Cosa vi porta a scegliere un libro piuttosto che un altro?
Di sicuro la prima cosa che ci attira è il titolo. Tra i tanti che ci sono in libreria, tra le novità, noi scegliamo di prendere in mano un libro per il titolo, qualche volta anche per la copertina, ma di sicuro è il titolo del libro che cattura la nostra attenzione.
E così leggiamo la quarta di copertina e scopriamo se quel libro può essere la nostra prossima lettura.
Con il libro In una stella a me è accaduto esattamente così.
È essenzialmente la storia di una donna che dovrà imparare a fare a meno di suo marito e a ricostruirsi una vita con un bambino di due anni e uno in grembo. Per Puk Qvortrup questo è il primo libro, un romanzo ma soprattutto un racconto sulla sua vita. Sì, perché la giovane donna protagonista del libro è lei.
In questo libro leggiamo la storia di una donna che dovrà fare i conti con la propria esistenza da sola. Molto toccanti e forti le scene in cui Puk partorisce senza l’amore della sua vita accanto e la sua felicità per il suo secondogenito è soltanto a metà. Eppure mi sento di dire che quel bambino nasce “sotto una buona stella” e leggendo il libro capirete il perché.
Ci sono pagine ricche di pathos ma anche estremamente reali, che raccontano la vita nella sua verità. La protagonista si troverà da sola in piena notte a cullare il suo bimbo sentendosi disperata e senza via d’uscita. Non è facile immedesimarsi in una storia come questa. O forse sì, lo è per chi l’ha vissuta. Per chi sa come deve essere passare la notte in piedi con un bebè tra le braccia e pensare a chi doveva essere lì e non c’era.
Gridava mentre lo cullavo, passeggiando al buio. Scuotevo la testa e dicevo a me stessa: Ma è una tortura questa. Come farò a stare in piedi domani? Cosa posso fare?
In questo libro, il marito Lasse, benché punto focale della storia, non è centrale. Lo è la presa di coscienza, la realtà di una donna che comprende, col passare del tempo, che lei è viva e nonostante il dolore che non la lascia mai, lei vuole continuare ad esserlo.
Così il rituale del mascara da mettere tutte le mattine per accompagnare il bimbo a scuola è una sorta di regalo che fa a sé stessa.
Questo libro di duecento pagine è davvero potente. I capitoli sono brevi ma riescono a raccontare perfettamente con le giuste parole qual è l’intento di Puk Qvortrup: raccontare la sua storia.
Ho amato molto i suoi periodi estemporanei lasciati in una pagina del tutto bianca. Così forte è l’impatto emotivo alla lettura di una frase, come questa di seguito, che lascia libero il lettore di interpretare secondo le sue sensazioni:
Mio marito, mai più
E poi Puk cambia vita, lascia Lasse in un angolo bellissimo della sua mente e del cuore. Ma è lì che deve restare per permetterle di ricominciare.
Cosa mi lascia questo libro? Mi lascia la sensazione che non si è soli ad affrontare brutture e dolori. La vita riserva delle sorprese, talvolta difficili da capire. Puk era felice mentre preparava i dolci un attimo prima anche se un attimo dopo era tutto finito. Capita quando si scopre qualcosa che non si è pronti a sapere.
E poi?
Mi ha lasciato la curiosità di sapere come è andata la vita di Puk. Ed ho potuto scoprirlo! Così ho saputo che Puk ha un marito italiano che ha aspettato di leggere il suo libro proprio in italiano, quindi nell’edizione Marsilio. Ho potuto dare un volto a lei e ai suoi figli.
Ho capito che per lei e per i suoi bambini c’è una stella bellissima e luminosa a proteggerli.
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