A quindici anni il mondo sembra enorme
Un mondo enorme. Ecco cosa contiene quest’antologia. Anzi, in Quasi di nascosto ce ne sono dodici, di mondi, tutti incommensurabili, diversi, privati, eppure che vogliono la stessa cosa: capirsi, semplificarsi in parole, in racconto. Gli autori e le autrici dei pezzi che sono raccolti qui hanno meno di venticinque anni, e questo fatto, a ogni pagina, si sente, ma non fraintendetemi. Non è da una presunta immaturità stilistica che emerge la loro giovane età. Tutt’altro: i racconti contenuti in Quasi di nascosto vanno letti perché fanno esplodere, una volta per tutte, quell’immediata, sconsiderata, urgente e incendiaria gioia di scrivere che invade solo gli scrittori ai loro primi lavori. E questa è una magia che non troverete altrove.
Un'antologia di giovanissimi, di autori e autrici under 25 che esplorano la scrittura, sé stessi e il mondo che li circonda. Il risultato sono dodici racconti forti e magistrali dalla voce nuova ed entusiasta: una lettura per tutti coloro che si stanno chiedendo dove sta andando la narrativa italiana.
[…] veniva da chiedersi se fra loro ci fosse ancora qualcuno che scegliesse la narrativa pura e semplice per raccontare e raccontarsi. Eravamo sicuri che qualcuno lo facesse, ma appariva sempre più evidente che per il momento agissero in privato, senza esporsi, quasi di nascosto
I racconti sono dodici, e dodici sono le voci che li hanno scritti. Come scrive Matteo B. Bianchi nella sua premessa al volume, un’antologia così risponde a due esigenze. La prima – più pragmatica, se vogliamo, ma comunque importante nel nostro mestiere – è lasciar spazio a quelle che potrebbero essere nuove promesse della narrativa italiana. Chissà – ne sono certo – che tra questi dodici non ci sia il prossimo bestseller nostrano. La seconda, più interessante, a mio avviso, è di fornire uno spaccato più o meno ampio e più o meno realistico dello stato dell’arte della narrazione, qui e ora. In Quasi di nascosto ci sono delle tendenze, alcune chiare, altre devo ancora trovarle io stesso. E con queste tendenze dobbiamo farci i conti, perché forse il modo di scrivere sta cambiando: stanno cambiando gli stili, i temi, le letture.
Una tendenza è quella alla vita minima. Gli eventi raccontati sono piccoli, appena percettibili, eppure spalancano voragini nei protagonisti e nelle protagoniste. È una tendenza importante, perché ci sta raccontando una direzione: i giovani, oggi – ma forse sempre? –, sono ricettivi. Il modo grossolano e spensierato con cui il nostro mondo è abituato a muoversi non funziona più, perché, sulla pelle delle nuove generazioni, lascia lividi.
E allora quando Martina dice ad Agnese «Madonna che troia», siamo noi lettori a sentire un pugno dritti in faccia; o quando Caterina Zanetti fissa l’ombelico della protagonista di Non diventare donna di Martino Giordano e le dice che le piace, noi proviamo qualcosa che sta tra la vergogna e inadeguatezza; o quando Monica guarda il ragazzo con cui ha appena scopato piangere sulla tazza del water, sudato fradicio e impiastricciato di vomito, perché gli è venuta in mente la sua ex ragazza, noi sappiamo che sono cose che non succedono mai per davvero, ma che è esattamente ciò che vorremmo fare in quelle situazioni. Cose da niente, dicevo, eppure ne sentiamo tutto il peso.
A Elia dico: «Forse siamo noi nel posto sbagliato».
Alza le spalle. «Trovalo tu un posto giusto»
Poi c’è il fatto che tutti questi racconti parlano di qualcuno che non si sente nel posto giusto. E questo fa pensare parecchio. C’è chi scappa dalla polizia perché ha rubato dei petardi e non si è fermato a un posto di blocco, c’è chi passa sul ponte dove si è ammazzato il suo amante, chi è al sud, ma è del nord, e quindi ha un potere quasi malefico su ciò che lo circonda. C’è chi addirittura parla un’altra lingua o è rimasto legato a quella antica dei dialetti. E tutte queste persone, spaesate, incontrano sempre qualcun altro. Che le decentra ancora di più, oppure le salva, oppure le costringe a nascondersi, oppure le fa splendere. Leggendo la vedrete chiara, tutta questa fame e bulimia di relazioni.
Ve l’ho detto che ci sono mondi enormi, qui. Non resta che esplorarli, ancora e ancora.
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