I compositori hanno un disperato bisogno di interpreti.
Certo, qualche volta sono loro stessi ottimi esecutori: Paganini era uno strepitoso violinista, Liszt suonava il pianoforte con un virtuosismo divenuto leggendario, ed erano pianisti Beethoven, Chopin, Bartók, Prokof’ev, Rachmaninov e centinaia di altri. Ma c’è poi sempre uno strumento che non si padroneggia, emerge la necessità di coinvolgere un’orchestra (in quel caso bisogna convincere il direttore), si affaccia alla mente il desiderio di ascoltare la propria musica eseguita da mani diverse. Dunque occorre cercare degli interpreti, qualcuno che abbia voglia di studiare un brano nuovo, trovando il tempo, l’energia, l’occasione per proporlo poi al pubblico.
D’altro canto, gli interpreti hanno un disperato bisogno di compositori. Per distinguersi – se sei il primo o addirittura il solo a suonare un brano fresco di inchiostro, anziché la musica che suonano tutti gli altri, il mondo si accorgerà di te. E, soprattutto, per cercare di passare alla storia della musica: perché puoi essere il migliore strumentista del mondo, avere successo, denaro, fama e copertine dei mensili; ma comunque sai che la storia è fatta di partiture, di autori, di brani che passano da una generazione all’altra mentre il tuo nome dopo anni, se sei proprio un grandissimo magari dopo decenni, si perderà, cancellato dalle onde dei nuovi interpreti che saliranno sul palcoscenico (va considerato che ci sono sempre molti ma molti più interpreti che compositori – sono mestieri diversi, funzionano così).
Se il sogno di un compositore è quello di incrociare interpreti di talento, che si prendano cura della sua musica e la facciano conoscere viaggiando per il mondo, il sogno di un interprete è dunque ricevere in dono la dedica di un pezzo nuovo, giocandoselo alla roulette della Storia: a quel punto il proprio nome sarà per sempre abbinato al brano e, se il compositore e la partitura passeranno ai posteri, così sarà anche per il dedicatario – si pensi alla fortuna sfacciata del violinista Rudolph Kreutzer, a quanto ne sappiamo bravo ma non eccezionale, entrato in tutti i libri di storia (e nei negozi di dischi) addirittura nel titolo della “Sonata a Kreutzer” di Beethoven…
Pablo Martín Melitón de Sarasate y Nevascués (per chi andava di fretta, semplicemente: Pablo Sarasate) ne era consapevole. Suonava da dio, e lo vedevano tutti: tanto per dire, quando aveva dodici anni, nel 1856, fu addirittura la regina Isabella II che gli procurò i mezzi per partire dalla Spagna e andare a studiare al prestigioso Conservatorio di Parigi. Ma, benché fosse osannato in tutta Europa e nei lontani Stati Uniti, aveva intuito con precisione che la chiave era quella di legarsi ai grandi compositori del suo tempo. E così mette il suo violino a disposizione e gli vengono dedicate partiture da Saint-Saëns (i Concerti per violino e orchestra n. 1 e n. 3 e l’ormai celeberrimo Introduzione e rondò capriccioso), da Dvořák (Mazurek), da Max Bruch (il Concerto n. 2 e la Fantasia scozzese) e da molti altri grandi autori. È talmente orgoglioso di questi brani, e consapevole del valore delle dediche, che si rifiuta di suonare il fortunato Concerto per violino di Brahms, appena composto, perché il compositore lo ha dedicato al suo rivale in archetto, Joseph Joachim, ed eseguirlo avrebbe significato aumentare la gloria del suo principale concorrente.
D’altra parte se ancora oggi ci ricordiamo del suo compleanno (nasceva il 10 marzo 1844) lo facciamo perché, scomparse le tracce del suo modo di suonare – abbiamo giusto le cronache dei giornali –, del suo straordinario talento violinistico, oltre alle dediche, sono sopravvissute alcune declinazioni a penna, annotate su fogli pentagrammati. Sarasate, infatti, di tanto in tanto componeva, per uso personale, e molti suoi brani sono ancora oggi in repertorio e suonati abitualmente: Zigeunerweisen, ad esempio, o le Danzas Españolas e soprattutto la fortunatissima Fantasia sull'opera Carmen che qualunque violinista di valore prima o poi si trova ad affrontare.
Se Sasarate lo venisse a sapere, ne sarebbe felice.
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