Intorno ai tredici-quattordici anni, nella biblioteca di mia madre, vedo questo libro, "Lo Scimmiotto", e comincio a leggerlo: capisco che è la stessa storia del cartone animato che amavo
Ruba al mandarino tutto il suo bottino, vince tutte le magie le soffiate delle spie. Chiara Valerio canticchia la sigla di Monkey e in un attimo ritorna la bambina che a Scauri, a casa della nonna, guardava appassionatamente su una rete locale un curioso cartone animato, in cui una scimmia dispettosa con un bastone d’oro viaggiava al fianco di un prete, un maialino e una fata. Quel cartone, Monkey, era ispirato a una storia bellissima che l’autrice avrebbe riscoperto alcuni anni dopo e che oggi considera il suo libro cult: Lo scimmiotto, di Wu Ch’êng-ên.
Un grande romanzo classico cinese scritto nel sedicesimo secolo, anche se il materiale della storia è un immenso ciclo di leggende che si è accumulato per centinaia di anni intorno al viaggio verso l'India del monaco Tripitaka per raccogliervi scritture sacre buddiste.
L’edizione dello Scimmiotto cui Chiara Valerio fa riferimento è quella di Adelphi del 1971 con la traduzione di Adriana Motti dal testo inglese a cura di Arthur Waley, ma vorrebbe tanto ci fosse anche una traduzione dall’opera originale in cinese.
Il romanzo di Wu Ch’êng-ên, infatti, è uno dei Quattro Grandi Romanzi Classici della letteratura cinese. Scritto nel sedicesimo secolo, si ispira all’intero ciclo di leggende fantastiche costruite intorno al “viaggio verso l’Occidente”, cioè il pellegrinaggio verso l’India, del monaco Hsüan Tsang (realmente esistito), poi detto Tripitaka, alla ricerca di importanti testi canonici buddhisti non presenti in Cina “per mitigare le pene dei perduti e dei dannati.” Ma il personaggio più interessante, geniale e beffardo di questo arduo viaggio è senza dubbio lo Scimmiotto. Essere dall’inesauribile vitalità nato da “un uovo di pietra grande suppergiù come una palla da gioco” che, “fecondato dal vento, si sviluppò in uno scimmiotto di pietra, perfetto in tutti i suoi organi e membra.” Lo Scimmiotto impara istantaneamente ad arrampicarsi e a correre e, ancor più, ad adoperare astuzie e artifici magici.
Dallo Scimmiotto a Dragonball
Dalla celebre leggenda dello Scimmiotto, trasposto per la prima volta nei fumetti da Osamu Tezuka, con il titolo Boku no Son Gokū, sono tratti altri due cult dell’animazione: Dragon Ball e Starzinger.
In questo epico racconto ricco di avventure e colpi di scena, carico di folklore e satira, religione e poesia, allegorie e sottintesi, il viaggio di Scimmiotto, del devoto Tripitaka e degli altri coloriti personaggi (il goloso Porcellino e il misterioso demone fluviale Sabbioso) simboleggia lo stesso viaggio mistico compiuto dal coraggioso e sagace protagonista.
“Anche una pestifera scimmia di pietra nata e partorita da una montagna può, per scontare una pena, diventare Buddha. Si possono rubare i pomi dal giardino degli dei, si può cercare di diventare maghi bravissimi in grado di invocare gli spiriti ctoni e superiori, ma tutta questa conoscenza deve essere messa in un alveo: Scimmiotto è divertentissimo e, alla fine di questo viaggio mitico, impara a stare insieme agli altri.”
Nelle parole di Chiara Valerio riluce l’avvincente evoluzione del protagonista che, da ribelle impenitente “tenuto col pugno di ferro”, si trasforma in un personaggio mirifico ed estremamente positivo, pur mantenendo l’immensa arguzia che lo contraddistingue: “- Maestro, - disse Scimmiotto a Tripitaka – ora sono un Buddha proprio come te.”
Il libro nella sua versione originale è lunghissimo e lo si legge solitamente in testi compendiati: nella prefazione all’edizione Adelphi, Waley afferma di aver adottato il principio opposto a quello dei compendi tradizionali, omettendo molti episodi ma traducendo quasi integralmente quelli prescelti, invece di abbreviarli drasticamente. Il libro è particolarmente conosciuto e amato in Giappone: la parafrasi in giapponese del 1806 è del famoso narratore Bakin e alcune illustrazioni sono del maestro Hokusai.
In Italia, l’edizione di Luni Editrice riporta la versione integrale della prodigiosa opera “Il viaggio in Occidente”.
Straordinaria è anche la riduzione a fumetti di Milo Manara e Silverio Pisu (Feltrinelli 2021), la cui prima edizione vantava, inoltre, l’introduzione della sinologa Renata Pisu: un capolavoro assoluto, seducente e trasgressivo ispirato proprio al classico della letteratura cinese.
Da un classico della letteratura cinese, un libro provocatorio e ironico, seducente e trasgressivo. Il capolavoro che ha imposto Milo Manara come maestro internazionale del fumetto.
Dopo aver compiuto improbe fatiche, anche Scimmiotto, come il lettore, sente il cuore volgere verso la Verità e una certa beatitudine, instillata dalle sognanti atmosfere dell’Oriente magico, abitato da demoni e creature soprannaturali.
Un libro cult dall’entità epica, mitica, che affascina e consola, in cui vengono valorizzati quell’entusiasmo e quella curiosità a volte provocatoria e ironica, che Chiara Valerio, acclamata autrice di Nessuna scuola mi consola (Einaudi, 2021), ardentemente ricerca nella scuola di oggi. Che anche in questo caso, “influenzata dal vigore della luce del sole e dalla grazia del lume di luna”, quella rupe possa rompersi?
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