I dettagli di Ia Genberg, tradotto dalla penna magistrale di Alessandra Scali, esce per la prima volta in Italia con Iperborea, ed è stato caso letterario nel mondo nordico, vincitore del Premio August 2022, con più di centomila copie vendute soltanto in Svezia.
Una donna senza nome, sulla cinquantina, è a letto in preda alla febbre. Sulla soglia del delirio, le tornano alla mente frammenti e dettagli di quattro persone che hanno segnato la sua vita.
La storia, narrata in prima persona, inizia con la protagonista che, costretta a stare a riposo su un letto d’ospedale a causa di una febbre intensa, si ritrova a pensare agli amori vissuti. Nella nostra esistenza ne affrontiamo più di uno, con intensità e impegno diversi, ma non per incasellarli in una blanda lista, quanto perché ogni amore è cosa viva e occorre trattarlo come un’anima a sé, generata dall’unione di due persone che a un certo punto s’incontrano e provano a tessere qualcosa.
Ed è grazie alla letteratura, il veicolo con cui gli amori parlano, che la protagonista ritorna a Johanna. La dedica sul frontespizio di Trilogia di New York di Paul Auster è il pretesto per ripercorrere i giorni con lei, ora donna in carriera e star della radio. Un amore unico nel suo genere, già forse troppo maturo per i tempi, fatto di comprensione, ma soprattutto di dialoghi, di interscambio continuo, che non si interrompe neanche quando i corpi sono distanti. Eppure, i discorsi non sono sufficienti quando due individui non sono allineati, Johanna termina le cose per «affrontare il futuro senza pesi sulle spalle», mentre l’altra lascia le cose a metà, con l’intento di fare, ma poca risolutezza nell’agire, a cominciare dalla pila di libri sul comodino non terminata e alla scrittura abbandonata in un giorno in cui tagliava le cipolle, un influsso simile a quello di Carver, quando in una lavanderia a gettoni, capì di non poter essere uno scrittore. Una relazione in cui l’insufficienza del sé emerge con prepotenza, tanto da porre la materialità come una validazione.
I regali che le facevo, il gesto stesso di darglieli, mi lasciavano un senso di inadeguatezza, perché quanto costavano me lo ricordavo sempre, era più forte di me, e ricordavo anche quanto fossero pochi in proporzione ai suoi
L’amore può assumere varie forme, Gendberg lo sa e sceglie di narrare l’amicizia infuocata con Niki, il cui dialogo prova a insinuarsi come centro di tutto, ma non basta per placare i suoi animi: Niki non concede sfumature, o è bianco o è nero, e l’amore, così come l’odio, divengono sentimenti totalizzanti.
Quel suo odio non era un sentimento distratto, non era il rigurgito di un’adolescenza ribelle, ma un fuoco che ardeva giorno e notte
Nella vita sarà capitato a ognuno di noi di fare esperienza di un’amicizia o di un amore simile, che non accetta compromessi e spesso è coltello e ferita assieme. Un sentimento che ci lega all’altro per attrazione, desiderio di immergerci in una relazione conflittuale, non tanto per scoprire come andrà a finire – perché la fine sta proprio nell’incontro –, quanto per sentire, provare qualcosa che sia fuori dall’ordinario. Un’amicizia che non promette longevità, ma schiettezza, soprattutto nel dialogo e nelle consuetudini, dove l’importanza dell’adesso ammorbidisce il resto e l’amore sacrale per i libri permane come unico scoglio. Libri che non sentono di comprare, quanto di prendere in libreria come un usufrutto: «anche dopo averli recuperati, o dopo averli letti o iniziati o anche solo messi da parte per leggerli più avanti, non li consideravamo mai del tutto nostri».
Il terzo capitolo è dedicato ad Alejandro, il terzo amore, che solitamente si pensa sia quello definitivo, l’anima gemella per eccellenza. Un amore che esplode subito, dove uno sguardo è sufficiente, ci si riconosce chimicamente, ci si annusa, le ferite sono simili, combaciano, è come se gli atomi del nostro corpo s’incastrassero perfettamente con quelli dell’altro. È il grande per sempre dove spesso la paura fa da motrice, le incomprensioni diventano muri d’acqua alti metri, e i non detti tracciano confini inviolabili. Amori destinati a finire, ma non perché incompleti o addirittura sbagliati, quanto succubi di un destino che li ha fatti sbocciare prima del loro tempo.
Era finita senza che avessimo bisogno di dircelo, senza il bisogno di addentrarci nella semantica del “insieme” e “separati”, senza che io dovessi chiedergli quando sarebbe tornato e poi sentirmi a disagio per la mia insistenza, senza che lui si sentisse costretto a dare una risposta evasiva o a infrangere una promessa
L’amore più grande resta comunque per Birgitte, un soggetto anonimo, che la voce narrante tratteggia come una persona che «non avrebbe mai alzato la voce per dire la sua, o mettersi contro qualcuno». L’amore della vita di ognuno di noi, che mi ha rubato qualche lacrima. Birgitte mantiene una lucidità lapalissiana, come è l’amore che lega le due, talmente cristallino che lascio a voi lettori la gioia di scoprire ciò che conta davvero: «i dettagli, la densità, il come e il cosa e tutto ciò che riguarda il chi». Io, nel frattempo, aspetto altre opere di quest’immensa autrice.
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