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Mill Town di Kerri Arsenault

Finalista al Premio Inge Feltrinelli 2023

Non sempre ciò che troviamo è quello che stavamo cercando

Tutto comincia con la descrizione di una città. È così dettagliata che trasuda un amore incondizionato: la si conosce a menadito, un mondo in miniatura di cui si sanno le pieghe più nascoste, dagli alberi alle anse del fiume Androscoggin, alle ciminiere della cartiera. Perché Mexico, Maine, è «la vita come dovrebbe essere», così recita il cartello che accoglie i visitatori all’ingresso dello Stato, e questa perla di cittadina ne è l’esempio più riuscito. Kerri Arsenault, a partire da questa città da cui tutto comincia, ha uno scopo preciso: indagare le proprie radici, risalendo il passato come un salmone con la corrente fin dove riuscirà.

Ma quest’obiettivo, intimo e personale, da cui potrebbe nascere un memoir o una biografia famigliare, ben presto esplode. È una direzione inattesa, che stupisce Arsenault per prima: mentre cercava sé stessa, trova qualcos'altro di così torbido e strettamente legato alla vita di tutti gli abitanti di Mexico da non poterla lasciare indifferente.

Secondo vecchi articoli e ancor più vecchi vicini di casa, la cartiera intorno a cui sorge la città ha sversato per anni nei bacini idrici (compresi quelli potabili) i propri rifiuti e rilasciato nell’aria quantità esorbitanti di tossine nocive per animali ed esseri umani. Questo ha comportato una caratteristica degli abitanti di Mexico che li identifica senza scampo: una propensione genetica a sviluppare tumori. Sempre, peraltro, fatali.

Mill Town. La resa dei conti
Mill Town. La resa dei conti Di Kerri Arsenault;

Libro finalista del Premio Inge Feltrinelli 2023, categoria Diritti in costruzione. Ci troviamo a Mexico, in Maine. A distanza di anni, ormai trasferitasi altrove, l'autrice realizza che un'infanzia all'insegna della stabilità economica ha portato con sé un caro prezzo: la distruzione dell'ambiente circostante e la salute in declino degli operai

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Credevo che l’esistenza ruotasse intorno all’amore […]. Ma dopo aver parlato con Dot, dopo aver riflettuto sulla mia città, sulla mia famiglia e sul mio mutismo, ho capito che la nostra vita ruota intorno ai silenzi che abbiamo paura di rompere

Questa linea ereditaria di cancri ai polmoni, alla prostata, al colon e all’esofago, corredati da disturbi più o meno gravi e generalizzati, è la tragedia con cui si scontra Arsenault. E l’asse della storia ben presto si sposta, trasformando Mill Town da memoir a vera e propria inchiesta sui danni ambientali causati dalla cartiera di Mexico: lunghe pagine di dati, sigle, formule chimiche diventano l’ossatura di una ricerca ossessiva per scoprire una verità che più si rende manifesta e più diventa inafferrabile. E le ragioni di questo libro – ricerca intima e al contempo pubblica – rendono questa commistione tra privato e collettivo sensata e, anzi, auspicabile.

Da una parte, Arsenault vuol togliere dal silenzio un fatto che per troppo tempo – dagli anni quaranta almeno – ha flagellato gli abitanti di Mexico e delle città vicine. C’entra, questo primo motivo, con l’ascendenza dell’autrice, che è acadiana, nome che sta a significare i coloni francesi che erano arrivati in Canada e vi si erano stabiliti nel XVIII secolo. E che poi, da lì, erano stati cacciati dai britannici per paura che si alleassero con la madrepatria in una guerra ai loro danni. A loro fu imposto di disperdersi per gli Stati Uniti e, soprattutto, di abbandonare la propria lingua. È il silenzio acadiano, per Arsenault, una delle caratteristiche che ha favorito il proliferare di scempi tanto inauditi e tanto perpetrati a Mexico e nel Maine.

Questo silenzio funzionava in un modo che ci è molto familiare, ovvero: la cartiera portava ricchezza, perché dava lavoro – e lustro – a chi abitava le sue vicinanze. Nessuno, scrive Arsenault, avrebbe barattato una vita poco dignitosa ma salva con una benestante ma ammalata. Perciò chiunque tentasse di schierarsi contro la cartiera non solo si trovava a combattere contro la dirigenza dell’industria, ma anche con gli stessi che di lì a poco avrebbero contratto una malattia terminale. «Solo uno sciocco sceglierebbe l’acqua pulita al prezzo di stipendi ridotti», titola il Lewiston Daily Sun nel ’42.

Mi dispiace di non aver fatto più domande a mio padre sul suo passato

Però c’è un altro motivo, di più ossessionante e lacerante, un’unghia insistente che scava sulla superficie inscalfibile e asciutta della ricerca di Arsenault, e che solo in qualche breve abbandono emerge nelle sue pagine. È qualcosa di personale, che – come tutte le ossessioni – fa una gran paura e, allo stesso tempo, esercita un fascino irresistibile. È l'angoscia di aver ereditato il male. Il padre di Arsenault muore di cancro mentre lei sta ancora indagando. E lei? Da lui, Kerri ha ereditato una palpebra più bassa dell’altra, che dona al suo occhio un’aria sempre un po’ assonnata: così, scrive, da quell’occhio vedevano il mondo allo stesso modo.

E allora il cancro diventa un’altra possibilità nella lotteria ereditaria – «Sei tutta tuo padre!» le dicono sempre. E Mill Town assume così i tratti dell’urgenza, anzi, dell’emergenza, della fretta di tirare fuori qualcosa dal torbido in cui è stato nascosto troppo a lungo e di cui si è, nostro malgrado, una parte responsabile. Perciò dietro la domanda «qual è il livello di diossina rilasciato nell’aria dalle ciminiere?» si acquatta, infida, quella più insistente «quanta ne ho respirata?» Dietro il calcolo delle morti nel Maine per tumore rispetto al resto degli Stati Uniti (ne muore il 95% in più), risiede la speranza – costata oltre trecento pagine, anni di lavoro e un apparato di note sterminato – di rientrare in quella microscopica percentuale esclusa dal testamento genetico.

Non c’è fine alle cose che non so, che non posso sapere, che non avrò mai il tempo o la capacità di capire perché non sono esperta in nessun campo, se non nel seguire percorsi che vanno molto più in profondità di quanto si creda

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Kerri Arsenault è un’autrice, critica letteraria e editrice statunitense. Ha lavorato per l’Orion Magazine e scritto per Freeman’s, The Boston Globe, The Paris Review, the New York Review of Books, e the Washington Post. Nel 2021 Edizioni Black Coffee pubblica Mill Town. La resa dei conti, libro che ha vinto il Carson Environment Book Award, il Maine Literary Award for nonfiction, ed è stato finalista del National Book Critics Circle Leonard Prize.

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