Scelti per voi

Fascismo e storia d'Italia di Fondazione Feltrinelli

La differenza tra fascista e delinquente sta in questo, che mentre il delinquente è isolato e solitario, il fascista è un delinquente collettivo e ‘sociale’. Il fascista isolato perde la sua forza di delinquente e diventa un uomo innocuo – un uomo qualunque

Alberto Savinio

In uno dei saggi contenuti in questo 56° Annale, Francesco Filippi scrive, in una sorta di esergo preso a prestito da Berger e Luckmann: «Esiste la realtà, e poi esiste il racconto della realtà». Mi permetto, a mia volta, per quello che si scriverà qui, di parafrasare in questo modo: esiste il fascismo, e poi esiste il racconto del fascismo. E credo che il senso di intitolare la miscellanea di saggi del 2022 al Fascismo e storia d’Italia stia proprio nel tentativo, magistrale e preciso, di ricollocare al posto giusto il dibattito su un argomento tanto complesso quanto colpevolmente nebuloso. Un riposizionamento necessario, come scrive Giovanni De Luna nell’introduzione, per quella «urgenza civile che coinvolgeva direttamente noi storici», ma anche perché una conoscenza sommaria e raffazzonata del fascismo porta a un’instabilità insormontabile: «da un lato, c’è sempre stato il timore di non riconoscere per tempo una malattia che sarebbe stata mortale per la nostra democrazia, dall’altro, quello di lanciare l’ennesimo allarme sbagliato e di ritrovarsi inermi quando e se il lupo fosse arrivato davvero».

Riconoscerlo, parlarne adeguatamente, scansare le facili fascinazioni: l'Annale della Fondazione Feltrinelli ha questi, come obiettivi. In tempi che a molti sembrano assurdi come sono i nostri, conoscere il fascismo per ciò che è stato nel suo contesto storico e spaziale è un’emergenza che assume contorni quasi etici. Non foss’altro che per correggere una Giorgia Meloni che, «incalzata sui temi del suo rapporto con il fascismo dal giornalista di “El País” Daniel Verdú, che insiste sui legami tra fascismo e postfascismo, sbotta dicendo che in ogni caso fino al 1945 l’Italia era “tutta fascista”», gettando all’aria tre quarti di secolo di storiografia. 

Fascismo e storia d'Italia. A un secolo dalla Marcia su Roma. Temi, narrazioni, fonti

I saggi contenuti in quest'Annale hanno l'obiettivo, complesso e ambizioso, di collocare nel giusto spazio il dibattito sul fascismo, creando un dialogo tra storia e presente. Il risultato è una miscellanea che restituisce una fotografia estremamente dettagliata dell'Italia del ventennio, delle sue contraddizioni e della sua società.

La violenza come norma etica che ha una funzione pragmatica, prima di tutto, indica la solidità del gruppo. Fare violenza non è una parte del programma politico, ma è un codice per riconoscersi

David Bidussa

Cominciamo da dove cominciano i saggi, ovvero dal saggio di David Bidussa e dalla domanda spaventosa che – ora so, ingenuamente – ci poniamo: ma il fascismo può tornare? Non crediate che ci sia una risposta, ma delle coordinate possiamo trovarle. Un primo abbozzo è che no, il fascismo non può tornare così com’è esistito, perché, a differenza di ora, la violenza vi era talmente connaturata da essere imprescindibile. Una violenza totalizzante, talvolta grossolana, ma senz’altro temuta, che si esprimeva anche in qualcosa di inaspettato come la risata. È Valentina Pisanty a scrivere un pezzo di grande impatto sull’uso della risata fascista per legittimare il partito e delegittimare l'avversario: il senso dell’umorismo degli squadristi e dei simpatizzanti passava anche per l’olio di ricino, dal vedere il nemico imbrattato e svergognato davanti all’opinione pubblica. Talmente svilito e deriso da rendere imbarazzante e vergognosa la sua stessa vicinanza.

L’esplosione comica doveva serrare i ranghi, ristabilire l’ordine, confermare gli stereotipi, produrre certezze, e sconsigliare qualsiasi deviazione dallo standard socialmente accettato

Valentina Pisanty

Anche se, con Mussolini intorno, c’era ben poco da ridere. «Mussolini non è uomo di humour», e anzi ogni sua posa, ogni sua parola e ogni sua azione sono a tal punto studiate da essere inattaccabili, impossibili da deridere. A questo scopo, il fascismo e, in particolare, il duce asservivano la stampa e i nuovi media: la narrazione doveva essere impeccabile e controllata, l’immagine un simbolo e la retorica un dogma.

Il fascismo, fin dalle origini, appare come una esperienza politica di alta qualità mitodinamica: è dotato di una forte ritualità simbolica rivolta prima a un gruppo elitario e poi alle masse e mima la dimensione religiosa

Enrico Manera

Fascismo e storia d’Italia è diviso in tre sezioni, Temi, Narrazioni e Fonti. In ognuna di queste si scopre un pezzo della storia più oscura del nostro paese, inserita però nel giusto tempo e nel giusto spazio. Non mi si fraintenda: non manca il dialogo con il presente, tutt’altro. Quest'Annale serve al presente, gli è indispensabile. Lo è esplicitamente in saggi come quello di Carlo Greppi, che tratta del fascismo in rete; lo è perché oggi urge una comprensione completa e competente di ciò che è stato, finalmente; e, infine, lo è perché in ognuna delle oltre cinquecento pagine che lo compongono si impara a smentire tutte quelle benedette cose buone che si dice abbia fatto Mussolini.  

Le recensioni della settimana

La posta della redazione

La posta della redazione

Hai domande, dubbi, proposte? Vuoi uno spiegone?
Scrivi alla redazione!

Chiudi

Per poter aggiungere un prodotto al carrello devi essere loggato con un profilo Feltrinelli.

Chiudi

Per poter aggiungere un prodotto alla lista dei desideri devi essere loggato con un profilo Feltrinelli.

Chiudi

Il Prodotto è stato aggiunto al carrello correttamente

Chiudi

Il Prodotto è stato aggiunto alla WishList correttamente