Anniversari e Ricorrenze

Doris Lessing e lo zeitgeist del femminile novecentesco

Illustrazione di Antonia Maffia, 2023, studentessa del Liceo Volta di Pavia. Tecnica mista

Illustrazione di Antonia Maffia, 2023, studentessa del Liceo Volta di Pavia. Tecnica mista

Dieci anni fa, il 17 novembre 2013, ci lasciava Doris Lessing, scrittrice zimbabwese di origine britannica, donna dallo spirito libero e indipendente, acuta interprete dello "spirito del suo tempo" da un punto di vista femminile, in parte femminista.

Una missione, quella di scrittrice, che Lessing prende molto seriamente, coniando per sé e per i suoi colleghi scrittori l'ironica definizione di “contatori Geiger della cultura”, ossia di "figure che avvertono le cose in anticipo". Nell’introduzione al suo titolo fantascientifico Shikasta (1979) scrive:

Credo sia possibile – non solo per i romanzieri – inserire la spina in una sorta di Uhr mente-mente, o mente superiore, o inconscio o quant’altro, e questo spiega un gran numero di “coincidenze” o “avvenimenti improbabili” che si verificano

Figlia di quella grande tradizione inglese fatta di realismo e di immaginazione, di satira e invenzione di mondi “altri” dal qui e ora, ma che rispecchiano o si muovono in parallelo al nostro.

Se da un lato, la sua scrittura incorpora il realismo (femminile) che fa capo a Jane Austen, dall’altro presenta il fantastico-satirico che è impossibile non associare a penne come quelle di Thomas More, Jonathan Swift, Aldous Huxley, e infine George Orwell con 1984 e La fattoria degli animali.

La voce di Lessing, meravigliosa e terribile, schietta e incisiva, si distingue così tra le altre per dipingere, spogliare e radiografare il Novecento – invitandoci a scandagliarlo fin nelle sue zone d’ombra più nascoste.

Tra gli infiniti distintivi professionali che le sono stati appuntati al petto nel corso della sua brillante carriera e che l’hanno consegnata alla memoria dei posteri, tra premi internazionali e nazionali come, in Italia, il Mondello e il Grinzane Cavour alla carriera, il più luccicante ma anche il più tardivo ad arrivare, è sicuramente quello di premio Nobel per la Letteratura.

Candidata da decenni, è infatti solo all’età di 88 anni, che l’autrice del Taccuino d’oro, il suo romanzo forse più famoso che, uscito nel remoto 1962, aveva fatto scalpore con la sua materia e la sua struttura narrativa rivoluzionaria –  indagava le oscurità dell’inconscio e dell’eros di una donna in crisi, – nel 2007 è stata premiata con la seguente motivazione: «narratrice epica dell'esperienza femminile, che con scetticismo, passione e potere visionario ha messo sotto esame una civiltà divisa».

Doris May Taylor, in arte col cognome del secondo marito, l’ebreo comunista tedesco Gottfried Lessing, è perciò anche ‟il” vincitore più anziano nella secolare storia del Nobel per la Letteratura.

Donna dal forte temperamento e scrittrice consapevole del proprio talento, il giorno in cui arrivò la notizia alla sua agenzia nella tarda mattinata, lei era a fare la spesa. Cellulare spento, come al solito. Quando tornò a casa e trovò la calca dei giornalisti ad aspettarla, una volta informata del riconoscimento finalmente ottenuto, rispose «Oh Christ! I couldn't care less». E subito dopo, aggiunse: «Erano trent’anni che lo aspettavo. Ho vinto tutti premi che ci sono, tutti i dannati premi. Mi mancava solo quello». Alla domanda che ricevette sull’opportunità o meno di accettare il premio per ragioni politiche, lei rispose, candidamente: «Non ci avevo pensato. Dovrei? Beh, ci penserò seriamente, va bene?».

La sua è stata una vita costellata di peripezie, sia private che pubbliche, a cominciare da quando a vent’anni venne cacciata dalla Rhodesia del Sud – oggi Zimbabwe – perché comunista e contraria all’apartheid che anche lì si praticava.

