La notte, per chi rimane sveglio, non finisce mai. Di minuto in minuto, di ora in ora, arranca lentamente verso un’alba che, ogni volta, arriva come una sorpresa. Si può imparare a conoscere intimamente qualcuno in una notte, ci si può disperare senza via d’uscita, si può cambiare vita. Poche ore che, se confrontate a quelle frenetiche del giorno, sono un’eternità. È solo in tale intervallo di tempo placido dalle infinite possibilità – in questo e in nessun altro – che può esistere l’Izakaya di Master, spartano locale nipponico in cui si servono cibi accompagnati da bevande alcoliche.
Una locanda da 12 posti nel quartiere di Shinjuku a Tokyo aperta da mezzanotte alle 7 del mattino, 4 piatti fissi nel menu (con la possibilità, forniti gli ingredienti, di farsi cucinare qualunque altra pietanza), un proprietario schivo con una vistosa cicatrice sul volto e un certo talento in cucina chiamato evasivamente Master, svariati clienti – fissi o di passaggio – senza alcun desiderio di tornare a casa, le loro giornate che volgono al termine. Sono solo questi gli ingredienti che costituiscono l’intreccio di Midnight Diner, serie antologica del 2009 tratta dall’omonimo manga di Yaro Abe.
La serie, molto popolare in tutta l’Asia, è approdata nel 2016 su Netflix (con il titolo completo di Midnight diner: Tokyo stories) che ne ha acquisito i diritti di produzione per una terza e quarta stagione ancora non disponibili in Italia.
Ogni episodio dell’antologia – 10 episodi dalla durata di 24 min. per stagione – si concentra su uno dei clienti dell’Izakaya: l’arrivo alla locanda, la scelta della pietanza da gustare (che solitamente dà il nome all’episodio), le quotidiane preoccupazioni che lo affliggono. Sotto lo sguardo mai invadente di Master e davanti al loro piatto preferito, i personaggi si sentono liberi di aprirsi e dare sfogo alle loro frustrazioni e manie. Da qui la narrazione si allarga e segue il cliente prescelto per alcuni giorni fino alla conclusione del suo arco narrativo, che avviene sempre durante una notte alla locanda. Storie di amicizie, tradimenti, nostalgie, mancanze, risentimenti: piccole vite.
Serie consigliata a chi non sta cercando una narrazione al cardiopalma e – magari centellinando gli episodi – vuole concedersi di tanto in tanto una mezz’ora di pausa dai ritmi frenetici del mondo esterno, come i clienti di Master. Per farsi venire fame, sorridere, riflettere e, chissà, riconoscersi nei personaggi sullo schermo.
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