Come dimostrano le storie delle donne […], la possibilità di partecipare a un’attività agonistica qual è lo sport è stata uno degli strumenti che hanno consentito ad alcune esponenti del genere femminile […], si smontare platealmente quello stereotipo
Questa una delle frasi con cui Le protagoniste: l’emancipazione femminile attraverso lo sport di Eva Cantarella ed Ettore Miraglia si apre nella sua prima parte, rivolgendosi allo stereotipo di una presunta “naturale” mancanza di competitività nella donna.
Un saggio leggero, che si pone come obiettivo di sradicare stereotipi ancora radicati tramite il racconto delle storie delle atlete che hanno segnato la storia dello sport mondiale.
Un saggio preciso nelle informazioni e con anche dettagli che a prima vista possono sembrare superficiali, ma che donano una dimensione umana a queste donne che molto spesso venivano ridotte a pazze negli articoli d’epoca.
Ci sono tanti modi e tanti aspetti della vita alla luce dei quali seguire il lungo e difficile cammino delle donne contro le discriminazioni di genere: e lo sport è uno dei percorsi attraverso i quali esse sono finalmente riuscite a superare il pregiudizio che ne faceva delle cittadine di seconda categoria.
Il volume si apre con una prima parte introduttiva, che c’illustra la visione dello sport femminile durante epoca greca e romana, donando subito un punto di vista inedito sulle sportive in epoca classica.
Scopriamo ad esempio l’esistenza di una donna che vinse due volte le olimpiadi utilizzando la propria astuzia in Grecia:
“Cinisca ottenuta la vittoria ricevette doni e onori, e venne celebrata con un epigramma posto alla base di un monumento commemorativo in suo onore […]”.
E abbiamo un approfondimento sulla vita delle donne gladiatrici, non poi così tanto rare, a Roma: “Evidentemente per alcune donne la gladiatura era un divertimento, […] e la ricerca di una visibilità sociale diversa da quella della perfetta moglie e madre.”
La storia di queste epoche assume una luce diversa da quella a cui siamo esposti solitamente, dandoci nuovi interessanti punti di vista che è difficile scorgere da un primo studio della storia a cui ci ha abituati la scuola.
Dopo l’epoca classica gli autori decidono di effettuare un salto avanti nel tempo, fino a giungere alle storie delle atlete degli ultimi tre secoli e di come esse si siano imposte per rendere sempre più sport accessibili alle donne a livello agonistico e professionale.
Come Charlotte Cooper che fu la prima campionessa olimpica, poco più di un secolo fa, nel 1900.
O Alice Milliat che, protagonista di una ribellione, organizzò il primo torneo di calcio femminile della storia, per poi sfidare nel 1921 il comitato olimpico, organizzando le prime olimpiadi femminili in assoluto; sostenute da Francia, Gran Bretagna, Italia, Norvegia, Svizzera e successivamente anche Belgio e Ceccoslovacchia.
Come non citare Ondina Valla che nel 1936 vinse il primo oro femminile per l’Italia.
O Billie Jean che nel 1973 vinse la così detta “battaglia dei sessi” nel tennis nel 1973 e si batté a lungo per ottenere una remunerazione pari ai professionisti maschili per tutte le sportive.
Poi Federica Pellegrini che divenne molto più di un’atleta e Bebe Vio che tramite la fama ricevuta dalle vittorie si batté anche per far divulgazione sul tema disabilità.
In tutto questo è d’obbligo citare anche le podiste carbonare, che durante un’epoca in cui la maratona veniva considerata troppo faticosa per le donne, correvano ugualmente dovendo però rinunciare a tagliare il traguardo.
Ma ci sono anche storie di vittime, come la giovanissima Nadia Comâneci che a 14 anni e una lunga serie di vittorie divenne l’oggetto della propaganda del dittatore Ceauşescu. Tanto che fuggirà dalla Romania a 27 anni trovando asilo prima in Ungheria e poi negli USA.
Ma vi sono storie anche riguardo i problemi di donne appartenenti alle minoranze, come Laurel Hubbard, la prima donna transgender a partecipare alle olimpiadi, combattendo contro le discriminazioni di chi sosteneva avesse vantaggi biologici, seppur essa rispettasse tutti i canoni per poter partecipare.
Un saggio dove vengono raccontate le storie di donne, di atlete di qualsiasi estrazione sociale, nere e bianche, appartenenti alla comunità LGBTQIA+, giovani, più anziane, ma tutte accumunate dal desiderio di splendere e di valere qualcosa.
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