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Made in Sweden di Elisabeth Åsbrink

Per chi ha amato Anime baltiche di Jan Brokken, un altro piccolo gioiello della casa editrice Iperborea: Made in Sweden di Elisabeth Åsbrink, le parole che hanno fatto la Svezia.

Una storia delle idee, del pensiero che ha forgiato una nazione a cui si guarda sempre con ammirazione e un po’ d’invidia, e a cui si cerca, soprattutto negli ultimi anni, di assomigliare un po’, cogliendone la filosofia di vita.

L’autrice, con una scrittura avvincente e a tratti ironica, non nasconde le mille contraddizioni di una nazione tanto amata ma da cui per molti anni si è sentita estranea. E sono le parole e i segni, insieme agli illustri personaggi, a fare la storia di un popolo e a dare un senso di appartenenza alla scrittrice, che così scrive «conosci il tuo pensiero, la tua luce, le tue ombre, conosci le tue contraddizioni e le tue menzogne: conosci la tua storia. La lingua è potere, ecco perché ho scritto questo libro».

Un percorso storico, dalla mitica origine della Svezia, ricercata nelle scolpite rune, nei segni che tracciano la prima identità svedese, un excursus sentimentale che passa dall’enigmatico “martello di Thor”, all’evangelizzazione di quella che era solo una piccola regione fra le altre.

Dalle considerazioni esilaranti sulla nascita della Costituzione, la legge dell’Uppland, nel XIII secolo, si va alla ricerca degli indizi degli storici vizi svedesi, invidia e avidità, attestati nelle cronache dell’epoca, e alla ricerca della nascita della lingua nazionale da un “luccicante amuleto d’oro”.

Si indaga sulla nascita dell’antipatia storica con i vicini danesi, testimoniata da vari opuscoli diffamatori, sfociata in più guerre, e resistente anche in tempi di pace, e sui complessi intrighi di corte che nulla hanno da invidiare a corti europee ben più famose.

Ci si sofferma, con un sorriso, sulla nascita della melodia e di un famoso inno estivo collettivo dell’ancora frammentaria identità di un popolo, così come sulla prima pubblicazione settecentesca di un manuale di economia domestica per giovani signore con tanto di ricette di cucina innovative.

Piacevole, godibile, intelligente, una lettura che ci fa avvicinare alla Svezia anche sfiorando le aneddotiche biografie dei suoi illustri personaggi e luoghi simbolici tra passato e presente.

Primo fra tutti l’indimenticabile Linneo con i suoi “apostoli” che si lamentava sempre di lavorare troppo, ma che non dimenticava mai di meravigliarsi del creato, e di classificare gerarchicamente, da buon credente, tutte le opere di Dio. Poi, fra le altre, la famosa femminista Fredrika Bremer impegnata nei primi anni dell’Ottocento a combattere per i diritti delle donne e per lasciare dietro di sé un mondo migliore.

Ci si sofferma con grande sensibilità sul drammaturgo August Strimberg, sulle sue complicate relazioni amorose e sul genio pronto a tradurle in capolavori. Sulla poetessa omosessuale Karin Boye in cui la sofferta scrittura diventa necessità, urgenza di cambiamento e modernità. Sull’ossessione della morte del regista Ingmar Bergman che ne fa un’icona nei suoi famosi film.

Ma anche sull’identità lappone, sul grave problema della segregazione razziale dei Sami e su quello dell’eugenetica. E su parole, a volte impronunciabili, che condensano in sé l’essenza della società svedese, ieri come oggi: da Personnummer a Ikea.

Così come sulle piccole manie di un popolo che colleziona sassi per portare con sé i propri luoghi d’affezione e che parla una lingua impregnata anche dell’immaginario e delle idee rivoluzionarie di Astrid Lindgren, con i suoi ricordi e le descrizioni delle battaglie a favore dell’infanzia che, come scrive Åsbrink, «sono diventate memoria collettiva e patrimonio comune».

Questo libro è una piccola Wunderkammer, da non perdere, che ci farà sorridere, rattristare o indignare, ma che non si lascerà dimenticare facilmente.

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