Cosa significa scrivere del contemporaneo?
Anzi, ancor più del contemporaneo, l’immediato passato, quello che è accaduto in un periodo talmente recente da non sembrare (e in un certo senso è realmente così) mai trascorso del tutto. E nel caso di quest’opera letteraria, la prima domanda ne trascina un’altra con sé, forse ancor più determinante: cosa vuol dire scrivere di un evento che ha cambiato il mondo e ha cambiato, in qualche misura, la nostra specie?
David Quammen, per riportare su carta nel modo più efficace questo concetto, sceglie diversi sentieri, che partono tutti dalla stessa arteria principale e confluiscono nella stessa piazza: la strada del reportage, quella del romanzo di avventura e quella dell’articolo di cronaca. In questo libro che è un gioco di specchi queste tre anime convivono senza cozzare e anzi si sostengono l’un l’altra, diventando come facce di una stessa medaglia (dalla forma molto particolare, essendo tre facce diverse).
Il divulgatore scientifico americano, come già nel suo precedente scritto Spillover (pubblicato in Italia da Adelphi nel 2014), di cui questo Senza respiro è (volenti o nolenti e con tutte le riserve del caso) una sorta di seguito spirituale, sceglie di accompagnarci nella lettura portandoci esattamente dove vuole lui, senza fretta, prendendosi i suoi tempi, ma con una scrittura agile e precisa, che non tralascia nulla e che analizza e viviseziona eventi, date, genomi di Rna.
Dall’inizio della pandemia, sei milioni e mezzo di persone sono morte nel mondo. Il Big One, descritto in termini quasi profetici in Spillover, ha bussato alle nostre porte, e non eravamo pronti.
Perché di questo c’è bisogno per scrivere di un evento così intricato dal punto di vista biologico, sociale e anche narrativo come la pandemia di Sars-Cov-2 che ha interessato il nostro pianeta e l’ha tenuto in ostaggio per tanto, troppo tempo: di una visione chiara e competente e di una capacità di scrittura liquida e mutaforma, che possa passare da un paragrafo all’altro snocciolando dati, raccontando un avventuroso viaggio nelle caverne di una remota regione della Cina alla ricerca di pipistrelli oppure soffermandosi a far riflettere chi legge su cosa significa ricomporre il ceppo di un virus fino a un momento prima sconosciuto.
Quammen ha ricostruito questa esperienza di lettura pezzo dopo pezzo in due anni di meeting, incontri e molte parole scambiate con medici, ricercatori, scienziati sparsi ai quattro angoli del pianeta, andando alle origini dello scoppio della malattia, portandoci indietro a situazioni già viste e sentite (l’epidemia di Sars del 2003 per esempio) e allo stesso tempo lasciandoci cadere nel mezzo degli eventi, quando le cose sono precipitate e quando la raccomandazione “non farsi prendere dal panico” ormai era già diventata un vago ricordo.
Si sarebbe quasi potuto dire che il Sars-Cov-2 stava imparando a conoscerci, mentre noi imparavamo a conoscere lui.
C’è una grande consapevolezza in questa solida scrittura, quella della conoscenza profonda dei fatti e delle situazioni che permette a Quammen di impalcare una struttura narrativa mai scricchiolante e al tempo stesso soffice e comoda per chi si approccia alla lettura, intessendo un racconto fatto di vita, morte e resurrezione ma anche e soprattutto di persone, che hanno potuto assistere in prima linea e riportare passaggio dopo passaggio la cronistoria degli eventi, anche con coraggio, senza preoccuparsi di nascondere e di puntare il dito contro chi poteva agire e non l’ha fatto o contro le misure che non sono state prese nonostante la consapevolezza della gravità della situazione. Ovviamente, riportate da Quammen con il giusto distacco da cronista e con la giusta equità di punti di vista differenti.
E così capita di appassionarsi ai racconti e alla vicenda di Ali Khan, preside del College of Public Health della facoltà di medicina dell’Università del Nebraska, americano di Brooklyn figlio di immigrati pakistani, oppure della dottoressa Zenghli Shi e delle sue prime esperienze con i pipistrelli ferri di cavallo, oppure ancora della celebrità nel campo della virologia Eddie Holmes, trapiantato a Sidney in uno studio con una versione “simpsoniana” de I nottambuli di Edward Hopper appesa al muro.
Perché la maggior parte dei paesi – in particolar modo gli Stati Uniti – si erano rivelati tanto impreparati? Per mancanza di informazioni scientifiche, o di soldi?
“Per mancanza di immaginazione” disse Khan.
Leggere questo libro porta a specchiarsi nel nostro passato più recente per immaginare il nostro futuro, capirlo e analizzarlo per proiettarci in avanti nel modo più vitale possibile. Comprendere per prevenire e fare in modo, o quantomeno provare a fare in modo, che quello che è accaduto possa non verificarsi più. Aggrapparsi alla vita e alla fiducia nella speranza, con tutte le nostre forze.
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