Mettiamolo subito in chiaro: Perché non parlo più di razzismo con le persone bianche è un libro che parla di razzismo, scritto per persone bianche.
È il 2014 quando la giornalista venticinquenne Reni Eddo-Lodge pubblica sul suo blog un lungo post, una «lettera d’addio alla bianchezza» nella quale sancisce il rifiuto a intraprendere ulteriori discussioni e dibattiti con le persone bianche sulla propria condizione di donna nera in Inghilterra: perché, in fondo, «chi vorrebbe essere messo in guardia da un sistema strutturale che va a suo vantaggio a spese di altri?».
Ma il dibattito innescato da questo appello lucido e appassionato ha ben presto superato le intenzioni stesse dell’autrice; lei, dal canto suo, da quel 14 febbraio in poi la conversazione non l’ha praticamente mai interrotta: il risultato, assieme alle ricerche e alle esperienze personali di tutta una generazione di giovani inglesi neri e «brown», è questo saggio del 2017, che scompone, sviscera e analizza capillarmente le mille sfaccettature di un argomento fra i più polarizzanti del dibattito pubblico attuale.
Un'esplorazione ad ampio raggio degli inestricabili legami che intercorrono fra razza e classe sociale, storia e politica, memoria selettiva e tradizione, comunità e individuo. Una lettura essenziale per chiunque voglia capire perché le questioni razziali segnano il destino delle persone.
Quello che stupisce, in queste pagine, è la straordinaria abilità dell’autrice nel restituirci una visione al tempo stesso precisa ed immediata della questione razziale, dei suoi strascichi, dei falsi miti che vi sono connessi: la storia schiavista e coloniale, troppo spesso dimenticata, dell’Europa e del Regno Unito in particolare («noi siamo qui perché voi siete stati lì»); il razzismo strutturale, subdolo e implicito, che permea tutti gli ambiti istituzionali, dalla politica alle forze dell’ordine fino agli istituti universitari; il privilegio dei bianchi, che «si manifesta in tutti e in nessuno», del quale spesso non si è nemmeno consapevoli, e lo spauracchio del «razzismo inverso» che non esiste, perché «razzismo uguale pregiudizio più potere»; e ancora, la bugia auto-assolutoria del colour blindness (quanto spesso avete sentito dire o affermato a vostra volta fieramente «per me le razze non esistono, io non vedo le persone come bianche o nere»?), e il conseguente «vittimismo bianco» di cui noi, bianchi che ci proclamiamo antirazzisti e progressisti, siamo spesso intrisi.
Ogni lembo di questo amplissimo discorso, che si parli delle implicazioni razziali nel femminismo e nella lotta di classe o che si cerchi di portare avanti una conversazione surreale con il leader dell’estrema destra inglese Nick Griffin, è tenuto insieme dalla voce vibrante e aggraziata di Eddo-Lodge, che ha vissuto sulla propria pelle l’handicap di partenza con il quale «a quanto sembra, le persone nere devono fare i conti a ogni tappa importante delle loro vite».
Perché non parlo più di razzismo con le persone bianche è un libro che i bianchi devono leggere, perché «il razzismo è un problema bianco. Rivela le ansie, le ipocrisie, i doppi standard morali della bianchezza. Riguarda l’identità bianca, la paura bianca». Ed è un libro che dà speranza, che ci invita a credere nella creatività, nella passione, nell’entusiasmo, «le tre cose di cui abbiamo in assoluto più bisogno se vogliamo porre fine a questa ingiustizia». Spetta a noi privilegiati plasmare noi stessi e il nostro futuro: «non c’è giustizia. Ci siamo solo noi».
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