Per scrivere della Libia e dei suoi abitanti, ci vuole tanto coraggio e il contrario di indifferenza.
Nancy Porsia, giornalista lucana venuta a parlarci di Mal di Libia - il suo reportage che va al cuore di un paese estremamente complesso e inquieto -, indica come libro cult proprio una testimonianza che è anche denuncia di quell'indifferenza esercitata da uno Stato a danno - in questo caso - dei più giovani:
Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino di Christiane F, bestseller clamoroso da cui hanno tratto un omonimo film altrettanto di successo, che ha offerto uno spaccato realistico e per nulla artefatto sull'abisso dell'eroina.
Berlino, anni Settanta, quartiere dormitorio di Gropiusstadt. Christiane F. ha dodici anni, un padre violento e una madre spesso fuori casa. Inizia a fumare hashish e a prendere Lsd, efedrina e mandrax. A quattordici anni per la prima volta si fa di eroina e comincia a prostituirsi.
Come definire in poche parole questo libro?
Rottura del silenzio.
Quel silenzio che per anni, vergognosamente, ha aleggiato sulla realtà della tossicodipendenza tra i ragazzi. Quel silenzio che ha impregnato la società e si è trasformato in indifferenza, senza alcuna presa in carico di tante situazioni di forte svantaggio, difficoltà, emarginazione, nonché di situazioni familiari precarie.
Scritto da Christiane Vera Felscherinow (Christiane F.), questo libro è la sua testimonianza, raccolta da due giornalisti tedeschi, Hermann e Rieck, che nel 1978 - dopo che Christiane fu processata a soli 16 anni per droga e ricettazione - pubblicano quella che diventa a tutti gli effetti un'autobiografia a puntate sul settimanale Stern.
Un libro che ha definito la mia identità come giornalista e neoscrittrice
Siamo negli anni Settanta, in un quartiere di Berlino, dove tra le mura di un appartamento la dodicenne Christiane vive con il padre violento e una madre quasi sempre assente.
Lo scivolamento nella dipendenza è quasi immediato: hashish, poi valium, mandrax, LSD, efedrina... e la rapida assuefazione la conduce, a soli quattordici anni, al tunnel dell'eroina.
Un tentativo di evasione, il suo, in una città che non si interessa agli adolescenti né alle loro situazioni familiari difficili. Senza sostegno né figure di riferimento stabili, si affida a quelli che sembrano "più forti", cioè coloro che fanno uso di sostanze stupefacenti.
Nel libro, ogni rappresentazione è nitida e cruda: dalla facilità con cui è possibile reperire le droghe, alla prostituzione di minorenni come lei che, pur di pagare una dose, lasciano che gli adulti possiedano i loro corpi in cambio di denaro.
Il lettore oscilla con Christiane tra disperazione, annebbiamento, disintossicazioni "fai-da-te" fallite e ricadute, con sprazzi di razionalità che la spingono a chiedere aiuto a quelle poche strutture terapeutiche che, invece di aiutarla, le chiudono la porta in faccia poiché "troppo piene di tossici come lei".
Spazio, in questa vicenda, anche alla storia d'amore tra Christiane e Detlef, resa però amara e instabile dall'ambiente in cui tenta di fiorire.
I sogni di Christiane sono tutti rivolti ad una vita al di fuori dai margini della dipendenza, eppure la strada è tutta in salita, mentre attorno a lei le morti per overdose si susseguono una dopo l'altra.
Lo Stato, incapace di rispondere adeguatamente, resta sullo sfondo di un percorso che - insieme a Nancy Porsia - vi invitiamo a scoprire dove condurrà Christiane.
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