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Libera. Diventare grandi alla fine della storia di Lea Ypi

Lea Ypi ha dieci anni quando comincia a farsi domande sulla parola libertà: un giorno, nel dicembre del 1990, tornando a casa da scuola si ritrova ad abbracciare la statua di Stalin decapitata da un gruppo di manifestanti. A scuola le hanno insegnato che il socialismo avrebbe portato un futuro preordinato in cui crescere al sicuro e tutta questa cosa la disorienta.

E io continuavo a non capire perché tutti chiedessero la libertà, quando noi eravamo già una delle nazioni più libere della Terra, come ripeteva sempre la maestra Nora

Un vero libro di formazione, anche se l'iniziale idea dell'autrice, che insegna filosofia politica alla London School of Economics ed è esperta di marxismo, era quella di scrivere un saggio filosofico sull'idea di libertà.

Libera. Diventare grandi alla fine della storia

Anni ottanta, a pochi chilometri da noi l'ultimo decennio del comunismo è appena cominciato. Lea Ypi è una bambina e la sua vita è scandita dalle promesse del socialismo di stato dell'Albania. Fino al giorno in cui si ritrova aggrappata a una statua di Stalin, appena decapitata dalle proteste degli studenti. Il comunismo non era riuscito a realizzare l'utopia. Il mondo attorno inizia a crollare.

Libera è un romanzo dove il punto di vista della protagonista cresce insieme al suo modo di pensare. In casa le hanno insegnato a credere nello Stato e solo alla caduta del regime scoprirà che la propria famiglia, per proteggerla, non le aveva mai rivelato di avere idee dissidenti.

Un libro che ti fa immergere nella piccola e nella grande Storia, che ti racconta dal di dentro come si viveva negli anni Novanta in Albania e riesce a farti riflettere, incuriosire e, a volte, grazie alla sua sorprendente ironia, sorridere. Ti pone delle domande a cui senti l'urgenza di dare delle risposte: che ne sappiamo del dittatore Enver Hoxha che è stato al potere in Albania dal 1944 al 1985, che ne è stato della sorte di un Paese allo sbando all'uscita dal Comunismo, che ne sappiamo del collasso delle piramidi finanziarie e delle persone che cercavano soprattutto nell'Italia una via di fuga?

Ho cominciato a ricordare la mia di infanzia, incuriosita da tanti piccoli aneddoti che l'autrice mi presentava alla lettura. Ho quasi la sua stessa età; eppure, in Italia negli anni Novanta vivevo una vita completamente diversa. Avevo all'epoca una pen-friend dall'Albania di cui conservo ancora alcune lettere: io le scrivevo in inglese per prendere pratica con la lingua, lei mi rispondeva in italiano. Un giorno mi chiese se potessi inviarle una foto di Eros Ramazzotti perché ascoltava le sue canzoni. Feci di più: le inviai una cassetta (sì quelle che si potevano registrare, le ricordate?) e lei mi fu tanto riconoscente.

Finché l'ultima lettera che le inviai mi ritornò indietro dopo mesi e dopo aver fatto un lungo giro con timbri addirittura della Norvegia. Non seppi mai cosa fosse successo, sapevo solo che in Albania c'erano disordini, ma niente di più e all'epoca non esisteva internet per informarsi.

Lea Ypi sa modellare il suo racconto in modo così divertente e ironico che certe cose mi sembravano troppo buffe per essere state vere. È per questo che ho cominciato a martellare di domande il mio collega Juli di origini albanesi che si è trasferito in Italia negli anni Novanta. Scopro così che è vero che in Albania c'era un solo canale televisivo, che era quello dello Stato, ma che la gran parte degli albanesi riuscivano ad aggirare il sistema mettendosi di volta in volta a manovrare le antenne della televisione. Una persona stava dentro casa e una sul terrazzo: "Prende? E ora?" "Gira un po' a destra... Ecco fermo, ora si vede!".

Erano vere anche le lunghe file per comprare qualsiasi cosa. Mi racconta sempre Juli che i suoi genitori si alzavano prestissimo, alle 4 o alle 5 del mattino per mettersi in coda.

Prendiamo la spesa, per esempio. La coda c'era sempre. Si formava molto prima che arrivasse il camion per la distribuzione. E tu dovevi metterti in fila, salvo che il droghiere fosse tuo amico

 Ed era vera anche la mania della lattina di Coca-Cola vuota, uno status symbol usato per abbellire il centrotavola. 

A quel tempo le lattine di Coca-Cola erano una rarità. E ancora più rara era la conoscenza della loro funzione originaria. Perciò erano diventate uno status symbol: chiunque riuscisse ad accaparrarsene una la collocava al posto d'onore in salotto, di solito su un centrino ricamato sopra il televisore o la radio, spesso fianco a fianco con la foto di Enver Hoxha

Ti ringrazio Lea Ypi perché con questo libro hai riaperto delle domande sopite e mi hai dato delle risposte, riuscendo a farmi vedere le cose da un altro punto di vista.

Nella quarta di copertina del libro è scritto:

"Lea Ypi è una rivelazione letteraria e con la sua scrittura delicata, intima e raffinatissima il racconto della sua vita diventa la nostra storia."


Non saprei trovare parole migliori per consigliare questo libro.

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Lea Ypi è saggista, esperta di marxismo e di teoria critica. Professore di Political Theory alla London School of Economics, ha fatto ricerca e ha insegnato nelle maggiori università del mondo: alla Sapienza, a Sciences Po, all’Università di Francoforte, al Wissenschaftszentrum di Berlino, all’Istituto italiano per gli studi storici di Napoli. Tra i suoi libri: Global Justice and Avant-Garde Political Agency (Oxford University Press, 2012), The Meaning of Partisanship (con J. White, Oxford University Press, 2016), Stato e avanguardie cosmopolitiche (trad. it. Laterza, 2016), Libera. Diventare grandi alla fine della storia (Feltrinelli, 2022).

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