Il padre, un ufficiale britannico reduce della Prima Guerra Mondiale, dopo aver sposato la madre di Doris, un'infermiera, si era trasferito con la famiglia dapprima nell’attuale Iran, dove lavorò come impiegato di banca, e poi nel 1925, inseguendo il desiderio di vivere il sogno vittoriano delle "terre selvagge”, si erano trasferiti nella colonia britannica della Rhodesia del Sud per condurre la difficile vita dei coltivatori di mais.

In lei convivono dunque con uguale intensità il sentimento di appartenenza al popolo e alla cultura inglese, così come l’amore per l’Africa, sul cui avvenire ha dimostrato sempre un po’ di preoccupazioni, dovute da un lato alle pressioni occidentali, e dall’altro alle questioni di carattere locale legate alla corruzione e alla burocrazia; tematiche, queste, che per tutta la vita saranno molto a cuore alla scrittrice e che ritroviamo più forti che mai ne Il Sogno più Dolce (uscito in Italia per Feltrinelli).

Nei due volumi autobiografici Sotto la pelle e Camminando nell’ombra, Lessing compie un bilancio della propria esistenza dalla nascita ai quarant’anni, e, con esso, un grandioso colpo d’occhio sul pezzo di pianeta in cui è vissuta, molto vasto ed eterogeneo, come sul drammatico scorcio di storia che ha attraversato.

Ma andiamo con ordine e ripercorriamo dall'inizio alcuni dei dati biografici più salienti della vita di Doris May Taylor: figlia, madre, scrittrice, attivista, intellettuale, donna libera.

Nata il 25 ottobre 1919 a Kermanshah, da un padre ‟sognatore”, come lei lo definisce, tornato dalla guerra con una protesi di legno al posto della gamba amputata, e da una madre ‟ambiziosa” e patita del controllo. Degli anni successivi al trasferimento in Rhodesia, l’autrice scrive nel piccolo libro, Mia madre, nel quale descrive la fattoria nel bush, col padre che insegue il miraggio della piantagione e la madre che, stizzita, custodisce la perduta dignità piccolo-borghese.

Mia madre è un libro importante, soprattutto per chi si vuol avvicinare per la prima volta a Doris Lessing, perché ci si imbatte subito in un tratto fondamentale della sua scrittura: l’anti-romanticismo. Disegnando con spietata lucidità la figura materna – la stessa con cui racconterà, nell’autobiografia, come e perché, nel 1943, lei abbandonerà il primo marito Frank Charles Wisdom e i due figli piccolissimi, John e Jean – emerge infatti un anti-romanticismo sui generis.

È terribile far finta che sia di prima qualità ciò che è di seconda. Far finta di non aver bisogno d'amore quando ce l'hai. O che ti piace il tuo lavoro quando sai che sei capacissimo di fare ben altro.

I personaggi dell’universo narrativo lessinghiano inseguono sogni e passioni, ma sognano e sperimentano qualcosa di molto diverso dall’amore romantico, dalla gloria o dalla santità, che la scrittrice ricalca spesso sul modello del padre, il cui sogno era semplicemente quello di filari rigogliosi e fruttiferi di piante in una terra impossibile.

D’altronde, lei stessa spiega che il dolore più cocente della sua vita («Il dolore è passione») è stato per un gatto, che aveva dovuto abbandonare da bambina lasciando la Persia. Non a caso, tra le pagine più intime e intense di Doris Lessing ci sono quelle dedicate ai gatti che la scrittrice ha avuto nel corso della sua vita movimentata. Gatti molto speciali è infatti un viaggio affascinante attraverso gli anni e i continenti, un’autentica delizia letteraria che offre un illustre omaggio al mondo felino, che si spinge fino a svelarci l’autentico, misterioso e seducente linguaggio dei gatti.

Abbandonata la scuola a 14 anni, l’adolescente Doris intraprende la strada di autodidatta che seguirà per tutta la vita. E per tutta la vita, si troverà inseguire ideali morali e politici, che la porteranno, tra le altre cose, a militare nel ’37 tra i “leftist” antirazzisti e a iscriversi al Partito comunista.

Studiare è questo. Improvvisamente si comprende qualcosa che si era capita da tutta una vita, ma da un nuovo punto di vista

E di punti di vista, nel corso della sua vita, Doris Lessing ne cambia spesso. Dopo un matrimonio coronato dalla nascita di due figli, sempre alla ricerca della libertà, la scrittrice scappa per risposarsi poco tempo dopo con  Gottfried Lessing, un emigrante tedesco al quale dedica nella sua autobiografia un impietoso ritratto. Con lui avrà un figlio, Peter, minorato che questa volta porterà con sé quando nel 1949 deciderà ancora una volta di piantare baracca e burattini, cambiar rotta e salpare alla volta dell’Inghilterra.

