«Dai, cantiamo! È Natale!». Così si attacca Jingle bells, che è facile, allegra, e anche se è in inglese, ce l’abbiamo tutti in testa almeno per il ritornello. Poi uno va a guardare e scopre che si tratta di una canzone scritta per un’altra festa, il Thanksgiving, il Giorno del Ringraziamento, quello in cui negli Stati Uniti divorano un tacchino. Rimane facile e allegra – grazie, James Lord Pierpont di averla composta, nel 1850, in una taverna del Massachusset! – ma, insomma, a esser precisi con il Natale non ha nulla a che vedere.
Allora si passa a O Tannenbaum (che da noi comincia con Si accendono e brillano gli alberi di Natale), perché essendo tedesca di sicuro non avrà a che fare con i tacchini ripieni, ma, di nuovo, se ci si informa viene fuori che è un canto popolare del Seicento al quale duecento anni dopo sono state aggiunte le parole, che peraltro parlano di abeti e fronde verdi. Certo, ormai lo associamo all’albero di Natale, però, insomma…
La magia del Natale in una dolce storia da leggere e 8 melodie da ascoltare. Segui la famiglia dei topini in un'avventura musicale natalizia! Una dolce storia di Natale accompagnata da otto melodie natalizie, con i testi per cantare e gli spartiti per i musicisti in erba. Basta premere ogni pagina per ascoltare le canzoni! Un libro magico per celebrare insieme l'incanto del Natale.
Non va meglio con Piva, piva, quella melodia molto semplice che si ascolta nel periodo natalizio. La associamo a Gesù bambino, alla Notte Santa, alla bontà e al volersi bene, ma in realtà il brano era nato come canzoncina promozionale dei venditori d’olio bresciani. Poiché le olive si raccolgono in autunno, e a dicembre è pronto l’olio nuovo, i commercianti avevano abilmente riunito i due concetti e, accompagnandosi con la zampogna tipica della zona – che si chiama baghet – giravano cantando: “Piva, piva, l’oli d’uliva / piva, piva l’oli d’ulà / L’è ‘l Bambin che porta i belè (i regali) / l’è la mama che spénd i danè (che spende i soldi) / Piva piva suona la piva / piva piva suona ‘l baghet». Oggi l’olio si compra al supermercato e non viene più venduto porta a porta, ma la canzone è rimasta e si è trasformata in un canto natalizio – e forse proprio per questo dovremmo considerarla uno dei jingle più riusciti del mondo.
Rock, jazz, folk, punk e chi più ne ha più ne metta per tutti coloro che hanno una tradizione da rinnovare o per chi vuole inventarsi un Natale fatto di nuovi e immancabili ascolti.
Il punto più alto di queste trasformazioni, di questi ricicli, di questi curiosi aggiustamenti natalizi lo si raggiunge però con l’Oratorio di Natale di Johann Sebastian Bach, uno dei più grandi compositori di tutti i tempi. È una partitura gigantesca, in sei parti, che non si suona mai tutta insieme perché dura quasi due ore e mezza; d’altronde era stata pensata per essere eseguita in sei giorni, una parte per volta, in chiesa, secondo la tradizione tedesca dell’epoca (fu scritta nel 1734). Le prime tre parti si cantavano e suonavano il 25, 26 e 27 dicembre; la quarta il giorno di Capodanno; la quinta durante la messa della prima domenica dell’anno e la sesta il giorno dell’Epifania.
Ora, la cosa interessante è che Bach per questo pezzo non compose quasi nulla da zero e adattò invece un nuovo testo a musica che aveva già scritto e utilizzato per altri scopi, in alcuni casi con una destinazione lontanissima dal Santo Natale (come le parti scritte per i compleanni dei regnanti di Sassonia). Se uno non lo sa, non se ne accorge, perché l’adattamento delle nuove parole è talmente perfetto, e la storia raccontata è così bella – da Gesù e Maria a Betlemme sino all’arrivo dei Re Magi – che il problema non si pone. E d’altra parte nel Settecento era abbastanza normale riutilizzare la musica, soprattutto se se ne doveva comporre a getto continuo, come veniva chiesto di fare a Bach (o a Rossini, qualche anno dopo, e infatti anche lui ogni tanto era costretto a riciclare qualcosa). Ma certo che è buffo: uno cerca di ascoltare un po’ di musica legata a queste settimane di festa e alla fine si accorge che di davvero natalizio, lì dentro, c’è ben poco.
Di
| ADD Editore, 2022Di
| Curci, 2016Altri consigli di lettura
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