Se sbagli la domanda non avrai mai la risposta che cerchi
In ogni giallo, da Poirot a True detective, c’è sempre almeno un colpevole che scappa, si nasconde, posticipa la verità, e così succede anche qui, nella Cattura di Maurizio De Lucia e Salvo Palazzolo. Solo che questo non è un giallo, ma una storia vera, e il colpevole è uno dei più ricercati latitanti di sempre, Matteo Messina Denaro. De Lucia, procuratore di Palermo e ora di Messina, e Palazzolo, inviato di la Repubblica, raccontano delle indagini che sono state fatte per arrivare a quel 16 gennaio 2023, il giorno dell’arresto, ma anche di un sistema che da anni è talmente corrotto da rallentare qualsiasi percorso verso la giustizia.
Questa è una storia che non riguarda solo il passato, perché nella lunga vicenda di Matteo Messina Denaro c’è un pezzo di storia del nostro Paese e perché la mafia non è ancora finita.
Non è un giallo, si diceva, ma ci somiglia. Innanzitutto per lo stile e per la costruzione, perché De Lucia e Palazzolo riescono a dar vita a un intreccio fatto di successi, delusioni, depistaggi che tiene ben stretti alla pagina e rende la lettura vivace e, anzi, vorace. Cominciano infatti a raccontare da un sospetto, un nonnulla: il nome di un uomo che entra ed esce da una clinica privata per fare cicli di chemio e operazioni per rimuovere un cancro. Eppure, il volto associato a quel nome – un geometra di Campobello – non corrisponde all’immagine di un uomo divorato da una malattia incurabile, e per i carabinieri qualcosa non torna.
Questo succede però perché durante la perquisizione della casa di una delle donne più sorvegliate d’Italia, la sorella di Messina Denaro, si trova un pizzino: un pezzo di carta microscopico se si pensa a cosa c’è scritto sopra, un diario clinico, e al valore enorme che assume per le indagini. A quel punto, il procuratore e la sua squadra cominciano a setacciare cliniche, ospedali, ma non possono farlo con tutte le istituzioni sanitarie della Sicilia, e non possono dare troppo nell’occhio: del resto, la mafia è come il tumore in metastasi del latitante: diffuso e imprevedibile, e bisogna usare cautela.
E questa purtroppo non è la battuta di un film, ma la drammatica realtà di una mafia che non ha mai smesso di avere consenso sociale e relazioni insospettabili
Poi, scorrendo le pagine, eccolo: malato, invecchiato, con un piglio sempre sprezzante e orgoglioso, Matteo Messina Denaro è catturato. E questo succede circa a metà del libro, perciò nel resto deve accadere altro – come in un buon giallo o nella vita vera. E quel che accade è che la persona che si è catturata, alla fine, è una fortezza inespugnabile, e quest’arresto è più un’altra domanda che la serie di risposte che si sperava di ottenere. Certo, De Lucia non è mai stato così ingenuo da pensare a una collaborazione o che sarebbe stato facile andare a fondo della verità. Ma per chi si trova a leggere di uno dei mandanti della strage di Capaci al momento della cattura quel silenzio diventa assordante.
In tutto questo avvicendarsi di eventi, la narrazione cresce a dismisura, si allarga sino a indagare il contesto di Messina Denaro, della mafia in Sicilia e delle relazioni tra criminali negli anni ’90, fino a indagare lo stato dell’arte della lotta antimafia in Italia – Falcone e Borsellino, in questo libro, sembrano due antenati protettori, spiriti benefici che compaiono nelle fotografie, nelle parole, nei ricordi. In questo libro, che sembra un giallo, c’è una storia che va raccontata perché è un balzo in avanti nel loro lavoro e nel lavoro di chi combatte la criminalità organizzata. Per questo forse divoriamo le pagine della Cattura una dopo l’altra, perché si sembra incredibile che, per una volta, le cose pendano a favore della giustizia.
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