Diario di bordo

Il lunedì decisivo

Lunedì 28 febbraio

Capisco che sembra quasi sciocco nutrire troppe speranze nell’incontro nel paesino di confine in cui il dittatore della Bielorussia assicura che la delegazione ucraina non sarà uccisa. Ma perché no? Forse Zelensky riesce a cavare qualcosa.

Capisco che dovremmo essere terrorizzati dalla bomba, come quando eravamo giovani e al cinema si esorcizzava con “Il dottor Stranamore” di Kubrik. Ma – anche guardando la faccia dei due generali russi cui Putin chiede di tenersi pronti ad “iniziare la procedura” – mi è sembrato di capire che non lo faranno.

Ma intanto, nella settimana che si apre (quinto giorno di guerra in Europa), un’insana quasi contentezza mi accompagna.
Contento di essere cittadino europeo, con l’Europa che sta facendo una gran bella figura; contento di vivere negli Stati Uniti dove il presidente è Biden e non è l’amico di Putin. Contento che la UE abbia chiuso lo spazio aereo ai russi, che la Germania dichiari “siamo cambiati, è un altro mondo”, che Boris Johnson annunci la formazione di brigate internazionali, che la BP sia uscita (perdendoci) dal petrolio russo, che la bella ereditiera Sofia Abramovich guidi la rivolta degli oligarchi, che il governo Draghi sia all’altezza della situazione,  che ci siano ogni giorno che passa, manifestazioni, che i nostri filo-putiniani ( e ce ne sono tanti) si coprano di ridicolo, contento per aver visto il Tempio della Concordia di Agrigento dipinto con i colori gialli del grano e blu del cielo, come doveva essere una volta.

E contento per la performance di Zelensky, ovviamente il mio eroe.
Le sue due battute: a Biden: “non voglio un passaggio, voglio mine anticarro”; e quell’altra, al telefonista di Palazzo Chigi che gli faceva sapere che Draghi era impegnato: “mi scuso, vedo se posso rischedulare l’agenda di guerra” hanno cambiato il mondo.  Groucho Marx o Charlie Chaplin non avrebbero potuto fare meglio. Quando hai lo “yiddish sense of humour”, hai già vinto la guerra.
E Putin, sicuramente non ce l’ha.

(Sperando di non sbagliare, s’intende).

 

 

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