Perché conta anche l’istante - il tempo determina le cose a suo capriccio, e ad esso noi dobbiamo adeguare le nostre azioni. A volte il tempo ci offre una possibilità, legata appunto a un istante preciso, ma se ce lo lasciamo sfuggire non possiamo fare più nulla
È un romanzo soprattutto sul tempo, quello di Márai, che comincia con un’attesa. Henrik, un generale di nobili origini, aspetta che l’amico d’infanzia Konrad si rechi al suo castello per cena. Sono cresciuti insieme, frequentando in adolescenza un collegio militare di una Vienna che ancora brillava. Non si vedono da molto tempo. Henrik, freddo e razionale, lo conta, quel tempo; come conta i passi di distanza dalla porta fino al letto e i giorni che scivolano via con indolenza sul suo calendario con cifre grandi come pugni.
Henrik sta aspettando l'amico Konrad nel suo castello sui Carpazi. La tensione, in questa attesa, è palpabile: tra loro c'è un conto in sospeso, qualcosa che ancora arde. Qualcosa di simile a un segreto, che può essere palesato e dimenticato solo attraverso l'incontro dei due detentori.
“Dunque è tornato” disse ora ad alta voce in mezzo alla stanza. “Quarantun anni. E quarantatré giorni”. E vacillò, come se pronunciando quelle parole avesse esaurito le forze, come se solo adesso si rendesse conto dell’enorme quantità di tempo che significano quarantun anni e quarantatré giorni
La visita di Konrad, annunciata con una lettera, risveglia per un attimo Henrik da un torpore tanto fisico quanto esistenziale, costringendolo a rimettere in moto tutto ciò che fino ad allora nella sua vita era stato fermo, a partire dal castello: come un meccanismo cui sia stata ridata la carica.
La balia disse: “Vuoi che tutto sia come in passato?” “Sì” disse il generale. “Esattamente così. Come l’ultima volta.”
Il castello di Henrik è un personalissimo monumento all’attesa. Il passato non è un tempo, ma un luogo lontano in cui Henrik, un giorno di quarantun anni prima, ha lasciato a Konrad qualcosa di essenziale per la sua esistenza. Qualcosa che prima o poi – entrambi ne hanno consapevolezza – deve tornare indietro. Mentre Henrik è rimasto fermo ai piedi dei Carpazi ad aspettare, Konrad ha trascorso gran parte della sua vita ai Tropici. Tra loro è successo qualcosa che li ha portati a separarsi senza spiegazioni: Konrad è scappato, Henrik è rimasto. Nonostante la distanza, nessuno dei due ha mai smesso di pensare all’altro. Il legame che unisce i due uomini è più di una semplice amicizia: è pregno di qualcosa di oscuro, viscerale, alla base del quale si cela una verità nota ad entrambi ma da entrambi taciuta per quarantun anni.
Le due vite fluivano assieme, con lo stesso lento ritmo vitale dei corpi molto anziani. Si conoscevano a fondo, più di quanto si conoscano madre e figlio, più di due coniugi. La comunione che univa i loro corpi era più intima di qualsiasi altro vincolo
Non è un caso che il titolo originale de Le braci sia A gyertyák csonkig égnek, letteralmente “Le candele bruciano fino in fondo”. La croce che unisce Henrik e Konrad li brucia e li consuma senza sosta. A questo bruciare – che è ormai il loro vivere – non esiste rimedio, se non quello di rivedersi. Così Henrik potrà rivolgere a Konrad tutte le domande che lo tormentano e Konrad dovrà rispondere per saldare il debito spirituale che lo brucia. Entrambi vivono in attesa di quel momento e sanno che arriverà quando sarà giusto per loro: quando saranno vecchi e le fiamme, i rancori, saranno stati affievoliti dal tempo.
Disse a sé stesso: “Mi aspettava: per questo è così forte”. Entrambi si resero conto, in quegli istanti, che era stata l’attesa a dare loro la forza di vivere nei decenni trascorsi. Come accade a coloro che passano una vita intera a prepararsi per un unico compito e di colpo arriva il momento di agire. Konrad sapeva che un giorno sarebbe tornato in quel luogo, e il generale sapeva che un giorno sarebbe giunto quel momento. Era stato questo a mantenerli in vita
Lo spazio e il tempo si sovrappongono generando un nuovo universo che fluttua in parallelo, ordinato ma anarchico al tempo stesso, in cui tutto ciò che riguarda il rapporto tra esseri umani diventa possibile. La penna di Márai è elegante come lo sono i due protagonisti: flautata, leggera; ma anche oscura, velata, come ricoperta da una patina che non lascia mai vedere tutto con chiarezza. Le descrizioni dei luoghi sono ricche di dettagli e restituiscono al lettore un ritratto preciso della Vienna novecentesca – un luogo sicuro, ricco, familiare – e dei Tropici – sconosciuti, lontani, difficili.
“Ricordi anche i dettagli?” domanda l’ospite con stupore. “Ricordo tutto”. “Sì, a volte i dettagli hanno grande importanza. In un certo senso fungono da adesivo, fissano la materia essenziale dei ricordi.”
Le recensioni della settimana
Hai domande, dubbi, proposte? Vuoi uno spiegone? Scrivi alla redazione!
Conosci l'autore
Per poter aggiungere un prodotto al carrello devi essere loggato con un profilo Feltrinelli.
Per poter aggiungere un prodotto alla lista dei desideri devi essere loggato con un profilo Feltrinelli.
Il Prodotto è stato aggiunto al carrello correttamente
Il Prodotto è stato aggiunto alla WishList correttamente