L’astronomo si lascia guidare dalla meraviglia, l’astronauta dal desiderio. Se uno è un pensatore, l’altro è un uomo d’azione
La commedia cosmica di Frank Westerman (Iperborea) prende per mano noi lettori e ci accompagna in una passeggiata nel tempo e nello spazio, ci porta sulle stelle, sulla luna e su Marte. Se inizialmente quello che sentiamo è uno spaesamento, soprattutto se acerbi in materia astrale, affidandoci alla voce di Westerman entriamo a far parte di un viaggio che inizia da Galileo Galilei e si conclude con Elon Musk.
Dalla scoperta del cannocchiale alla progettazione di una vita sul pianeta rosso di tempo ne è passato eppure il futuro è la costante nei secoli.
Il lavoro di Westerman è la costruzione di uno space-book, un libro che parla di cosmo e, nelle vesti del giornalista, l’autore lo fa direttamente sul campo. Viaggiando In Italia, in India, in Kazakistan e nei Paesi Bassi, paesi che sono stati teatro di eventi epocali dalle prime osservazioni della luna, il primo volo dello sputnik, la vista del primo buco nero.
A muoverlo non è solo la passione e l’interesse per la materia, ben trasmessa in ogni pagina del libro, ma sono soprattutto le domande che nascono sul presente dell’umanità.
È proprio l’impatto dell’astronomia sulla Terra che ha cominciato ad affascinarmi. Chi guarda al cosmo in un modo diverso, guarda in modo diverso anche se stesso.
Guardare il cielo mette in discussione le certezze dell’essere umano sulla terra, e se lo sapevano bene Copernico, Galilei, Huygens, Schiaparelli, e molti altri, che hanno dato il via a scoperte rivoluzionarie, impossibili da negare e che hanno mutato per sempre lo sguardo umano, lo sappiamo bene anche noi contemporanei che assistiamo di tanto in tanto a progetti ambiziosi nello spazio.
È la commedia cosmica che Westerman ci racconta, l’analisi di fatti storici ed epocali legati alla cosmologia che nelle loro intrinseche contraddizioni sfociano nel tragicomico: la seconda metà del ‘900, in piena guerra fredda, segna l’inizio della corsa al potere spaziale tra USA e URSS: l’allunaggio, il primo uomo, la prima donna e il primo cane Leika viaggiano al di là della Terra. Il cosmonauta siberiano Aleksej Leonov la cui tuta troppo gonfia non gli permette di rientrare nella navicella madre, il campo di prigionia nazista che ospita uno dei radiotelescopi più potenti al mondo. Sono alcuni degli episodi storici che Westerman ci racconta.
Il merito dell’autore è proprio quello di creare un perfetto equilibrio tra scienza, storia e filosofia etica. Scrivere allo scopo di aprire nuove domande. Scrivere del cielo per riflettere sulla Terra.
Traccia le linee del progresso scientifico nella storia e ne fa emergere questioni decisive per l’umanità. Westerman ci fa riflettere sulla questione ecologica della Terra e se saremo prossimi ad una nuova corsa coloniale nel cosmo: sarà possibile per le grandi potenze essere interconnesse e cooperare nei progetti spaziali o prevarranno interessi nazionali e di potere?
Quante sono le probabilità che, armati delle migliori intenzioni, non creiamo in cielo un nuovo inferno?
Si aprono questioni importanti: pensare a una nuova umanità che si trasferisce su Marte e la creazione di umanoidi spediti per perlustrare una nuova vita e che con le parole di Nietzsche un giorno diranno “Dio è morto”.
Va tutto bene. Fa parte del ciclo delle cose, anche la morte di una stella genera nuova vita. A nessuno dispiacerà quando ci estingueremo e lasceremo la Terra deserta e vuota, così come era in principio.
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