Mrs. Dalloway, New York: The Modern Library, 1928
It is Clarissa, he said.
For there she was.
♣ È Clarissa, disse.
Perché ecco, lei era lì. (M.S.)
♣ È Clarissa, si disse.
Infatti, lei era lì accanto. (P.F. P.)
♣ È Clarissa, disse.
Perché lei era lì. (A.N.)
♣ È Clarissa, disse.
Perché, eccola, era lì. (N.F.)
♣ ""È Clarissa"" si disse.
Poiché ecco, era là. (A.S.)
La prima edizione originale di questo capolavoro è datata 1925.
La prima traduzione italiana del romanzo di Virginia Woolf - con illustrazioni di Luigi Broggini - è firmata Alessandra Scalero e risale al 1946. L'editore è Mondadori. Una traduzione che la casa editrice ha mantenuto per le successive edizioni dell'opera, compresa quella inclusa nella raccolta dei romanzi della scrittrice inglese della prestigiosa collana dei Meridiani.
Arriviamo al 1989 per trovare la traduzione di Nadia Fusini, sempre per Mondadori, che ripropone l'opera nella collana Oscar Classici Moderni (il numero 15 di quella che poi diventerà una collana fondamentale per la divulgazione della grande letteratura moderna).
A quelle sono seguite nel tempo altre traduzioni.
Quella di Pier Francesco Paolini per Newton Compton (edizione 1992), che è ancora oggi quella di riferimento dell'editore romano, e nello stesso anno quella di Laura Ricci Doni per SE.
La prima edizione a cura di Anna Luisa Zazo è del 1993 nella collana Mondadori Oscar paralleli, collana di classici con testo a fronte che ebbe vita breve: 33 volumi dal 1992 al 1996.
Nel 1996 la traduzione di Nadia Fusini viene pubblicata da Feltrinelli (collana Universale economica 2066).
Infine nel 2012 quella di Anna Nadotti per Einaudi (ET Classici 1718) e di Marisa Sestito per Marsilio nella collana di classici inglesi Elsinore diretta da Giovanna Mochi.
Sono trascorsi 70 anni dal suicidio della scrittrice e ora le sue opere sono di pubblico dominio.
Quando ciò accade un rischio sussiste: la possibilità che le traduzioni italiane delle opere di un autrice raffinata e importante come lei decadano parimenti di qualità. Ecco perché è importante segnalare quelle che vengono proposte da editori che sanno svolgere il compito che compete loro per mantenere alto il livello della narrazione.
Come scrive Maria Sestito nell'Introduzione alla sua traduzione, "La signora Dalloway si apre su uno spazio bianco che senza mediazioni proietta il lettore dentro il testo: non in una sua area periferica, ma decisamente in medias res, a diretto contatto con la protagonista, grazie all'esplicita coincidenza del titolo del romanzo con l'inizio della storia: La signora Dalloway disse che i fiori li avrebbe comprati lei."
Vediamo come i vari traduttori hanno risolto questa prima difficoltà di un testo certamente complesso, ma soprattutto non facile da rendere in un'altra lingua per quell'equilibrio apparentemente disordinato che lo caratterizza.
INCIPIT - IL TESTO ORIGINALE DI VIRGINIA WOOLF
Mrs. Dalloway, London: Hogarth Press, 1925. Sovraccoperta realizzata da Vanessa Bel
Mrs. Dalloway said she would buy the flowers herself.
For Lucy had her work cut out for her. The doors would be taken off their hinges; Rumpelmayer’s men were coming. And then, thought Clarissa Dalloway, what a morning—fresh as if issued to children on a beach.
What a lark! What a plunge! For so it had always seemed to her, when, with a little squeak of the hinges, which she could hear now, she had burst open the French windows and plunged at Bourton into the open air. How fresh, how calm, stiller than this of course, the air was in the early morning; like the flap of a wave; the kiss of a wave; chill and sharp and yet (for a girl of eighteen as she then was) solemn, feeling as she did, standing there at the open window, that something awful was about to happen; looking at the flowers, at the trees with the smoke winding off them and the rooks rising, falling; standing and looking until Peter Walsh said, “Musing among the vegetables?”— was that it? — “I prefer men to cauliflowers” — was that it? He must have said it at breakfast one morning when she had gone out on to the terrace — Peter Walsh. He would be back from India one of these days, June or July, she forgot which, for his letters were awfully dull; it was his sayings one remembered; his eyes, his pocket-knife, his smile, his grumpiness and, when millions of things had utterly vanished — how strange it was! — a few sayings like this about cabbages.
