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Time flies: l’iconico giornale made in USA compie 100 anni

Illustrazione digitale di Asia Cipolloni, 2023, diplomata al Liceo artistico Volta di Pavia

Illustrazione digitale di Asia Cipolloni, 2023, diplomata al Liceo artistico Volta di Pavia

Il tempo dell’intuizione: quando la notizia parte dalla copertina
Today Information Means Everything, oggi l’informazione è tutto: è questo il significato attuale più che mai dietro Time, l’iconico newsmagazine nato il 3 marzo 1923, esattamente 100 anni fa.

Un rettangolo rosso come cornice, le quattro lettere del titolo riconoscibili a metri di distanza, una gigantografia dei volti o degli eventi del momento a bloccare lo sguardo per qualche secondo: eccola la maschera cangiante del Time, impressa a fondo nell’immaginario di un’umanità cresciuta a velocità doppia tra Ventesimo e Ventunesimo secolo.

Lanciato da Henry Robinson Luce e Briton Hadden, al tempo due studenti della Yale University, il Time nasce in una vecchia New York City figlio del suo tempo, nel racconto di un mondo spaccato tra due conflitti mondiali e con la voglia di narrarne, però, ogni piccola sfumatura.

L’idea dei due universitari era infatti di creare un periodico che potesse arrivare davvero a tutti, e che parlasse con una voce forte e chiara non a partire dalle prime pagine, ma dalla copertina.

Una copertina loquace, che fosse la rappresentazione dello stato delle cose negli Stati Uniti e nel Mondo, il fermo immagine (e qualche volta l’intero film) per portare l’attenzione su un evento, su una richiesta o, soprattutto, sulla rappresentatività di un volto.

Person of The Year, qualcuno più di tutti
Da Winston Churchill a Greta Thunberg sono tantissimi i volti ad aver popolato le copertine di Time in un ruolo del tutto fuori dal comune: quello di Person of The Year (una volta Man of The Year), ovvero lo sguardo della figura-simbolo dell’anno appena trascorso, quel nome così ripetuto nell’informazione da essere stato, almeno una volta, sulla bocca di tutti.

Il primissimo fu Charles Lindbergh, l’uomo che nel 1927 (prima edizione della rubrica) portò a termine la prima traversata aerea dell’Oceano Atlantico senza nemmeno uno scalo.

E a seguire, tantissimi: dalla politica ai premi Nobel tutte le personalità che, dice proprio Time, “nel bene e nel male hanno fatto di più per influenzare gli eventi dell’anno appena concluso.”

E questo spiega il potere di un gesto simile, e dell’indignazione che spesso ha provocato in chi, per un motivo o per l’altro, avrebbe preferito nascondere: ecco perché nel 1938, ad esempio, in copertina appare proprio Adolf Hitler.
E non con il solito stile: sintomo di un’identità, quella del Time, che non si limita a mostrare, ma comunica chiaramente i propri intenti: il Führer appare infatti di schiena, piccolo, che suona indifferente davanti alla ruota dei suoi massacri.

Un’identità che è pronta anche a cambiarsi d’abito nelle occasioni che lo richiedono, senza necessità di scomparire: l’11 settembre 2001 infatti, insieme alle Torri in fiamme, veste a lutto, con l’iconica cornice in nero.
Oppure, nel 2020, in occasione delle elezioni presidenziali, decide di abbandonare il logo TIME e sostituirlo con VOTE, senza troppe chiacchiere.
O come quando si mostra al pubblico con immagini che urlano ancora oggi, come quella del volto mite di Aisha, privata di naso e orecchie, che nel 2010 denuncia la paura del ritorno del regime talebano in Afghanistan.

I mille volti di un tempo che cambia
Il Time si fa portavoce del tempo e della storia, così come dichiara nel suo nome, e lo fa senza paura di offendere né con l’intento di esaltare, ma semplicemente sbatte in copertina la sua realtà e si siede a guardare, con occhio attento, le reazioni di chi osserva.

Si passa dai volti dei presidenti, come Roosevelt (record assoluto, ben 8 volte Person of The Year), Barack Obama (2008) o Donald Trump (2016), passando per star del cinema, da Elizabeth Taylor (1949) a Jack Nicholson (1974), fino ai vertici della fede e non solo, da Papa Francesco (2013), a Gandhi (1931) fino alla Regina Elisabetta II (1952).

Ma anche gruppi o volti-simbolo, come quelli dei combattenti in prima linea contro l’Ebola (2014), i manifestanti, dalla Primavera Araba al movimento Occupy Wall Street (2011), gli americani medi (2012), i soldati (2003), fino alle Silence Breakers, le donne che hanno deciso di denunciare molestie e abusi sessuali nel 2017.

E qualche volta nemmeno i volti sono protagonisti: come nel caso dell’epoca del Computer (1982), del pianeta Terra (1989), di un simbolico You all’interno di uno schermo, in riferimento ai web surfer dell’epoca di Internet (2006), fino al recentissimo numero del 25 febbraio 2023 con in copertina nientemeno che i messaggi tra Time e ChatGPT (ne parliamo qui), il sistema di Intelligenza Artificiale che propone al giornale qualche idea su come allestire la prossima cover.

Insomma, nell’anno del suo centenario forse è arrivato il momento di sfogliare qualche numero e rimpiombare, per un momento, nei panni dei Noi di un’epoca diversa.

Una cosa è certa: in cento anni di copie vendute e con più di 26 milioni di lettori in tutto il mondo, il Time è pronto a battere il record per il maggior numero di copertine strappate della storia.

Per approfondire

Così va il mondo. Conversazioni su giornalismo, potere e libertà

Di Gianni MinàGiuseppe De Marzo | EGA-Edizioni Gruppo Abele, 2017

La democrazia della stampa. Storia del giornalismo

Di Oliviero Bergamini | Laterza, 2013

Sul giornalismo

Di Joseph Pulitzer | Bollati Boringhieri, 2009

Modelli di giornalismo. Mass media e politica nelle democrazie occidentali

Di Daniel C. HallinPaolo Mancini | Laterza, 2006

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