Diario di bordo

Polesine: la "madre" di tutte le alluvioni

Immagine tratta dal libro "Cronache dal grande fiume. Le foto ritrovate del dolore e della nuova vita nel Polesine e nel Delta padano degli anni '50 e '60. Ediz. illustrata Condividi Mario Fornasari .Minerva Edizioni (Bologna), 2021"

Immagine tratta dal libro "Cronache dal grande fiume. Le foto ritrovate del dolore e della nuova vita nel Polesine e nel Delta padano degli anni '50 e '60. Ediz. illustrata Condividi Mario Fornasari .Minerva Edizioni (Bologna), 2021"

Venerdì 19 maggio 2023

Davanti alle notizie sempre più gravi che vengono dall’Emilia Romagna, riprendo alcuni dati sulla “madre di tutte le alluvioni”, quella che avvenne nella provincia di Rovigo e di Ferrara, nella regione geografica detta “Polesine”, il 14 novembre 1951, ovvero 72 anni, appena sei anni dalla fine della guerra.

Il Po ruppe gli argini in tre punti verso la foce, distrusse 14 paesi, inondò 700.000 ettari, fece più di cento morti e produsse 200.000 sfollati. L’alluvione è ricordata come uno dei più dolorosi eventi del dopoguerra; 94 dei morti erano stipati su una serie di camion che cercavano di mettere in salvo gli alluvionati della località Occhiobello, quando vennero letteralmente inghiottiti dalle acque del fiume. Quel convoglio venne subito chiamato “i camion della morte”.

C’erano altre particolarità che hanno reso unica quella tragedia: il disastro avvenne in una zona poverissima, “un lembo di Africa in Veneto”, ma politicamente molto divisa: Rovigo era l’unica provincia “rossa” nel Veneto assolutamente bianco. Comunisti e democristiani si scontrarono duramente in parlamento, dove i primi accusarono i secondi di non aver inviato soccorsi e aiuti alla provincia di Rovigo e i secondi di indottrinare i bambini al marxismo. L’accusa, incredibilmente, si riferiva ad un eccezionale programma di solidarietà organizzato dal PCI e dall’Unità per sistemare bambini poveri sfollati in famiglie “ricche”, in attesa di una sistemazione definitiva. Tanto fu acceso lo scontro politico, tanto invece l’Italia alla sua base si scoprì solidale ed unita, nell’accoglienza e negli aiuti.

Purtroppo, però, nulla tornò come prima: la regione del Polesine si spopolò e si calcola che mezzo milione di persone la abbandonarono per emigrare definitivamente verso Milano e Torino. Fu uno dei cambiamenti epocali dell’Italia moderna.

Della madre di tutte le alluvioni è rimasta molta documentazione visiva (siamo agli albori della RAI TV) e scritta. Segnalo in particolare il libro di Gian Antonio Cibotto, Cronache dell’alluvione, edito da La Nave di Teseo.

Dell’alluvione di oggi, spero non resterà alle cronache solo la tristezza che ha provocato il concerto di Bruce Springsteen a Ferrara.

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