Non è un libro per hacker di Stefano Fratepietro

Un saggio per tutti quei professionisti che, prima o poi, sono stati tentati di strapparsi i capelli al dover parlare della propria scienza a persone che pensano di conoscerla perfettamente.

Un saggio per tutte quelle persone che si pentono di aver caricato una foto su Facebook e, anni dopo, credono di poterla rimuovere definitivamente.

Un saggio per tutti quelli che pensano che gli hacker siano la fonte di ogni male su Internet.

In questo saggio, Stefano Fratepietro ci cala all’interno della sua vita lavorativa nel campo dell’informatica forense. È estremamente attento perché l’immersione in questa branca oscura della legge italiana risulti quanto più accessibile e facile possibile, premurandosi di illuminare ogni anfratto e grotta tenebrosa presente nel testo. I tecnicismi, che sono necessariamente presenti in un’opera di questo tipo, vengono rotti e rielaborati in modo da essere alla portata del curioso che si affaccia a questo mondo per la prima volta.

L’autore procede selezionando vari casi affrontati nella sua esperienza ed esaminandoli con un metodo ben preciso. Presenta fatti e personaggi coinvolti, ricostruisce incontri e pretese delle varie parti, recupera le leggi pertinenti; narra in maniera scrupolosa il suo approccio al lavoro e i risultati ottenuti. Il tutto senza tralasciare il lato umano. Gli obiettivi, la sfrontatezza, le paure dei vari attori sono tanto chiari che in alcuni punti il termine “saggio” sembra andare stretto a questo libro.

Il racconto dei singoli casi, dalle premesse fino alla conclusione, e la spiegazione dei tecnicismi presenti sono collegati tra loro da quel filo cristallino che è il linguaggio impiegato, semplice e diretto, capace di affrontare i grovigli più complessi e gli episodi di più quotidiana banalità. Con questo filo, Stefano Fratepietro rende accessibile a tutti l’informatica forense, un campo vitale all’interno di una società dell’informazione.