Jack Vance, cui il vero nome era John Holbrook Vance, è stato uno dei più longevi scrittori di fantascienza e fantasy.
È morto a 96 anni. Non è il solo ad aver approfittato del dono dell’invecchiamento tardivo, uno degli ultimi obiettivi degli influencer palestrati o super-ricconi annoiati, ed è in ottima compagnia.
A scorrere le date, si trovano a 91 anni Philip José Farmer (indimenticabile Alice Liddell nel Fiume della vita, non l’unico omaggio a Lewis Carroll in quel romanzo), a 92 Frank Belknap Long, ispirato negli anni Venti dagli scritti di Lovecraft, suo conoscente, usò il nome Howard per un personaggio-scrittore in The Space-eaters (I divoratori delle Spazio) anticipando la scelta che fu poi di Alan Moore (lo inserì nella sua serie Providence). E della stessa età annoto anche Ray Bradbury, notissimum.
A 94 anni, poco sotto, la (mia) dolcissima Doris Lessing (a Roma l’anno del Nobel mi disse «Sergio, you are larger than life»).
Lo superano di poco Nelson S. Bond, sconosciuto ai più ma comunque vincitore nel 1998 del premio Nebula per la carriera come Author Emeritus, per pochi giorni non arriva a 98 anni, mentre li centra e li passa di più di sei mesi Jack Williamson (Il figlio della notte, piccolo gioiello orrorifico appena ripubblicato) che addirittura consegna l’ultimo suo romanzo nel 2005, un anno prima della morte.
Vince però la nostra immaginaria race, direi a sorpresa, un autore tedesco, Herbert Lewandowski (1896–1996), che rientra nella categoria SFF per l’unico romanzo di fantascienza che ha scritto, Eine Reise ins Jahr 3000 (Un viaggio nell'anno 3000).
A volte basta poco e campi 100 anni, è il caso di dire. Ma perché tanta esplicitazione di numeri?
La creatività di uno scrittore risente molto delle esperienze vissute e del tempo impiegato per acquisirle e trasformarle in idee e poi in trame e personaggi. Certo, ci sono delle eccezioni come Emilio Salgari, ma la vita in movimento di Jack Vance, che ha solcato oceani con più di una barca e ha provato la vicinanza di popoli non americani per lungo tempo, ha contribuito a far emergere il suo talento e la sua capacità di meravigliare.
Ci sono alcuni romanzi, in particolare L’ultimo Castello (The Last Castle) e I signori dei draghi (The Dragon Masters) che se non si considerasse il genere cui appartengono e la barriera che i critici ostinatamente conservano, non sfigurerebbero in un confronto con Italo Calvino (parole di Michael Chabon, autore di Le fantastiche avventure di Kavalier e Clay, premio Pulitzer 2001) per la loro profonda capacità di analisi oltre che una scrittura puntuale ed efficace.
D’altronde, lo stesso Vance ha fatto fatica a mantenere la rotta autoriale all’interno del genere fantastico spaziando tra la fantasy classica della Trilogia di Lyonesse a perle rare fantascientifiche come il Ciclo di Tschai, fino ad approdare all’ibrido letterario che rimane il suo capolavoro, il Ciclo della Terra morente.
Non c’è un’esatta cronologia nelle sue scorribande tra un sottogenere e l’altro, era una questione d’impulso e istinto.
Il primo squisitamente creativo, il secondo letterario. Non a caso, ritirando il premio alla carriera alla World Science Fiction Convention a Orlando in Florida nel 1992 (io c’ero!), rispose alla domanda se si sentisse uno scrittore di genere fantastico:
In realtà io ho scritto mystery e ogni tanto qualche libro di fantascienza o fantasy
Eresia ma poi se uno ci pensa bene, non è proprio sbagliato: crimini, suspense, complotti, assassinii, caratterizzano ben 15 suoi romanzi mystery (tre firmati come Ellery Queen, scusate se è poco) fino alla vena picaresca del nostro detective futurista Magnus Ridolph.
Non solo, qui il nostro(mo) Jack si diverte a irrobustire trame all’apparenza semplici e poco stimolanti con ingredienti del genere crime, stravolgendo di nuovo il concetto di genere e precorrendo i nostri tempi in cui avremmo assistito a una mescolanza di categorie (finalmente!), un medley letterario ora tanto di moda e successo soprattutto tra i più giovani.
Se potessimo definire la sua narrativa legata alla versatilità e alla semplicità e scorrevolezza della lingua, potremmo dire che Jack Vance oggi assume un aggettivo di fluido, anche se ben piazzato a terra sull’amore per le donne per non tradire la tradizione (jeu de mot) di un marinaio della prima ora.
Fu amico intimo di Frank Herbert e Poul Anderson, altri due giganti della fantascienza – visse per anni in Messico con la famiglia degli Herbert e la sua - e se analizziamo la produzione di questi due autori, ritroviamo le influenze della fluidità di Vance.
Pensate per esempio al classico Dune, precursore di quell’etichetta appiccicata poi a Star Wars, la science fantasy, dove principi e principesse non fanno altro che difendere il regno (un pianeta) ma non con cavalli, archi e frecce (con astronavi e razzi di varie dimensioni), alleati/nemici non di draghi (ma di vermi mortali).
Oppure alla versatilità di Anderson che passa dalla Spada spezzata, una gemma fantasy classica, a cicli di hard science fiction come quello delle Montagne volanti (Tales of the Flying Mountains) o del romanzo Tau Zero, il punto di non ritorno che, ahimé, abbiamo già oltrepassato.
Regna su tutto comunque la magia artistica, quella potenza evocatrice di un immaginario costruito con olio di gomito e sacrificio quotidiano.
Già perché sono tutti dello stesso periodo e la scuola delle short stories richieste dai pulp magazines di allora (siamo nel decennio 45-55 e i loro primi racconti escono in quegli anni su Astounding, Thrilling Wonder Stories, Startling Stories) ne segnano per sempre la strada che percorreranno.
Si prendeva un tanto a battuta, bisognava produrre in fretta una storia, non si badava molto al genere ma più alla qualità. Che grazie al cielo, è sempre rimasta tale, perché quando nasci con un talento e vivi così a lungo, hai tempo di affinarla e farla diventare la base del più bel mestiere del mondo: scrivere.
A noi non resta che metterci alla ricerca di questi gioielli su qualche bancarella dell’usato o in libreria e una volta recuperati, goderne il tardivo invecchiamento che, come per transumanza narrativamente fantastica, torna a vivere una nuova giovinezza di creatività e senso del meraviglioso.
Tutto questo alla faccia della rigidità dei generi letterari e della miopia di critici blasonati e ignoranti.
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