I dieci minuti tra le 14:43 e le 14:53 del primo agosto 2021 sono ormai noti come “i più belli nella storia dello sport italiano”.
Due ori da favola nei cento metri e nel salto in alto grazie a Marcell Jacobs e Gianmarco Tamberi. Entrambi ragazzi con una bellissima storia alle spalle: emblematico il gesso che cinque anni fa ha impedito a Tamberi di essere a Rio, e che il saltatore ha portato con sé persino in pedana prima dell’ultimo salto.
Due storie magiche, di quelle che ti lasciano con la convinzione che il mondo sia un posto meraviglioso. Ma, si sa, non c’è due senza tre. E infatti in quei dieci minuti d’oro appare un terzo protagonista e una terza storia da ricordare.
Paradossalmente una storia evocata nel tentativo di allontanarla, in un modo che rende il suo protagonista un’ombra alle spalle dell’abbraccio di Jacobs e Tamberi.
A evocarla è Franco Bragagna, il commentatore delle imprese azzurre, che, ricordando l’ultima medaglia dell’atletica italiana nel 2008, non cita l’atleta che l’ha conquistata, con le parole: “Il nome non mi piace ricordarlo. Perché poi ha avuto un percorso scosceso.”
Perché distruggere uno degli atleti più promettenti che l'Italia abbia avuto negli ultimi anni e il suo eccellente allenatore? Lo si scopre leggendo questo libro importantissimo che affonda il colpo nel sistema sportivo internazionale e, come scrive Attilio Bolzoni nella Prefazione, "è saggio, è narrazione, è atto di accusa ma soprattutto è l'eredità preziosa che ci lascia uno dei grandi personaggi dello Sport contemporaneo."
Questa terza storia la racconta Alessandro Donati, l’ex allenatore della Nazionale italiana di atletica leggera, esonerato per aver smascherato in mondovisione una frode a favore di un suo atleta durante i Campionati del Mondo di Roma 1987 (sì, a favore del suo atleta), e poi diventato simbolo nella lotta contro il doping.
La racconta in un libro che si intitola I signori del doping, il sistema sportivo corrotto contro Alex Schwazer.
Ecco il terzo personaggio. È proprio Alex Schwazer, il campione olimpico dei 50 chilometri di marcia a Pechino 2008, l’ombra evocata da Franco Bragagna.
Il “percorso scosceso” è quello che lo porta alla squalifica per doping alla vigilia di Londra 2012. Una macchia indelebile che gli costa lo stigma del panorama sportivo italiano e non solo.
Ma il libro di Donati non racconta questo; racconta la risalita. Quella che per Gianmarco Tamberi è iniziata in ospedale facendosi scrivere sul gesso “Road to Tokyo 2020” e che per Schwazer è iniziata scrivendo ad Alessandro Donati:
“Buonasera professore, oggi con i giornalisti si è parlato di un mio ritorno alle gare. Vorrei fare una cosa mai vista prima a livello di antidoping. E la prima persona che mi viene in mente è lei.”
Donati diventa l’allenatore di Alex Schwazer e questo sembra l’inizio di una meravigliosa storia di redenzione. Ma non sarà così. Una provetta di Alex risulta positiva al testosterone. C’è l’aggravante della recidiva: otto anni di squalifica.
È poi del 18 febbraio 2021 l’ordinanza del giudice Walter Pelino del tribunale di Bolzano in cui Alex viene giudicato innocente per non aver commesso il fatto. Nella stessa ordinanza emergono le colpe del “sistema sportivo corrotto” di cui Donati parla. Nonostante ciò la giustizia sportiva rifiuta di annullare la squalifica.
Risulta alquanto limitante, perciò, definire il percorso di Schwarzer come “scosceso”. A Rio come a Tokyo poteva regalare all’Italia altre quattro medaglie (magari anche del metallo più prezioso). Invece è stato allontanato, anche quando la sua innocenza era acclarata. In quei dieci fatidici minuti, con l’Italia sul tetto del mondo dell’atletica, si poteva ricordare questa ingiustizia, e invece il nome di Alex è stato cancellato dal commentatore televisivo della sua stessa nazione.
I signori del doping è un libro che ti lascia furioso. Perché l’oppressione dei cattivi della storia è così meschina e la vittoria finale sarebbe talmente liberatoria da rendere insopportabile che il lieto fine non arrivi.
Però per me rimane una storia magica narrata con magiche parole perché ha il coraggio di rendere lampante quello che tutti cercano di nascondere o di non vedere.
Ciò che è stato fatto ad Alex e a me non riguarda più soltanto noi. Tutti dovrebbero riflettere su un meccanismo antidoping che non fornisce all’atleta alcuna garanzia nel caso in cui un qualsiasi malintenzionato nascosto tra le pieghe del sistema metta in atto una manipolazione. Il caso Schwazer ha dimostrato che l’atleta scelto come bersaglio non ha alcuna possibilità di dimostrare la propria innocenza di fronte alle istituzioni, se esse stesse sono le autrici del misfatto.
I signori del doping dipana con il rigore granitico di Alessandro Donati i motivi per cui le cose non possono rimanere come sono. Altrimenti gli sport continueranno a essere i nostri Hunger Games.
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