Il Giappone è un paese in cui si soffre molto, ma non ci si fa caso. Questi giardini dove gli dei vengono a prendere il tè sono la ricompensa per l’indifferenza al dolore
“Dopo le ceneri, le rose.”
In queste cinque parole può essere sintetizzato il tema dell’ultimo libro di Muriel Barbery, Una rosa sola. Tra giardini di ciliegi e di susini, azalee e petunie, in un Giappone suggestivo, descritto con tratti delicati, avviene la rinascita della protagonista, Rosa. Noi seguiamo questo viaggio con lei, seduti in macchina insieme all’autista, alla scoperta di maestosi templi e di ponti sospesi incastrati tra imponenti catene montuose, che fanno da cornice alle vicende.
Ogni tempio è diverso dall’altro e, nel silenzio della contemplazione, possiamo continuare il viaggio dentro noi stessi, tra pini, sabbia e susini non ancora in fiore, dimenticando la frenesia della vita, unendoci alla forza della natura, all’energia del mondo.
Come una calligrafa giapponese, Barbery disegna una Kyoto in cui modernità e tradizione si uniscono, in cui accanto al cemento, ai negozi e alle vie trafficate di turisti, convivono piccole sale da tè e locali dove gustare dell’ottimo saké. Proprio come la protagonista, noi all’inizio siamo disorientati da questo mondo così diverso dal nostro, con un ritmo di vita che non combacia con quello cui siamo abituati, ma pagina dopo pagina, ci lasciamo conquistare dall’essenza del Giappone, dal silenzio e dalla sacralità dei suoi templi. Insieme a Rosa impariamo a vedere i fiori e la bellezza e non soltanto a passarci accanto e a catalogarla, come fossimo tutti dei botanici.
Il ritorno dell’autrice dell’Eleganza del riccio, un successo mondiale da 2 milioni di copie solo in Italia. Per le vie di Kyōto il viaggio intimo di una giovane donna alla ricerca di se stessa.
I fiori, ma anche le piante e tutta le vegetazione del Giappone sono il filo conduttore del viaggio, resi coprotagonisti dalla penna di Barbery, che ne riporta la forza e le caratteristiche salienti e ci permette di immergerci nel loro mondo, come se li stessimo annusando e sfiorando di persona.
Come dice il poeta Issa, citato nel libro, “In questo mondo camminiamo sul tetto dell’inferno guardando i fiori.”
Nei diversi capitoli la tradizione, la poesia e le leggende giapponesi si intersecano di continuo con il mondo interiore di Rosa, creando una risonanza anche dentro di noi.
Una rosa sola è un viaggio alla scoperta di se stessi, un percorso tortuoso in cui siamo guidati e accompagnati da Muriel Barbery che ci descrive tutto con delicatezza e una patina di tristezza e nostalgia, accompagnata spesso da rovesci di pioggia, necessari per comprendere la sofferenza che sempre si cela dietro a ogni rinascita. Tutti comprendiamo il dolore e la fatica necessaria per liberarsi dal peso che questo impone. Come viene detto a più riprese nel libro, “il Giappone è un paese in cui si soffre molto, ma non ci si fa caso. Questi giardini dove gli dei vengono a prendere il tè sono la ricompensa per l’indifferenza al dolore.”
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