Ero in turno un pomeriggio di qualche settimana fa quando mi capita tra le mani questo libro novità da dover sistemare: Ho paura che ti interessi il mio dolore di Stephanie Lacava, edito da E/O.
Le cose accadono sempre per un motivo, io ne sono certa. Questo titolo così potente da spaventare mi è saltato agli occhi imponendomi di fermarmi per scoprire l’argomento trattato.
Neanche duecento pagine, non ne servono di più a Stephanie LaCava per esprimere un concetto incredibilmente semplice sebbene complesso: non si può scappare dal dolore, esso ti raggiunge ovunque tu vada.
In un romanzo audace e ipnotico, Stephanie LaCava esplora le traiettorie di abuso e desiderio, trauma e redenzione, sguardo e celebrità. Con una scrittura chirurgica, asciutta e poetica al tempo stesso, racconta una storia di corpi e famiglie, e della battaglia di una giovane donna per affrancarsi dalle costrizioni di entrambi, annunciandosi fin dalle prime pagine come una delle voci più intense degli ultimi anni.
Lo sa bene Margot, figlia di due celebrità e attrice in erba che scappa da un amore tormentato con un regista manipolatore e da una famiglia presente a metà. Margot è un personaggio complicato: potrebbe infatti non piacere, proprio come talvolta non ci piacciono le persone che conosciamo. Ed è proprio per questo che penso che l’autrice abbia fatto centro. Riuscire a creare un personaggio, talvolta disturbante, che è una persona in carne ed ossa, con i suoi limiti, i suoi difetti e le sue contraddizioni.
Margot sono io, sei tu, Margot è una donna la cui vita è segnata dal dolore come un concetto legato ai ricordi.
Sapevi che il dolore inflitto intenzionalmente fa più male?’ ‘E come fai a saperlo?’ ‘E’ stato studiato. Se mi vedi allungare la gamba per farti inciampare, quando cadi proverai un dolore più intenso…
Un proverbio dice che “i libri sono maestri silenziosi”, ed è proprio così. Non tutti sanno che infliggere dolore intenzionalmente possa fare più male (almeno io non lo sapevo) e questa consapevolezza è stata un’acquisizione di sapere importante, che ritengo valga la pena di essere trasmessa agli altri.
Margot decide di lasciare la sempre viva New York per rifugiarsi a casa di un’amica in Montana, da sola. Lì vuole ricostruire sé stessa, lontano da tutto e tutti.
Ma il destino, il fato, il karma o comunque qualcosa che lei non può controllare, ha deciso che la sua vita debba essere una continua montagna russa. In Montana, Margot incontra un uomo, un chirurgo dal passato oscuro di cui si innamora (ricambiata?) ma che le svelerà attraverso pratiche opinabili che fin da bambina lei è affetta da un disturbo molto grave: l’analgesia congenita, ovvero l’incapacità di sentire il dolore fisico.
Non è un libro semplice ma è un libro contemporaneo, specchio della società in cui viviamo. Racconta l’amore tossico, racconta di uomini bravi a manipolare attraverso frasi, gesti, comportamenti.
Margot è vittima del suo passato e per questo investe in rapporti con uomini che non fanno che abusare della sua mente, che la confondono, che non le permettono di trovare la sua identità perché il loro volere è più forte del suo. In cerca di qualcuno che la protegga, incontra invece persone che le tendono la mano, per poi renderla sempre più debole.
Riconoscere questi comportamenti è il primo passo per liberarsi, Margot lo capirà.
Ci vuole tempo per infiltrarsi nell’esistenza di un’altra persona, dirottare l’intimità
Neanche duecento pagine per raccontare tutte le forme del dolore, per attraversarlo, accettarlo e lasciarlo andare. Neanche duecento pagine, ma che sono abbastanza per assumere la consapevolezza che dal dolore si può uscire: l'importante è imparare a volersi bene.
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