È scomparsa una delle voci più autentiche e impegnate del Giappone: Premio Nobel nel 1994, Kenzaburo Oe raccontò il suo Paese, le sue meraviglie e i suoi drammi, come in questa raccolta di saggi sulla tragedia di Hiroshima.
I saggi su Hiroshima che ho scritto in questi anni con la collaborazione diretta o indiretta, spesso permeata di severo spirito critico, della gente di quella città sono stati raccolti in questo volume unico intitolato Note su Hiroshima. Questo non significa che la Hiroshima che esiste adesso nella mia interiorità sia giunta a un punto d’arrivo. Al contrario posso affermare di avere finora appena scalfito la sua superficie. La realtà di Hiroshima può essere accantonata solo da quanti, di fronte all’evidenza, osano restare muti, sordi e ciechi.
Una raccolta di saggi che hanno datazioni diverse e che nel loro insieme riescono a ricostruire, con grande saggezza e incisività, un quadro della situazione dei sopravvissuti di Hiroshima, della loro dignità e degli innumerevoli problemi psicologici e non solo sanitari che hanno dovuto, e che devono, affrontare per rendere il più “normale” possibile la loro vita.
Nelle parole di Kenzaburō Ōe, si denuncia con forza l'enormità della devastazione compiuta, ma contemporaneamente prende vita il ritratto dolce e sensibile della gente di una città distrutta.
Una grande marcia per la pace in preparazione della IX Conferenza mondiale contro le bombe atomiche e all’idrogeno, un monumento in memoria di quel tragico 6 agosto 1945, l’Ospedale della bomba atomica che ospita a distanza di tanti anni (il primo articolo proposto nel volume è del 1963) degenti che ancora subiscono le terribili conseguenze delle radiazioni: tutto merita grande rispetto e silenzio. E poi gli intrighi politici, così indifferenti alla reale vita e ai reali drammi delle persone.
Kenzaburo Oe poi accenna soltanto alcune storie: vittime e oscuri eroi, medici e pazienti, giovani dissenzienti e uomini d’apparato… E la certezza, da parte dello scrittore, che Hiroshima lo rivedrà spesso perché gli incontri con i “veri abitanti” della città hanno lasciato in lui una traccia indelebile.
L’estate successiva infatti Oe è di nuovo a Hiroshima.
Si contano i morti di quell’anno, 47, anziani e giovani che sono stati sfiorati, ancora neonati, dalle radiazioni. Assiste agli interventi dei delegati internazionali alla conferenza sulla non proliferazione delle armi nucleari e l’impressione che ne ricava è di maggiore concretezza e onestà e pensa all’altra conferenza, la X Conferenza mondiale contro le bombe atomiche e all’idrogeno che si svolge a Kyoto, in ogni caso l’attenzione mondiale è indirizzata sul potenziale distruttivo della bomba atomica e spesso invece si ignora l’interminabile strascico di orrore che in tanti, tantissimi anni, determina. Ecco qualche parola tratta dall’intervento di un giornalista di Hiroshima, Kanai Toshihiro e riportata nel volume: “… Il più grande desiderio degli hibakusha di Hiroshima e Nagasaki, anche a nome delle vittime, è di rendere nota a tutti gli abitanti del pianeta la reale natura dell’incommensurabile miseria umana causata dall’esplosione atomica, e non semplicemente la potenza distruttiva di quegli ordigni.”
Viene infatti introdotto un altro tema: esiste anche una generazione successiva a quella della bomba, che ne ha però tratto terribili conseguenze, problemi di eredità genetica quindi, forse imprevisti.
Nel terzo capitolo, il Premio Nobel, dopo aver ascoltato tanti sopravvissuti, trae delle riflessioni che comunica in modo asciutto e efficace ai lettori. Testimonianze terribili di madri che avevano partorito figli deformi, un coraggio che non si può nemmeno immaginare, suicidi di giovani a cui era stata data la diagnosi di “leucemia mieloide” derivante dalle radiazioni, turbe psichiche e nevrosi ossessive, parole, frasi, racconti che Kenzaburo Oe riporta e che vanno diretti al cuore e alla coscienza dei lettori.
Una breve divagazione personale, alcune riflessioni su due termini che da sempre gli erano rimasti scolpiti nella mente: umiliazione e vergogna. E infine il dilemma su come perseguire la dignità dopo che “il genere umano era uscito sconfitto dal più violento attacco sferrato dalle forze del male sin dagli albori della storia dell’umanità”. Ma il coraggio dei medici, la loro capacità di non arrendersi sarebbe stato un segnale di speranza e di coraggio per tutto il mondo.