She stiffened a little on the kerb, waiting for Durtnall’s van to pass. A charming woman, Scrope Purvis thought her (knowing her as one does know people who live next door to one in Westminster); a touch of the bird about her, of the jay, blue-green, light, vivacious, though she was over fifty, and grown very white since her illness. There she perched, never seeing him, waiting to cross, very upright.
LA TRADUZIONE DI ALESSANDRA SCALERO
Prima edizione italiana de La signora Dalloway, Mondadori 1946
La signora Dalloway disse che i fiori li avrebbe comperati lei.
Lucy ne aveva fin che ne voleva, di lavoro. C'era da levare le porte dai cardini; e per questo dovevano venire gli uomini di Rumpelmayer. ""E che mattinata!"" pensava Clarissa Dalloway ""fresca, pare fatta apposta per dei bimbi su una spiaggia.""
Che voglia matta di saltare! Così si era sentita a Bourton: quando, col lieve cigolar di cardini che ancora le pareva di udire, aveva spalancato le porte-finestre e s'era tuffata nell'aria aperta. Ma quanto più fresca e calma, e anche più silenziosa di questa era quell'altra aria, di buon mattino; come il palpito di un'onda; il bacio di un'onda; gelida e pungente eppure (per la fanciulla di diciott'anni ch'ella era allora) solenne: là alla finestra aperta, ella provava infatti un presagio di qualcosa di terribile ch'era lì lì per accadere; e guardava ai fiori, agli alberi ove s'annidavano spire di fumo, alle cornacchie che si libravano alte, e ricadevano; e rimaneva trasognata, fino a che udiva la voce di Peter Walsh: ""Fate la poetica in mezzo ai cavoli?"" - così aveva detto? - oppure: ""Preferisco gli uomini ai cavolfiori"" - aveva detto così? Doveva averlo detto una certa mattina a colazione, quando lei era uscita sul terrazzo... Peter Walsh! Sarebbe tornato dall'India quanto prima, a giugno o a luglio, ella non rammentava più, che le sue lettere erano disastro-samente monotone. Erano i suoi motti che vi si imprimevano in mente; i suoi occhi, il suo temperino, il suo sorriso, la sua orsaggine e, quando milioni d'altre cose erano interamente svanite - strano davvero! - poche parole, come quelle a proposito dei cavolfiori.
In attesa che passasse il furgone di Durtnall, ella s'irrigidì un poco, sull'orlo del marciapiede. Una donna graziosa, la giudicò Scrope Purvis (egli la conosceva come ci si conosce tra vicini di casa a Westminster); aveva in sé qualcosa di un uccellino, della gazza, un che di verdazzurro, lieve, vivace, quantunque avesse varcato la cinquantina e fatto molti capelli bianchi dopo la sua malattia. In attesa di attraversare ella se ne stava là, dritta sulla vita, come appollaiata su di un ramo; e non lo vide neppure.
LA TRADUZIONE DI PIER FRANCESCO PAOLINI
La signora Dalloway disse che i fiori sarebbe andata a comprarli lei.
Poiché Lucy aveva già il suo bel da fare. Bisognava tirar giù le porte dai cardini: venivano gli operai di Rumpelmayer. Eppoi, pensò Clarissa Dalloway, che mattinata!... limpida, come per farne dono ai bimbi su una spiaggia.
Che delizia! Che tuffo! Sempre, infatti, le aveva fatto questo stesso effetto, a quei tempi, allorquando, spalancata la porta finestra - con un lieve cigolio dei cardini, che ancora le pareva di udire - lei si tuffava nell'aria aperta, a Bourton. Com'era fresca, là, com'era calma - e più silenziosa che qui, ovviamente - l'aria del primo mattino: come il frangersi di un'onda; il bacio di un'onda; fresca e pungente eppure (per una ragazza di diciott'anni, quale era lei allora) solenne - poiché essa sentiva, in piedi presso la finestra aperta, che qualcosa di tremendo stava per accadere; e guardava quei fiori, quegli alberi che sbucavano tra lievi spirali di bruma, le cornacchie levarsi, planare; stava là immota a guardare... quand'ecco Peter Walsh che le dice: «Stiamo a meditare sugli ortaggi?» - fu così che le disse? - «Io, per me, preferisco le persone ai cavolfiori»... le disse così? Doveva averglielo detto una mattina di quelle, quando lei era uscita in terrazza, all'ora di colazione... Peter Walsh. Tra non molto sarebbe tornato dall'India, in giugno, o in luglio, non ricordava esattamente quando, che le lettere di Peter eran tremendamente barbose; ricordavi piuttosto la sua voce, i suoi detti; quegli occhi, quel suo temperino, il sorriso, quel fare scontroso, eppoi - quando mille e mille cose son svanite del tutto - che strano che è! - alcune sue battute, come quella sui cavolfiori appunto.
