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Le regine dell'abisso di Rebecca Giggs

A intervalli di qualche minuto, la balena emetteva un soffio d’aria più sonoro che si esauriva in un rantolo, arrochito da ostacoli invisibili. Ascoltarlo faceva male; le persone se lo sentivano in petto.

Una balena spiaggiata impiega anche tre giorni a morire. Le grosse e pesanti ossa che in fase di galleggiamento nell’oceano sono la sua forza, accasciata sulla spiaggia le schiacciano il ventre. Il grasso sottocutaneo che in mare la isola permettendole di mantenere una temperatura corporea costante, fuori dall’acqua la brucia viva. Una visione struggente e disarmante.

Una megattera in fin di vita sulla costa di Perth, Australia, è per Rebecca Giggs l’inizio di un approfondito viaggio di ricerca che ci mette davanti alle nostre responsabilità di abitanti del pianeta.

Le regine dell’abisso. Come la vita delle balene ci svela il nostro posto nel mondo

Quando la scrittrice Rebecca Giggs incontrò una megattera spiaggiata sul lungomare australiano, cominciò a chiedersi come le vite delle balene potessero riflettere le condizioni dei nostri oceani. Da questo percorso ha avuto origine un saggio in cui storia naturale, filosofia e scienza si fondono per esplorare il mondo delle regine dell'abisso.

Se i motivi per cui una balena si ritrova fuori dal suo ambiente possono essere i più disparati (malnutrizione, parassiti, malattia), troppo spesso è a causa dell’ingestione di qualcosa che nel mare non dovrebbe esserci: tele cerate, vasi di fiori, bombolette spray, parti di materasso, grucce appendiabiti, vaschette di gelato, palline da golf, vestiti.

Le balene attraggono agenti tossici, assorbono metalli pesanti molecolari, pesticidi e altri agenti inquinanti che si trovano nel mare di oggi, ed essendo prive di un gene che nei mammiferi di terra neutralizza la concentrazione di certi agenti chimici, non riescono a smaltire le sostanze tossiche accumulate, diventando esse stesse inquinanti. A tutti gli effetti, una balena spiaggiata potrebbe essere considerata un rifiuto tossico da smaltire

Condizioniamo la vita delle balene più oggi che in centinaia di anni di caccia. Una pratica che, come testimoniato da pitture rupestri di epoca preistorica, ogni civiltà costiera ha intrapreso da quando l’uomo ha imparato a solcare i mari. Nel mondo antico si cacciavano per sostentamento. I vichinghi ne commerciavano le ossa. I balenieri baschi del Cinquecento ne industrializzarono la caccia in una scala che abbracciava gli oceani. Nel tempo la balena si fece questione mercantile: carne e olio erano una merce redditizia che portarono i balenieri a metodi sempre più avanzati, vascelli sempre più grandi, e raggruppamenti urbani che sorgevano là dove le balene apparivano vicino alla terraferma.

Alla metà del XIX secolo, la balena era diventata una merce globale, la quinta industria più grande d’America… Agli esordi della cultura del consumismo, i fanoni finivano in abiti femminili, ombrelli, spazzole per capelli, tese dei cappelli, montature di occhiali

Le balene hanno plasmato il nostro abitare, la nostra industria e la nostra arte, “proprio mentre noi le facevamo a pezzi”.

Nei decenni più recenti, il movimento contro la caccia alla balena ha creato una cittadinanza ambientale che ha coinvolto il mondo intero, portando molte nazioni ad abbandonarne la pratica e cessarne l’uso alimentare. Ma ci sono luoghi in cui la carne di balena viene ancora utilizzata nella cultura culinaria, come in Giappone, dove la caccia alla balena si è prolungata fino ad oggi.

Tuttavia, dice la Giggs: “Nessuna specie di cetaceo è mai stata portata all’estinzione dalla caccia, con tutta la violenza indiscriminata, ma alcuni cetacei sono spariti dal pianeta a causa dell’inquinamento.”

Il 60% della plastica prodotta nel mondo è galleggiante; i frammenti di plastica raccolgono le sostanze chimiche che le megattere e le balenottere minori ingeriscono perché abituate ad alimentarsi in superficie. L’86% è costituito da reti che nel Pacifico sono talmente presenti da costituire delle trappole: “la carne e le ossa delle balene più giovani vengono mozzate dal reticolo di nylon con la forza di un paio di cesoie”.

Il ritiro della calotta glaciale artica ha dissolto le divisioni fisiche e climatiche tra popolazioni animali prima isolate. Molte balene hanno modificato la “coreografia dei loro spostamenti a lungo raggio” affiorando a migliaia di chilometri di distanza dal loro raggio consueto, in luoghi dove non erano mai state avvistate prima.

Nel ragionare sul nostro rapporto con le balene, Rebecca Giggs mette in luce tanti nostri comportamenti, le abitudini alimentari, i consumi, i trasporti. Le balene ci insegnano a essere coscienti degli ambienti che non possiamo vedere, lontano da quelli che occupiamo, ma la loro conservazione (e più in generale della natura) è più vicina di quello che pensiamo e si adempie nei dettagli della nostra vita quotidiana. Se lo vogliamo.

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