Scelti per voi

Mal di Libia. I miei giorni sul fronte del Mediterraneo di Nancy Porsia

Per anni ho provato a superare i limiti di un’educazione e di una cultura che m’impedivano di avere un’identità piena. Rompere gli argini e andarmene è stata l’unica cosa che potevo fare. Oggi, nel bel mezzo del mare, né in Libia né in Europa, a volte penso che avrei bisogno di terraferma.

Nancy Porsia ammette, nell’intervista rilasciata a Maremosso lo scorso anno, che Mal di Libia, finalista della seconda edizione del Premio Inge Feltrinelli ed edito da Bompiani nella collana Munizioni diretta da Roberto Saviano, ha avuto una gestazione piuttosto lunga; un po’ a riprendere quel tipo di giornalismo indipendente che è un lavoro di pause, di sospensioni, di inserirsi in un ambiente e conoscerlo piano a piano.

È così che le è venuto il mal di Libia, quella malinconia irrisolta – e quasi inspiegabile – per un paese non suo, dilaniato da corruzione e guerra civile, in cui non le è più concesso entrare a causa delle sue inchieste, degli articoli di denuncia dei centri di detenzione dei migranti e molto altro.

Mal di Libia. I miei giorni sul fronte del Mediterraneo

Nancy Porsia arriva per la prima volta a Tripoli il 4 novembre 2011, due settimane dopo la morte di Muammar Gheddafi, con la netta sensazione di aver mancato un appuntamento con la Storia.

Nancy Porsia nasce a Matera nel 1981. La città dei Sassi, capitale europea della cultura nel 2019, che negli anni ’80 stava lentamente riguadagnandosi la bellezza del suo territorio e dei rioni storici del centro, dopo trent’anni d’abbandono. Una provincia nelle province, in un sud lontanissimo dai centri nevralgici del paese, quelli in cui si facevano le proteste che Porsia imitava fra le strade impolverate di Matera.

Un bisogno di sentire, conoscere le storie degli altri che la portano a domandare a suo padre, a diciassette anni, il permesso per andare nel Kosovo travolto dalla guerra del 1998. Riceve un no. E poi ancora di andare ad aiutare nei campi profughi in Italia. Un altro no.

Una sfilza di rifiuti secchi e spiccioli, senza tante spiegazioni di contorno. Quei no che solo le persone del sud sanno pronunciare e accettare; no che si portano dietro una cultura ancestrale in cui il rifiuto, come tante altre cose, si appiattisce il più possibile per portarselo in giro in tasca, comodo e maneggevole.

Ma Nancy non è fatta di quella pasta, non completamente. Dopo il diploma lascia Matera e va a studiare a Roma, diventando giornalista. Poi vola verso Damasco. per imparare l'arabo. Ha trent’anni quando in Libia scoppia la guerra civile, l’ennesimo paese mediorientale travolto dalle fiamme della Primavera Araba che avrebbe sconvolto gli assetti geopolitici di quella parte del mondo.

Il sogno della democrazia che riempie le anime.

Nancy non ci pensa due volte, lei che nel continente della democrazia ci ha vissuto per tutta la vita; parte per Tripoli con una valigia piena delle cose essenziali che – ancora non lo sa, forse lo immagina – sarà la sua compagnia costante per i quattro anni successivi, fino a quando la Libia deciderà di accoglierla, e lei di farsi adottare. L'unica giornalista italiana rimasta in Libia fino alla fine della rivoluzione. Un esilio che lei definisce rifugio e prigionia.

Quante volte, dalla distanza culturale e geografica che ci protegge, abbiamo immaginato i paesi del Medioriente e del Nord Africa – Libia, Siria, Tunisia – riempiendoli di significati, interpretazioni, proiezioni di un Occidente che non riesce – non ancora, non fino a oggi – ad avere una visione a tutto tondo di ciò che è diverso, altro. 

L’obiettivo, e anche un po’ la missione di Nancy Porsia è quello di riportare i libici e le libiche al centro della narrazione di loro stessi, spostarli dai margini al centro, protagonisti della rivoluzione – non riuscita, ma forse un po’ sì – che ha portato migliaia di loro, nel corso degli anni, a lasciare la sicurezza dei paesi europei e nordamericani per ritornare lì, nella periferia delle periferie del mondo, a combattere per un paese di polvere e terra in cui la speranza della democrazia ha vissuto, tenue, per qualche anno. Una narrazione dell’alterità che necessariamente supera quella occidentale, che a Nancy è sempre stata un po’ stretta.

Una insperata contro migrazione.

Giovanissimi che imbracciano un fucile o una pistola per combattere, per riprendersi la terra e riconquistarsi la parola. Un sogno collettivo che Nancy Porsia respira e registra, seduta in bar del centro o in case strette – tante, tantissime -; ticchetta sul suo computer portatile alla ricerca della linea internet, il telefono che squilla in continuazione.

E così lentamente i confini fra nord e sud, Oriente e Occidente, tutto si sfuma: quando lei e il suo fidanzato europeo decidono di lasciarsi, la paura di Nancy è quella di spezzare il legame che sente precario con il suo luogo d’origine.

Mentre ci dicevamo addio, ho provato un senso di vertigine, forse per la paura di recidere l’ultimo filo che mi tiene legata all’Europa. Non sono libica, ho il passaporto rosso e la mia famiglia è a nord di quel sud da cui tutti scappano. I miei avi scapparono a nord, ma ora la mia famiglia è già a nord di quella linea sottile che divide il mondo tra disperati e agiati.

