«Come mai sei nudo?»
Mi guarda dalla testa ai piedi e dice: «E tu? Come mai sei vestito?»
«Be’, da dove vengo io, usa così.»
«Da dove vengo io, i fantasmi si vestono nudi»
Un grande libro che oltre alla magistrale commistione di generi narrativi e all’utilizzo di un’ambientazione storica vivace, è in grado di tratteggiare, nascosto fra le righe, l’autore. Nudo, come i suoi fantasmi.
Nel suo nuovo romanzo, Loriano Macchiavelli riporta in vita la grande tradizione letteraria del romanzo di fantasmi con un originale taglio storico e un sottile intreccio giallo, tessendo una trama delicata e appassionante, ricca di suspense, atmosfera e magia.
Il libro di Loriano Macchiavelli si apre con una premessa: ciò che si sta per leggere è un romanzo apocrita. Con questo neologismo, l’autore da una parte promette di essere sincero, non-ipocrita (c’è l’alfa privativo); dall’altra, vuole sottolineare la qualità del suo testo, vicino a quella letteratura «alta» che tutti credono di conoscere e amare.
I fantasmi vestono nudi (Solferino) è la storia di un ragazzo, Claudio Santonastasii detto Santo, che sta attraversando gli ultimi anni dell’adolescenza. Figlio di partigiano e appassionato di bicicletta, Santo è un ragazzo irrequieto: percorre incessantemente la salita che porta a San Luca, vive una lotta continua fra il sogno di diventare ciclista professionista e la sicurezza del lavoro in tipografia, partecipa a uno sciopero e si scontra coi celerini. Una sera, salendo il “serpentone”, alla curva delle Orfanelle incontra una ragazza, completamente nuda: il suo nome è Crisantemia ed è «una spettra». Morta dieci anni prima, non ricorda né il come né il perché: ricorda solamente che è stata una morte violenta. Questo darà il via alle indagini di Santo, il quale, innamorato, vuole riaccendere la luce sulla storia della giovane.
Riscoprendo la grande tradizione del romanzo di fantasmi e sfruttando gli spunti del giallo, Macchiavelli riporta in vita una Bologna dimenticata, quella della sua gioventù: dove sul serpentone di San Luca non si affollavano i turisti; dove i miti erano Bartali e Fausto Coppi; dove le vie, e i quartieri, avevano una storia, oltre che un nome. Una Bologna, oggi, diventata fantasma.
Se si volesse quindi riprendere la premessa iniziale, ne I fantasmi vestono nudi spicca chiaramente l’essenza del romanzo apocrita. In primo luogo perché Macchiavelli, pur raccontando di spiriti, non mente mai. La vicenda risulta infatti avvolta nell’atmosfera di un ricordo lontano, sbiadito e sorridente: in fondo, sembra trattarsi quasi di una dichiarazione d’amore a una giovinezza perduta, e a una città che non è più. Una dichiarazione che traspira delicatamente dalle pagine: sussurrata, leggera come la carezza di un nonno.
In seconda battuta, il romanzo è apocrita perché, è vero, può camminare di pari passo con una letteratura «alta», ma solo in questo senso: se lo scopo dei libri è quello di raccontare le cose del mondo in maniera diversa e originale, l’autore qui scrive con una schiettezza nuova, tutta sua. Un tentativo (forse inutile, ma riuscito) «di uscire dal linguaggio letterario imperante, divenuto obsoleto e quindi banale e quindi innocuo».
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