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Sulla cattiva strada di Sara Benedetti

«Ma c'è amore un po' per tutti, e tutti quanti hanno un amore, sulla cattiva strada».

Così cantava De André e così vivono i protagonisti del romanzo di Sara Benedetti: innamorati di Genova, la loro città, come in un idillio, sono allo stesso tempo incapaci di liberarsi delle catene dei suoi vicoli e del carcere Marassi, come in una relazione violenta e difficile.

L’amore è anche tra i protagonisti del racconto e, nella sua forma più sincera, si manifesta tra i “fratelli di strada”, amici che si proteggono a vicenda e si appoggiano anche – o soprattutto – nelle azioni criminali, tramandandosi regole di sopravvivenza e codici di comportamento alternativi a quelli dei ragazzi perbene. Questi legami sostituiscono quelli tra i ragazzi e i padri, figure assenti il cui destino finisce comunque per essere prototipo di quello dei figli. Non molto stabili sono anche i rapporti con madri e fidanzate, che costituiscono un universo femminile solo in apparenza di sfondo. La loro presenza è indispensabile per restituire l’immagine dei caruggi, i vicoli genovesi, un labirinto popolato da bambini soli e donne di vita, da spacciatori e bande rivali di diverse etnie, ma anche da studenti e bottegai.

C’erano persone al mondo, e nei vicoli ce n’erano più che da altre parti, con un buco nero dentro. Un buco che ti nasceva nel cervello o nella pancia per le cose che avevi visto e che ti avevano fatto fin da quando eri piccolo. Ed era difficile tirarsene fuori, perché tutto quello che succedeva, anche il bello, finiva lì dentro, risucchiato da una forza sconosciuta, e scompariva

Leggere Sulla cattiva strada è come camminare tra le vie di Genova in un viaggio che dura dalla fine degli anni ’80 al presente. Alcuni tragici eventi che hanno colpito la città compaiono tra le pagine e danno coordinate su cui muoversi, ma sono gli odori, i colori e le canzoni che creano il tessuto di tutta la storia. Le vere guide di questo romanzo sono Tedesco, Pagano, Jim e gli altri caruggiai, simbolo di luoghi in cui, dicono, «vivere voleva dire sopravvivere, ma non per questo era meno bello».

Questi personaggi si muovono tra le difficoltà della vita e spesso ci cadono: chi legge li segue passo passo, senza vederli come eroi e senza giudicarli, ma sempre rimanendo vicino a loro sulla cattiva strada.

Recensione di Paola Greco

Sulla cattiva strada
Sulla cattiva strada Di Sara Benedetti;

Un romanzo di rara intensità, scritto con le parole scarne, il ritmo e il respiro dei vicoli genovesi. Dove, come sapeva perfettamente De André, la poesia va e viene per le strade, di scorcio, anche quando sono malmesse.

Genova in trent’anni, dal 1988 al 2018. La Genova prima dell’Expo, prima della costruzione dell’Acquario, la Genova del G8 e quella del Ponte Morandi, ma soprattutto la Genova dei vicoli e dei loro abitanti, i carruggiai. In Sulla cattiva strada, primo romanzo della sceneggiatrice Sara Benedetti, la città è molto più di un semplice luogo fisico. È una forza magnetica che risucchia a sé, e non permette a nessuno di cambiare vita, di redimersi.

I protagonisti di questo romanzo fortemente corale (Tedesco, Pagano, Lord Jim, Toso, Ethan e altri ragazzi dei vicoli) sanno sin da quando sono nati il destino che li attende. Da sempre nel lor quartiere, quello della Maddalena, i ragazzi più grandi addestrano quelli più piccoli, preparandoli affinché prendano il loro posto quando sarà il momento. È un’educazione, quella dei “fratelli di strada”, fatta di violenza, di risse per il possesso dei territori, di combattimenti fra cani, di furti, di spaccio. Per le ragazze, spesso anche di prostituzione. Tutti i personaggi sono costretti a diventare grandi prima della media, a dodici anni già hanno i primi rapporti sessuali e le prime esperienze con la LSD. Eppure, nonostante tutto, i carrugi sono l’unico posto dove si sentono protetti e accettati. Tutti gli altri luoghi, come la casa, il collegio, il carcere, sono al tempo stesso ostili e inevitabili, tappe obbligatorie che i carruggiai mettono in conto di dover attraversare. Non si chiedono se andranno in carcere, ma quando. Non si chiedono come sfuggirgli, ma come tentare di non soccombere psicologicamente.

Funzionava così, ci si conosceva nei vicoli da bambini e ci si ritrovava nei collegi. Collegio, poi comunità, poi carcere. Questa era la carriera.

Non c’è spazio, nelle difficili vite dei carrugiai, per gli eventi esterni, per la Grande Storia. Fatti di estrema importanza per l’Italia, come il G8, li sfiorano appena. Quasi li rasserenano. Per un giorno, sanno che la polizia non si concentrerà su di loro, e ciò li lascia quindi liberi di infilarsi nei negozi con le vetrine rotte e prendere tutto quello che riescono ad afferrare. Per un giorno, non saranno loro il bersaglio delle forze dell’ordine, ma gli studenti, i “figli di papà con le treccine e i pantaloni da odalisca”.

Il mondo degli universitari e quello dei carrugiai sono due universi che si incontrano spesso, ma che non si accetteranno mai l’uno con l’altro. Gli studenti sono di passaggio, sono ricchi, hanno degli ideali astratti ma non conoscono ciò che avviene sotto i loro occhi. A un certo punto nel romanzo Tedesco ha una relazione con un’universitaria fuorisede, ma sa fin dal principio che non potrà durare, che lei tenterà sempre di salvarlo e di cambiare il suo modo di essere. Le ragazze che Tedesco invece ama veramente, Morango e Jamila, sono simili a lui, perché hanno la stessa storia alle spalle. Vivono con famiglie assenti, disfunzionali, si circondano di uomini che le sfruttano, si addentrano in relazioni tossiche, lasciano che i loro sogni vengano consumati dall’eroina.

Sono personaggi difficili, quelli di questo romanzo, con il loro egoismo e le loro scelte sbagliate, eppure è impossibile non empatizzare con loro, con la loro impacciata dolcezza, con il loro bisogno d’affetto.

Perché come cantava De Andrè nella canzone che dà anche il titolo al romanzo

C’è amore un po’ per tutti

E tutti quanti hanno un amore

Sulla cattiva strada.

 

Recensione di Maria Luisa Da Rold

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