Ritrovarsi in un luogo e sentire di riempirlo completamente, stendere le braccia e riconoscerne gli spazi, seppure pericolosi. Tutto ciò che è intorno, fuori, è sfumato; nel suo libro Come dividere una pesca (Feltrinelli) Noor Naga fa scivolare questo pensiero nella bocca del suo protagonista egiziano, combattente durante la Primavera Araba, che chiede alla straniera, l'americana, com'è fuori. Fuori dall'Egitto, fuori da quella parabola di tutto confuso che sono gli anni successivi alle rivoluzioni civili. I ritorni a casa si fanno più radi, i viaggi in altri posti si riempiono di ansia, malinconia:

Guadagno un metro dopo l’altro sul sentiero ripido lungo il costone di Machu Picchu (…) Nel buio pesto della montagna mi scorrono davanti le immagini dei bombardamenti a Zwara e degli scontri a Sirte. Inspiro lentamente e butto fuori l’aria. Un respiro dopo l’altro, una goccia di acqua dopo l’altra e vedo il sole sorgere tra le nuvole. È l’alba e sono in vetta. Il mio corpo si gode la stanchezza dei muscoli, mentre i miei pensieri restano tesi.

E scorrono intanto i pericoli, i posti di blocco, gli amici che muoiono in battaglia; lunghi periodi in cui si infilano prepotentemente sprazzi di vita – un tè in compagnia, feste segrete con gli amici di sempre, risate che riempiono la tensione del buio. E poi ancora i rapimenti, l’ISIS che giunge minaccioso all’orizzonte, la corruzione. Tutti scappano per ritornare nelle calde braccia d’Europa, ma Nancy rimane lì. Non potrebbe comunque andare via, lo ha promesso a se stessa e a quel popolo che ne ha già subite tante e ha bisogno di qualcuno che parli per lui.

Gli anni si accartocciano, così come gli eventi che hanno portato alla morte di Gheddafi prima, alla presa di potere di Haftar poi, passando per l’intervento militare della Nato che di fatto blocca le tratte aeree da e per la Libia.

Mal di Libia riporta alla luce e chiarisce aspetti delle vicende libiche che, ai più, sono state fino a questo momento sconosciute. È stata lei ad affermare che chi metteva i migranti sui barconi per l’Europa non era necessariamente un trafficante, ma un operatore di servizi. Fu polemica, lo sarebbe ancora; ma Porsia parlava con cognizione di causa, e con la conoscenza diretta dei luoghi e delle persone che quell’attività l’avevano abbracciata e poi abbandonata, perché era finita in mano ai criminali. Più semplicemente, presentava un punto di vista diverso, scevro da logiche culturali e sociali: difficile da comprendere per chi è sempre stato aldiquà del mediterraneo.

La crisi libica si riversa sulle coste del mediterraneo e raggiunge l’Italia; carovane di barconi in partenza tutti i giorni, tragedie in mare che sconvolgono l’opinione pubblica europea e che richiedono una soluzione. Ma anche una spiegazione – di capire chi c’è dietro a questi viaggi, da dove arrivano i migranti e dove sono tenuti. Così Nancy scopre la cruda realtà di ciò che è il traffico degli esseri umani, e in alcuni passaggi riecheggiano chiare le scene dolorose di Io Capitano di Matteo Garrone.

Sui barconi ci finiscono tutti. Anche chi un tempo lavorava come medico, fa i bagagli e sale su una barchetta verso le coste della Sicilia, perché lì non c’è più niente da offrire ai propri figli. Doloroso, inimmaginabile se pensiamo che in una realtà diversa sarebbe potuto toccare a noi – ma a questo non ci pensiamo mai davvero. Per questo volumi come quello di Porsia diventano necessari per conoscere l'alterità, considerare tutti i punti delle vicende e aprire lo sguardo.

Nancy Porsia non può più tornare in Libia, è finita negli elenchi dell’Intelligence e non è più la benvenuta. Le sue inchieste, necessarie, non sono piaciute a chi sta al potere. Così torna a Matera – l’origine di tutto, la provincia della provincia in cui non succede mai niente – sua nonna Maria le ricordava sempre La strage della Milizia del ’43.

Continua a parlare, a scrivere, lei e il suo compagno Younes – libico – hanno un figlio. È giunto il momento di raccontare, di riannodare i fili, di fare conoscere un’altra provincia, un altro sud; ridare un nome e una voce a chi ha creduto che un futuro diverso sarebbe stato possibile e le vite delle persone che nella democrazia ci hanno creduto e hanno deciso di combattere per la libertà.

Le recensioni della settimana

La posta della redazione

La posta della redazione

Hai domande, dubbi, proposte? Vuoi uno spiegone?
Scrivi alla redazione!

Conosci l'autrice

Nancy Porsia è una giornalista indipendente italiana. Esperta di Medio Oriente, Nord Africa e Corno d’Africa, i suoi lavori da Siria, Libano, Iraq, Libia, Tunisia, Eritrea e Etiopia sono stati pubblicati da emittenti e giornali nazionali e internazionali, tra cui RAI, Sky, L’Espresso, Panorama, la Repubblica, Il Fatto Quotidiano, ARD, The Guardian, el País e Al Jazeera. Nel 2023 Bompiani pubblica Mal di Libia. I miei giorni sul fronte del Mediterraneo, vincitore del Premio Inge Feltrinelli 2024.

Leggi di più Leggi di meno
Chiudi

Per poter aggiungere un prodotto al carrello devi essere loggato con un profilo Feltrinelli.

Chiudi

Per poter aggiungere un prodotto alla lista dei desideri devi essere loggato con un profilo Feltrinelli.

Chiudi

Il Prodotto è stato aggiunto al carrello correttamente

Chiudi

Il Prodotto è stato aggiunto alla WishList correttamente