Lo scopo di questa raccolta di saggi, oggi pubblicati, non è solo un omaggio dovuto alle troppe vittime di quella maledetta estate del 1945, ma un segnale all’intera umanità, un messaggio che mette in guardia dal ripetersi di certi orrori e, nello stesso tempo, è un messaggio di fiducia nel coraggio, nell’orgoglio e nella volontà di vivere di tanti uomini e donne.
Qui potete leggere le prime pagine del saggio.
Verso Hiroshima
Fare riferimento a un'esperienza personale non è forse il modo più opportuno di cominciare un libro come questo. Tuttavia, i saggi su Hiroshima contenuti nella presente raccolta toccano i recessi più profondi della mia anima e di quella di Yasue Ryosuke, redattore che mi ha seguito sin dal principio di questa impresa. Ecco perché gli eventi che accompagnavano le nostre vite nell'estate del 1963 risultano inscindibili dal primo viaggio a Hiroshima effettuato in quello stesso periodo. Nel mio caso, assistevo inerte alla tragedia del mio primogenito appena nato, che giaceva tra la vita e la morte, senza la minima speranza di guarigione, in un contenitore dalle pareti di vetro. Quanto a Yasue, aveva da poco perduto la prima figlia. Un nostro comune amico si era inoltre tolto la vita impiccandosi a Parigi, sopraffatto dal terrore della minaccia nucleare e di una guerra mondiale estrema - un'ossessione che si era insinuata nella sua coscienza giorno dopo giorno, fino all'annichilimento totale. Eravamo entrambi sfiniti. Eppure, decidemmo ugualmente di partire, nel cuore dell'estate. Mai un viaggio è stato per me tanto estenuante, deprimente e avvolto nel silenzio.
A Hiroshima era in programma la IX Conferenza mondiale contro le bombe atomiche e all'idrogeno, che sarebbe durata diversi giorni accrescendo fino allo stremo la nostra prostrazione. In città, come si metterà in evidenza nel primo capitolo, regnava intorno all'evento un'atmosfera di crescente tensione e amarezza, tanto che al principio era addirittura in dubbio il suo regolare svolgimento; poi, quando le ultime riserve furono sciolte, la conferenza si tenne grosso modo come da programma, ma senza l'auspicato accordo fra le parti, in un clima avvelenato da dissidi interni. Avvolti in una membrana di polvere e sudore, fra sospiri dolenti e lunghi silenzi, con l'ani¬mo sprofondato in un plumbeo grigiore, Yasue e io vagavamo in mezzo a una moltitudine di gente animata dal vivo desiderio di essere parte di quell'importante avvenimento.
Più tardi, quando dopo una settimana ci apprestavamo a lasciare la città, capimmo finalmente che stringevamo fra le mani una chiave per riemergere dall'abisso di disperazione in cui eravamo precipitati. Quella chiave, ben lungi dall'essere qualcosa di trascendentale, era costituita dall'essenza stessa di molte persone incontrate a Hiroshima, tutte dotate di un'umanità davvero rara.
Rimasi profondamente colpito dalla genuinità dello stile di vita e dei pensieri degli abitanti di quella città. Mi diedero immenso coraggio. D'altra parte, però, continuavo a provare solo dolore ogniqualvolta tentavo di estirpare le radici di quel decadimento e di quella sorta di nevrosi generati dai pensieri rivolti al mio bambino rinchiuso in quel contenitore di vetro. Finché, a un certo punto, mi sentii finalmente spronato a squarciare la mia corazza interiore e a scandagliarne il contenuto con la ""chiave"" di Hiroshima e della sua gente. Io avevo ricevuto la mia istruzione secondaria nel periodo del processo di democratizzazione postbellica. All'università avevo studiato lingue e letterature straniere, in particolare letteratura francese moderna. Dopodiché avevo cominciato a scrivere influenzato da autori giapponesi e americani del dopoguerra. Insomma, ero un uomo dalla storia interiore ancora piuttosto scarna. Ma adesso, grazie a quel viaggio, sentivo il bisogno di passare di nuovo al setaccio le mie sensazioni, i miei pensieri e il mio senso della morale alla luce della recente esperienza, attraverso gli occhi di Hiroshima.
In seguito, ho ripetuto lo stesso viaggio in più di un'occasione, mettendo ogni volta su carta le mie impressioni e dando vita ad alcuni saggi brevi, che sono stati pubblicati uno dopo l'altro nella rivista ""Sekai"", della cui redazione fa parte il mio amico Yasue Ryosuke. Quei saggi sono stati infine raccolti nel presente volume.
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