere che ne vorrò ancora....Non so vivere in un altro modo, non più, non so vivere se non caricando le mio giornate di trabocchetti, di scadenze e aspettative, dalla famiglia al lavoro, perfino i passatempi li vivo così

Claudio ha una compagna, Agata, e da questa unione è nata Micol. Ma la famiglia non finisce qui: c'è Nicola, detto Nico, concepito in un precedente rapporto con una donna, chiamata solamente G.

Nico vive con loro perché purtroppo G., dopo una breve e straziante malattia, è morta. E questa tragedia ha generato un ulteriore problema. Claudio, infetti si è fatto carico anche degli altri figli di G. avuti da due precedenti rapporti (fra l'altro anche uno dei due padri è morto nello stesso modo e periodo di G.), Carlo e Tiziano.

Ora vivono tutti insieme appassionatamente nella stessa casa e questa famiglia allargata, con tutto il suo bagaglio di esperienze, non può essere rappresentata solo da una vita, ma dalle tante che in questo universo si intersecano.

Qui si innesca il secondo elemento di riflessione, cioè lo scorrere del tempo, inteso come quotidianità.

La mia vera battaglia, così antica e velletaria, è sempre la stessa, è la sfida al tempo, però mi interessa solo se ci riguarda tutti. Noi siamo personaggi, se voglio che il mio giochino funzioni, devo trattarci così. Ma non basterà scrivere

Questo il cuore pulsante del romanzo, e probabilmente se vorrete (come spero vivamente) leggere questo libro, ognuno potrà trovare un suo significato nel veder descritti tanti piccoli particolari familiari e di vita comune che, come pezzi di un puzzle, costituiscono un disegno unico più grande.

L'incipit da cui parte tutto è la frase "Non so più amare", che sembra indirizzarci in maniera drastica nel labirinto della storia. Ma in seguito il nostro protagonista ci spiegherà che "non amare più" non è inteso in senso assoluto: scopriremo dalle situazioni quotidiane che riguardano i componenti della sua complessa ma splendida famiglia quanto egli ami in maniera profonda tutti i suoi "famigliari", solo che non è in grado di sentirlo

Penso che il tema fondamentale si sviluppi proprio così: nell'infinita trama dei rapporti personali che viviamo tutti i giorni bisogna conservare sempre un’assoluta umanità e vitalità, in modo da realizzare la propria identità anche attraverso l'immagine interna che gli altri percepiscono di noi, affinché lo scorrere del tempo (vera e propria ossessione di Claudio) non sia solo razionalità fine a sé stessa ma una continua ricerca per migliorare sé stessi. Questo in modo che possa provare a contrastare una certa "aridità" sociale, figlia dei tempi che stiamo vivendo.

Quindi “amare” è inteso come la capacità di mettersi in relazione con gli altri, campo in cui dobbiamo ritrovarci per provare a costruire qualcosa.

Tutto ciò viene incastonato in una cornice speciale, quella di Roma, che si rivela sotto diversi aspetti sempre unici.

Per finire mi spingo a fare un'ultima riflessione, un parallelo che ho intravisto tra quell’ "unica sigaretta" che fuma al giorno Claudio e l'ultima sigaretta (abbreviato in "U.S.") raccontata da Italo Svevo nel suo capolavoro La coscienza di Zeno.

Si tratta di due epoche differenti, ovviamente, ma il senso di inadeguatezza di Zeno Cosini e il suo superamento attraverso una presa di coscienza dei propri limiti ha qualche eco nella storia di Claudio Prizio. 

Comunque, senza addentrarsi troppo nei paragoni, il romanzo di Selvetella è un libro profondissimo, scritto in modo essenziale ma pieno di sensibilità, riguarda tutti noi e ci costringe a guardarci dentro.

Prima che io fossi uno dei protagonisti di questa disposizione di persone e cose, c'era un'altro nel mio stesso ruolo, a imprecare al volante, a comprare lo sciroppo per la tosse, a godersi i primi passi di un figlio; come me, prima di me, nella stessa casa. E prima ancora ce n'era un altro

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Yari Selvetella (1976) è un giornalista e scrittore romano. Collabora con vari programmi della Rai. È un esperto di storia della criminalità romana, un tema su cui lavora da molti anni attraverso articoli e libri, tra cui il bestseller Roma criminale (scritto con Cristiano Armati, Newton Compton 2005). Tra gli altri suoi libri ricordiamo Banditi, criminali e fuorilegge di Roma. Storie di assassini, rapinatori e ribelli nella città eterna (Newton Compton 2010), Roma. L'impero del crimine. I padroni e i misfatti della capitale (Newton Compton 2011), La maschera dei gladiatori (Carta Canta 2014), La banda Tevere (Mondadori 2015), Rino Gaetano. Il figlio unico della canzone italiana (Bizzarro Books 2017), Le stanze dell'addio (Bompiani 2018).

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