Si arrestò un momento sul marciapiede, per aspettare che passasse il furgone della Durtnall's. Una donna affascinante - così la giudicava Scrope Purvis (che la conosceva come ci si conosce fra vicini di casa, a Westminster); con un nonsoché d'uccellino, di ghiandaia, verde-blu, lieve, vivace... benché avesse superato i cinquant'anni e, dopo la malattia, fosse ancora molto pallida. Là stava appollaiata, senza accorgersi di Purvis, in attesa di poter attraversare, ben eretta.
Romanzo tra i più intensi e riusciti della grande scrittrice inglese, «Mrs Dalloway» inaugura un originale modo di narrare e costituisce la prima opera in cui Virginia Woolf attinge alla propria esperienza femminile.
TRADUZIONE DI NADIA FUSINI
La signora Dalloway disse che i fiori li avrebbe comperati lei.
Quanto a Lucy aveva già il suo daffare. Si dovevano togliere le porte dai cardini; gli uomini di Rumpelmayer sarebbero arrivati tra poco. E poi, pensò Clarissa Dalloway, che mattina - fresca come se fosse stata appena creata per dei bambini su una spiaggia.
Che gioia! Che terrore! Sempre aveva avuto questa impressione, quando con un leggero cigolio dei cardini, lo stesso che sentì proprio ora, a Bourton spalancava le persiane e si tuffava nell'aria aperta. Com'era fresca, calma, più ferma di qui, naturalmente, l'aria la mattina presto, pareva il tocco di un'onda, il bacio di un'onda; fredda e pungente, e (per una diciottenne com'era lei allora) solenne, perché in piedi di fronte alla finestra aperta, lei aveva allora la sensazione che sarebbe successo qualcosa di tremendo, mentre continuava a fissare i fiori, e gli alberi che emergevano dalla nebbia che a cerchi si sollevava fra le cornacchie in volo. E stava lì e guardava, quando Peter Walsh disse: ""In meditazione tra le verze?"" Disse così? O disse: ""Io preferisco gli uomini ai cavoli""? Doveva averlo detto a colazione una mattina che lei era uscita sul terrazzo - Peter Walsh. Stava per tornare dall'India, sì, uno di questi giorni, in giugno o a luglio forse, non ricordava bene, perché le sue lettere erano così noiose; ma certe sue espressioni rimanevano impresse, gli occhi, il temperino, il sorriso, quel suo modo di fare scontroso, e tra milioni di cose ormai del tutto svanite - com'era strano! - alcune espressioni, come questa dei cavoli.
Si irrigidì appena sul marciapiede, aspettando che passasse il furgone di Durtnall. Una donna affascinante, pensò di lei Scrope Purvis (che la conosceva come ci si conosce tra vicini a Westminster); somigliava a un uccello, a una gazza verde-azzurra, esile, vivace, malgrado avesse più di cinquant'anni, e le fossero venuti tanti capelli bianchi dopo la malattia. Se ne stava posata lì, senza neppure vederlo, in attesa di attraversare la strada, ben diritta.
Un mercoledì di metà giugno del 1923 Clarissa Dalloway, moglie di un deputato conservatore alla Camera dei Lords, esce per comprare dei fiori per la festa che la sera riunirà nella sua casa una variopinta galleria di personaggi.
LA TRADUZIONE DI ANNA NADOTTI
La signora Dalloway disse che i fiori li avrebbe comprati lei.
Perché Lucy aveva fin troppo da fare. Bisognava togliere le porte dai cardini, stavano arrivando gli uomini di Rumpelmayer. E poi, pensò Clarissa Dalloway, che mattina - fresca come se fosse scaturita per dei bambini su una spiaggia.