A 31 anni, l’esordio letterario con L’erba canta: un romanzo di minute dimensioni ma che, come spesso accade, raccoglie in nuce i temi fondamentali cari all'autrice e che popoleranno le pagine della sua futura produzione. 

Un uomo e una donna progressisti tentano di gestire un’azienda agricola, nell’Africa razzista, senza ricorrere ai sistemi di sfruttamento dei neri allora ampiamente diffusi; ma la realtà si scontra con l’intento e non solo non ci riusciranno, ma il loro matrimonio subirà un’implosione senza soluzione.

Fra il 1951 e il 1969 ecco il ciclo di Martha Quest. I figli della violenza che vede protagonista Martha, una donna alle prese con il lavorio sull’identità di donna, la famiglia, ma anche il razzismo e la politica.

È di quello stesso periodo Il taccuino d’oro, l’opera a cui deve la fama più grande, che a sua volta consiste in una summa degli spunti, i pensieri, gli eventi raccolti dalla protagonista, Anna Wulf, scrittrice ed ex-comunista, in quattro taccuini: di cui quello d'oro rappresenta un po' la quintessenza.  Dall’insieme degli scritti, emerge nitida e acuta la panoramica della vita di una donna intensamente partecipe del nostro tempo.

Non conformista anche nella arcigna repubblica delle lettere inglesi, nell’’83-84, scrive due libri molto importanti firmandoli con lo pseudonimo di Jane Somers: Il diario di Jane Somers – malinconica e realistica storia di decadenza e vecchiaia (naturalmente al femminile) – seguito da Se gioventù sapesse. Nessun critico la riconosce e i libri verranno inizialmente stroncati e rifiutati, fin quando il vero nome dell'autrice non verrà rivelato. 

Del 1988 è Il quinto figlio, splendida storia di un bambino-elfo che porta dolore dove c’era ordine

Corre negli anni, intanto, la sua vena narrativa più sotterranea: quella, appunto che abbiamo definito “fantascientifica” ma che, trattandosi di Doris Lessing rinomatamente restia alle etichette, è meglio definire visionaria, con titoli che vanno dal già menzionato Shikasta a Memorie di una sopravvissuta, passando per il ciclo Canopus in Argos.

Ma è con il romanzo Amare, ancora e i racconti di Le nonne, che Lessing si cimenta con un altro dei suoi amati filoni: l'universo femminile in tutte le sue sfaccettature e nelle recondite tensioni morali e sessuali che attraversano i loro rapporti: tra questi, ad esempio, gli epocali piccoli scandali che turbano la moralità comune, come l’attrazione sessuale di donne in là con gli anni per uomini molto più giovani di loro.  

Le donne tengono insieme le cose, favoriscono i nostri importanti appuntamenti coi grandi eventi con le loro multiformi attività, così umili che, interrogate alla fine della giornata su quello che hanno fatto, spesso rispondono: Oh, niente.

Scrittrice ‟di” donne, o ‟per” donne? Restia a ogni tipo di etichetta, sebbene considerata la narratrice per eccellenza dell'emancipazione femminile, Lessing non ha mai nascosto la sua insofferenza per quella di "femminista". Suo malgrado, è evidente l'enorme influenza che quest'autrice fuori dagli schemi ha esercitato, come una sorta di transfert letterario, su una generazione di lettrici che hanno visto se stesse in proiezione nei suoi personaggi femminili: trovando una voce (fino a quel momento taciuta) per il proprio desiderio di riscatto rispetto alla condizione a loro imposta dalla società.

A suo tempo studiosa appassionata di sociologia, Lessing sa insomma trasformare in un romanzo lo ‟spirito del tempo” e la sua vita in un riflesso, il più importante, della scrittura.

Dovresti scrivere, prima di tutto, per il tuo piacere. Non dovresti preoccuparti di nessun altro. Ma scrivere non può essere uno stile di vita: la parte importante della scrittura è vivere. Devi vivere in modo tale che la tua scrittura ne emerga

I libri di Doris Lessing

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