Ece Temelkuran è un’affermata giornalista e scrittrice internazionale. Due professioni che spesso sono considerate compatibili, sebbene utilizzino linguaggi diversi. A coniugare questi linguaggi è la capacità di analisi del reale che emerge dirompente da queste pagine. Ece Temelkuran non disdegna la perdita dell’unità, la frammentazione, la consapevolezza di non poter racchiudere più il reale in un unico significato. Vedere le fratture infatti è il primo passo da compiere per muoversi nel labirinto intrecciato che è il mondo. Come sfasciare un paese in sette mosse vuole mostrarci come «abbiamo liberamente deciso che vogliamo vivere in un mondo della post-verità», sostituendola all’azione di chi vuole affrontare le sfide comuni per rispondere ai casi di ingiustizia sociale
Ece Temelkuran è una delle voci politiche europee più influenti del momento. Turca, vive in esilio dopo aver visto il suo paese sgretolarsi sotto l’onda d’urto del regime sanguinario di Erdoğan. Da questa sua traumatica esperienza ha deciso di partire per denunciare in che modo una nazione possa, in breve tempo, scivolare nel baratro della dittatura.
Una di queste è l’esclusione dei propri membri dalla definizione di popolo. Chi possiamo definire tale? Concordando sulle esperienze che la storia ci ha insegnato, il popolo si definisce in base alle caratteristiche di coloro che sono lasciati fuori. In questo contesto, sono i leader populisti ad essere deputati alla scelta dei criteri di selezione del “popolo reale”. Il risultato è quello di rimarcare ciò che rende reale un popolo, amplificando le disuguaglianze, a partire dalla moralità, dagli standard etici e dai personaggi simbolo della rivoluzione promossa dai leader. In questo scenario, la giornalista cerca di raccontarci come la società che oggi conosciamo sta rischiando la democrazia, non solo quella di un paese come la Turchia, dilaniata da continui sconvolgimenti, ma anche quella dei nostri vicini e la nostra. Attraverso una comunicazione che accorcia le distanze tra linguaggio politico e quotidiano, il leader populista e il suo partito, non più sottomessi alla finanza, si creano una via di accesso diretto alle masse, suggerendo «la superfluità dello stato» e riempiendo il «vuoto etico del neoliberismo», offrendo cause e una moralità da seguire per appartenere al “popolo reale”.
Ece Temelkuran però non illustra scenari catastrofici, bensì una realtà che vuole far emergere la “post-verità” delle notizie con cui ci confrontiamo quotidianamente. Finché le persone si riuniranno spinte da valori comuni e permanenti, non si sentirà la necessità di seguire di volta in volta cause differenti promulgate da leader autoritari che ampliano il proprio consenso facendo promesse ai gruppi sociali esclusi da ogni discorso politico. Creare una moralità sana significa, non solo tentare di raggiungere un obiettivo comune a partire da cause condivise, ma anche riconoscere il ruolo attivo che ogni cittadino ha. Un ruolo che lo vede produttore di cultura e di sapere e che lo rende una possibile guida per gli altri. È comprensibile che, come ammette l’autrice stessa, la tensione all’esterno ci possa condurre a relegarci ai margini e a isolarci, però «quelle parole non verranno da un io, seduto da solo ai margini, ma da un noi, che agisca congiuntamente in mezzo all’arena, trasformandola in un’agorà globale».
Quelle parole che ci sembrano riduttive se provenienti da una sola persona, se rese pubbliche e discusse, potranno forse creare reciprocità, sostenibilità, autonomia e un rinato senso di responsabilità morale, politica e sociale.
Un saggio chiarissimo, ricco di eventi personali e storici contemporanei, un binocolo che permette una visione ravvicinata del reale, non soltanto quello della televisione e dei social, ma quella delle persone che hanno vissuto delle trasformazioni nel proprio paese, che però le ha rigettate fino a suscitare nei loro cuori un dubbio: «Questo è il nostro paese?». Una domanda che gli episodi storici e politici spesso ci inducono a porre, magari per un secondo, appoggiati su un muretto mentre si osservano i passanti.
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