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Solo vera è l'estate di Francesco Pecoraro

C'è una tipologia di romanzo che attira sempre la mia attenzione.

Si tratta di quei libri in cui l'autrice o l'autore ci raccontano come un importante avvenimento della storia, quella con la "S" maiuscola, spesso entri nella vite semplici di persone alle prese con i problemi di tutti i giorni e talmente assorbiti in essi da non rendersi conto che quello che succede intorno a loro segnerà per sempre la società. 

Ed è proprio quello che accade nell'ultimo romanzo di Francesco Pecoraro Solo vera è l'estate pubblicato da Ponte alle Grazie.

Solo vera è l'estate
Solo vera è l'estate Di Francesco Pecoraro;

Venti luglio 2001. Fra il litorale romano e il G8 di Genova, tre ragazzi di trent'anni e una donna che tutti e tre desiderano. È il giorno che ferma la storia, il giorno che cambia per sempre la loro esistenza e quella di tutti.

Il libro inizia con un'atmosfera che mi ha fatto pensare al film "Il sorpasso" di Dino Risi.

Infatti, in una torrida giornata di luglio (lì era Ferragosto), tre giovani amici, trentenni, si ritrovano per lasciare una Roma semi deserta, per dirigersi ad Anzio, diretti ad una "mega" festa.

Giacomo, Enzo, Filippo, sono romani...tutti e tre sono nati e cresciuti qui, in questo che è diventato un qui a causa della città, cioè a causa del bassifondo del Fiume che in questi luoghi, 2500 anni fa, ha consentito la costruzione del Ponte. Fiume separa, Ponte unisce ciò che è separato. Se c'è un ponte, li ci sarà una città, non viceversa. GEF sono dunque anch'essi figli del Ponte...

Tre storie diverse ma che racchiudono la stessa problematica sociale. E, proprio come nel film di Risi, la fuga dalla città rappresenta uscire da un certo status, un tentativo di abbandonare le proprie sgradite realtà.

È una voce narrante che ci permette di scoprire i molteplici risvolti dei tre amici, quasi come se fosse una coscienza comune, e che disegna un quadro esistenziale della GEF (Giacomo,Enzo e Filippo), con tutti i lori dubbi, le poche certezze, le paure sul futuro, ma anche le tante mal celate speranze.

Tre figli di una Roma "stanca" e logorata dal caldo, una Roma che gli ha fatti crescere nella sua "zona di conforto", quasi allontanandoli da un certo malessere esistenziale che serpeggiava in quelli anni.

Così che i rampolli nati negli anni settanta, rifiutando le professioni liberali dei loro padri, finiscono per darsi al superfluo, alla cultura (come Giacomo), o all'arte (come Enzo)....e come Filippo, che scegliendo attività inconcepibilmente marginali per la bolla sociale di appartenenza, rifiutano ogni tipo di integrazione

Ma ecco che arriva la "Storia" a sovvertire tutti i piani, e lo fa attraverso l'altra protagonista del libro: Biba.

Scopriremo infatti che questa fantomatica ragazza, amica in modo "particolare" di tutti e tre, intrattiene una sorta di relazione, principalmente sessuale, ma anche un rapporto di complicità nel condividere le profonde identità di ognuno di loro. Nelle 24 ore, o poco più, in cui si svolge il romanzo, Biba però alla festa non c'è, è andata a Genova. Ha deciso di partecipare alle attività dei movimenti no global che vogliono contestare (civilmente) i lavori del G8, che quell'anno si svolge nel capoluogo ligure.

Si trova in piazza Alimonda il 20 luglio del 2001, dove un lenzuolo bianco copre il corpo senza vita di un ragazzo, solo un po' più giovane di lei. Sarà testimone degli scontri tra "black block" e forze dell'ordine, vivrà sulla sua pelle i fatti drammatici di quei giorni, che hanno brutalmente attaccato il nostro stato di democrazia e violentemente scosso le anime di chi c'era.

Scappata da quell'orrore e rientrata a Roma, Biba si confronterà, raccontando questa sua esperienza, con i "GEF",  e sarà l'occasione per aprire gli occhi sulle vite di tutti e quattro.

Anche io all'epoca avevo l'età dei vari Giacomo, Enzo e Filippo, erano anni particolari, in cui la nostra generazione sognava un mondo meno globalizzato e più vicino alle esigenze e ai bisogni delle persone, ma ancora una volta la storia, quella con la "S" maiuscola appunto, cambiò tutto. Non solo quel 20 luglio, ma ancora più drammaticamente qualche settimana dopo, l'11 settembre dello stesso anno (2001), nei cieli degli Stati Uniti. 

Mi piace concludere con un'altra citazione cinematografica, questa volta tratta direttamente dal libro, e che fa da metafora perfetta per le vite raccontate in questo romanzo: 

L'indifferenza di questi palazzi è evidente, ha ragione Antonioni sul finale dell'Eclisse...con quelle inquadrature ferme su scorci di palazzine all'Eur apatiche fredde impassibili ostili come le facce dietro le finestre, come il tubo che perde acqua. Quel tubo me lo porto dentro da anni

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Lavora come architetto urbanista presso il comune di Roma, dove vive.Scrive da una ventina d'anni, poesie, saggi su arte e architettura pubblicati da riviste specializzate e racconti.Ha pubblicato i racconti di Dove credi di andare (Mondadori, 2007; Premio Napoli e Premio Berto), le poesie di Primordio vertebrale (Ponte Sisto, 2012) e Questa e altre preistorie (Le Lettere, 2008), che racchiude le prose del suo Tash-blog.Con il suo romanzo La vita in tempo di pace è stato candidato al Premio Strega 2014. Nel 2019 esce per Ponte alle Grazie il suo nuovo libro: Lo stradone.

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