Che allegria! Che tuffo! Aveva sempre avuto quella sensazione quando, con un sommesso cigolio dei cardini, lo stesso che udiva ora, spalancava le portefinestre a Bourton e si tuffava nell'aria aperta. Quanto era fresca, calma, più ferma laggiù naturalmente, l'aria di prima mattina; come la carezza di un'onda, il bacio di un'onda, freddo e pungente e tuttavia (per una ragazza di diciott'anni qual era lei allora) solenne, sentendo come lei sentiva, là in piedi davanti alla finestra aperta, che stava per accadere qualcosa di terribile. Guardava i fiori, gli alberi che la bruma dipanandosi svelava e le cornacchie che si alzavano in volo, e planavano; là in piedi a guardare, finché Peter Walsh disse, «In meditazione tra gli ortaggi?» - disse così? O disse, «Io preferisco gli uomini ai cavolfiori»? Doveva averlo detto un mattino a colazione quando lei era uscita sulla terrazza - Peter Walsh. Sarebbe tornato dall'India a giorni, in giugno o in luglio, non ricordava quando, perché le sue lettere erano mortalmente noiose; ci si ricordava invece di certe sue battute; i suoi occhi, il coltellino, il sorriso, i modi scontrosi e, quando milioni di altre cose erano completamente svanite - che stranezza! - qualche battuta come quella sui cavoli.
Si irrigidì per un attimo sul cordolo, aspettando che passasse il furgone di Durtnall. Una donna affascinante, pensò di lei Scrope Purvis (che la conosceva come ci si conosce tra vicini a Westminster); qualcosa in lei ricordava un uccello, una ghiandaia azzurroverde, leggera, vivace, sebbene avesse più di cinquant'anni e i capelli le si fossero molto imbiancati dopo la malattia. Se ne stava appollaiata lì, senza vederlo, aspettando di attraversare, ben eretta.
13 giugno 1923. Clarissa Dalloway, una signora dell'alta borghesia londinese, esce a comprare i fiori per la festa che sta organizzando per la sera. Passeggia per le strade di Londra, sfiora la vita di tanti sconosciuti, ma non ha il fare allegro di chi si prepara a qualcosa di lieto.
LA TRADUZIONE DI MARISA SESTITO
La signora Dalloway disse che i fiori li avrebbe comprati lei.
Perché Lucy di lavoro ne aveva già abbastanza. Le porte andavano levate dai cardini; gli uomini di Rumpelmayer sarebbero arrivati a momenti. E poi, pensò Clarissa Dalloway, che mattina - fresca, come elargita a dei bambini su una spiaggia.
Che bellezza! Che tuffo! Perché sempre così le era sembrato quando, con un lieve cigolio dei cardini che risentiva adesso, aveva spalancato la portafinestra a Bourton e si era tuffata nell'aria aperta. Com'era fresca, calma, più quieta di questa certamente, l'aria di prima mattina; come il battito di un'onda; il bacio di un'onda; fredda e pungente eppure (per la ragazza di diciotto anni che era allora) solenne, sentendo come lei sentiva, li in piedi davanti alla finestra aperta, che qualcosa di arcano stava per accadere; guardando i fiori, gli alberi con la foschia che si srotolava e le cornacchie che salivano, scendevano; lì in piedi a guardare finché Peter Walsh disse, «Persa nei pensieri in mezzo alla verdura?» - erano queste le parole? - «Preferisco la gente ai cavolfiori» - erano queste le parole? Doveva averle dette una mattina a colazione, quando lei era uscita sulla terrazza - Peter Walsh. Sarebbe tornato dall'India uno di questi giorni, se giugno o luglio se ne era dimenticata, perché le sue lettere erano talmente noiose; erano le sue battute che restavano impresse; gli occhi, il temperino, il sorriso, la scontrosità e, quando milioni di cose erano svanite nel nulla - com'era strano ! - alcune battute come questa sui cavoli.
Si irrigidì leggermente sul bordo del marciapiede, aspettando che passasse l'autocarro di Durtnall. Una donna piena di fascino la riteneva Scrope Purvis (conoscendola come si conoscono i vicini di casa a Westminster); un che di uccello in lei, di ghiandaia, verde-azzurra, leggera, vivace, anche se aveva passato i cinquant'anni e le si erano sbiancati i capelli dopo la malattia. Stava posata lì, senza accorgersi di lui, in attesa di attraversare, ben eretta.
Dopo l'audace sperimentazione de "La stanza di Jacob", nel 1925 Virginia Woolf approda a "La signora Dalloway", il suo primo grande romanzo, per molti il più bello. A ridosso dell'"Ulisse" di Joyce (che Virginia non amava, ma con il quale inevitabilmente intreccia un dialogo a distanza), ancora un racconto concentrato su un unico giorno (un mercoledì di giugno 1923), e un unico spazio, Londra.
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