Cos’è un gioco? […] È domani, e domani, e domani. È la possibilità dell’eterna rinascita, dell’eterna redenzione. L’idea che, se continui a giocare, puoi vincere. Se perdi, non è per sempre, perché nulla è mai per sempre
Tomorrow, and Tomorrow, and Tomorrow di Gabrielle Zevin (Nord) non è una storia d’amore. È la storia di un legame profondo che sconfigge la distanza, il rancore, la rabbia, i non detti.
Una fredda mattina del 1995, Sam Masur scende dalla metropolitana e, tra la folla che si accalca sulla banchina, la vede: Sadie Green. La chiama e, per un attimo, lei finge di non sentirlo, poi il rancore si stempera nella nostalgia. Sono passati otto anni dal litigio che aveva spezzato il loro legame, strettissimo eppure fragile, come solo le amicizie dell'infanzia sanno essere.
È la storia di Sam e Sadie, che si conoscono dall’età di undici anni. La loro amicizia nasce nella sala giochi di un ospedale, dove Sam si trova a causa di un brutto incidente d’auto, che gli ha portato via la mamma e lasciato un piede in pessime condizioni, e dove Sadie accompagna la sorella a fare le cure per la leucemia. Pian piano, una partita di Super Mario Bros dopo l’altra, Sadie riesce a conquistarsi la fiducia del ragazzino silenzioso con il piede ingabbiato.
Nel 1995, Sam e Sadie non si vedono da otto anni quando si incontrano in una stazione della metropolitana di Cambridge, Massachusetts, dove si sono trasferiti per studiare ad Harvard e al MIT. Quest’incontro casuale riavvicina i due, che riescono a trasformare la comune passione per i videogiochi in un lavoro. Insieme a Marx, coinquilino di Sam, nel giro di un anno producono Ichigo, un gioco rivoluzionario, primo di una lunga serie di successi (e qualche insuccesso).
Tomorrow, and Tomorrow, and Tomorrow non è una storia d’amore, ma di amore parla. Non solo dell’amore in una relazione sentimentale, ma di tutte le sue declinazioni. Lo stretto legame che vincola un genitore a un figlio, un nonno a un nipote, una sorella minore alla sorella maggiore. Il sentimento platonico che unisce due amici di vecchia data, incapaci di stare l’uno senza l’altra nonostante il tempo passato senza scambiarsi una parola, nonostante le liti e le incomprensioni.
Dentro il romanzo si celano riflessioni profonde su temi tutt’altro che futili: la perdita di una persona cara, il confronto con la malattia, il rapporto con i propri genitori, il superamento di una relazione tossica, il sessismo, il razzismo e l’omofobia di cui sono permeati il mondo del gaming e la società del XXI secolo. Ma alla base della trama sta anche, e soprattutto, l’idea che c'è sempre un domani: la potenzialità di reinventarsi, di ricominciare, di andare alla ricerca della propria identità anche quando ormai ci sembra definita, anche quando siamo convinti che niente potrebbe cambiare.
Non è necessario essere gamer incalliti per apprezzare questo romanzo. La bravura di Gabrielle Zevin sta nel fatto che, leggendolo, si ha quasi l’impressione di trovarsi all’interno di uno di quei videogiochi “story-driven” con una trama densa, ambientazioni che sembrano reali, personaggi ben costruiti – sì, anche i NPC. Lunghi flashback in cui scopriamo del passato di Sam, Sadie e Marx si mescolano fluidamente alla narrazione principale, costruendo una storia avvincente, intrisa di nostalgia e di romanticismo, ma mai stucchevole.
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